La maggior parte delle filosofie orientali (Buddhismo e Induismo per fare degli esempi) considerano uomo, animale e natura come parti di un tutto armonico in cui ogni unità è fondamentale per lo sviluppo delle altre. In quest’ottica gli animali non sono mezzi a disposizione dell’uomo, ma soggetti da proteggere in quanto componente necessaria dell’armonia del creato[1].
Nei paesi occidentali, riconoscere un bagaglio di diritti ai non umani costituisce una grande innovazione in quanto «una cosa è dire che è sbagliato trattare gli animali con crudeltà, un’altra che gli animali hanno dei diritti»[2]; si può ormai affermare che un generale sentimento di compassione e rispetto nei confronti degli animali sia stato acquisito, ma è difficile che tale sentimento si traduca in un’applicazione estensiva ai non umani del concetto di diritto[3].
Ma in sostanza di quali diritti si parla? Prima della comparsa ...
_OMISSIS_ ...a terra non si può dire che gli animali avessero diritti. Nei confronti di chi avrebbero potuto averli? Non certo dei loro simili. Con la comparsa dell’uomo invece ha senso porsi la questione se anche gli animali non umani abbiano diritti[4].
Avendo gli animali caratteristiche comuni a quelle umane[5], sono portatori di analoghi interessi e per questa ragione a loro deve essere riconosciuto il medesimo trattamento, ovvero il diritto alla tutela di tali interessi, con la stessa ampiezza e le stesse limitazioni della tutela ammessa per gli umani: innanzitutto l’interesse alla sopravvivenza individuale e a quella della propria specie (interesse a vivere e a riprodursi); ancora l’interesse a conseguire il “piacere” e ad evitare o quanto meno ridurre la sofferenza; e ultimo, l’interesse a vivere in conformità alle caratteristiche etologiche della propria specie[6].
L’intitolazione del capo IX-bis «...
_OMISSIS_ ...tro il sentimento per gli animali» sembra interrompere bruscamente la riforma intrapresa fin dai primi anni Novanta che mirava al riconoscimento della soggettività diretta degli animali, in linea con la mutata sensibilità degli uomini verso gli stessi. Anche l’inserimento all’interno di un titolo sanzionatorio il cui oggetto di categoria non è la tutela dell’animale, ma piuttosto la tutela del sentimento umano di pietà verso le sofferenze inflitte agli animali[7] ne è la prova.
Inizialmente il testo unificato Ac 432-B (che raccoglieva le varie proposte di legge in materia) appariva fortemente innovativo poiché si ispirava al principio secondo il quale la tutela degli animali dovesse essere riconosciuta considerando gli stessi come «autonomi esseri viventi, dotati di sensibilità psicofisica, e capaci di reagire agli stimoli del dolore quando sia superata una soglia di normale tollerabilità». E per questa ragione era da in...
_OMISSIS_ ...dopo il titolo dedicato ai «delitti contro la persona» e doveva essere intitolato «dei delitti contro gli animali».
Ma con i successivi passaggi (soprattutto a seguito dell’esame al Senato) si è giunti ad un diverso testo, quasi completamente “svuotato” della ratio che l’aveva ispirato.
Rispetto all’iniziale testo base, «l’ambito di tutela assicurata dalla legge 189/2004 è stato arretrato sia qualitativamente, essendone stato sfumato l’oggetto giuridico di riferimento, che quantitativamente, essendo state introdotte due disposizioni di coordinamento[8], inizialmente non previste, che ne limitano il campo di applicazione»[9].
La legge inoltre continua a tacere sulla nozione di animale. La dottrina prevalente individua l’oggetto materiale del reato negli animali senzienti, o nei soli animali per i quali l’uomo provi un sentimento di pietà e...
_OMISSIS_ ...[10]; si è detto «una mosca, un grillo, o una cavalletta non sono nel sentire comune la stessa cosa di un cane, di un gatto, di un cavallo, di un leone»[11].
Tuttavia, la nozione di animale è destinata a seguire l’evoluzione sociale che l’uomo ha di esso, risultando difficile oggi escludere dalla medesima nozione le specie che occupano gradini più bassi della scala zoologica[12] [13].
Il legislatore non ha operato alcuna selezione (come invece risulta in alcune leggi speciali, come ad esempio il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 116 in materia di protezione delle cavie da laboratorio[14], dove precisa, all’art. 2, che con il termine “animale”, ai fini di quella disciplina dovevano intendersi solo i vertebrati), rinviando quindi al significato che il termine assume nel linguaggio comune, accezione che è sicuramente evoluta negli ultimi anni.
Alcuni autori rinviano ad un’inte...
_OMISSIS_ ...senso esteso del concetto di animale ritenendo possibile che si compia il reato anche nel caso in cui si uccida una lumaca per divertimento[15].
A suffragio di questa ipotesi una sentenza del 2006, emessa dal Tribunale di Vicenza, ha condannato al pagamento di un’ammenda l’amministratore di un ristorante che nel 2002 aveva incrudelito verso numerosi astici detenendoli vivi su ghiaccio e solamente per una delle loro facce, all’interno di una specie di teca frigorifero per vivande, sottoponendoli a sofferenze, causa lenta asfissia[16].
Più semplice risulta invece determinare la nozione di animale rilevante per l’applicazione dell’art. 727 (abbandono di animali), quantomeno per la disciplina prevista dal co. 1, poiché il legislatore si riferisce alla «natura domestica o all’acquisizione della cattività» [17].
Già nel 1993 (con la legge 473), la dottrina riesaminò la questione, doman...
_OMISSIS_ ...e il momento di rivedere la tradizionale nozione restrittiva. E a poco più di dieci anni di distanza, con la legge del 2004, verrebbe da ritenere che il legislatore sia voluto reintervenire in materia per dare un’accezione diversa, e più evoluta, alla nozione di animale, ma non è così.
Per fare un esempio, non si è ancora giunti a considerare reato l’uccisione di un animale res nullius, ma solo se questa avviene con modalità cruente o in assenza di necessità.
Sembra allora ragionevole pensare che il concetto di animale che rileva ai fini della fattispecie in commento debba essere inteso semplicemente in un’accezione più lata rispetto a quella tradizionale, ma non più ampia rispetto a quella del 1993.
Risultano, invece, ben delineati i requisiti di illiceità speciali richiesti dalla norma per la sussistenza del fatto tipico[18]: la crudeltà e la mancanza di necessità[19].
Rilevante, a mio...
_OMISSIS_ ...ora siano richiesti alternativamente, potendo sussistere il reato anche nel caso in cui l’uccisione dell’animale avvenga per necessità (si pensi all’abbattimento di capi malati o destinati all’alimentazione umana), ma con modalità ritenute crudeli[20].
L’art. 544-bis (uccisione di animali) che punisce «chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale», riporta al reato di omicidio[21], ed è per questa ragione che in letteratura si parla di “animalicidio”[22].
Ratio della norma è la tutela di qualsiasi animale, domestico, da allevamento, selvatico o addomesticato, contro atti di crudeltà o non necessari che ne provochino la morte[23].
Si tratta di un reato istantaneo che si consuma con la realizzazione dell’evento morte; l’elemento soggettivo è il dolo generico, consistente nell’animus necandi: è sufficiente il dolo eventuale, ovver...
_OMISSIS_ ..., e la conseguente accettazione del rischio, della possibilità del verificarsi dell’evento stesso[24].
La condotta può estrinsecarsi nelle forme più diverse, potendo in astratto consistere tanto in un’azione quanto in un’omissione: è sempre necessario però che i comportamenti siano cruenti o non necessari[25].
La norma non prevede una distinzione tra l’animale proprio, altrui, o senza padrone (risultandone così di fatto assorbita la fattispecie di cui all’art. 638 c.p. «Uccisione di animali altrui[26]» né particolari modalità impiegate per cagionare la morte dell’animale[27].
Se nel precedente art. 727 c.p., il disvalore della condotta poteva concentrarsi sulla crudeltà dei comportamenti, l’attuale tutela sembra concentrarsi maggiormente sulla mancanza di necessità della condotta, in quanto l’infliggere sofferenze è sempre non necessario[28].
Ucc...
_OMISSIS_ ...ltà significa compiere atti concreti di volontaria inflizione di sofferenze anche per semplice insensibilità dell’agente[29], non è quindi richiesto un preciso scopo, come non sono necessari veri e propri atti di tortura, di ferocia, barbarie o atrocità[30].
Un’ampia gamma di interpretazioni dell’espressione ci arriva dalla giurisprudenza, che afferma come l’incrudelimento consista nel provocare sofferenza agli animali sottoponendoli a condizioni di vita che non sono rese strettamente necessarie dalle esigenze della loro custodia e che provocano sofferenze ingiustificate[31].
Ha inoltre affermato che un atto di crudeltà è caratterizzato dall’assenza di un giustificato motivo: «la crudeltà è di per sé caratterizzata dalla spinta di un motivo abbietto o futile, rientrano nella fattispecie le condotte che si rivelino espressione di particolare compiacimento o di insensibilità»[32].
Il Tri...
_OMISSIS_ ...o ha riconosciuto la penale responsabilità di una persona imputata del reato di maltrattamento perché, come si legge nel capo di imputazione, «per crudeltà e comunque senza necessità, sottoponeva un cane, due asini, due galli, otto galline, 26 conigli, 7 bovini, 8 cavalli, due scrofe, tre oche, due capre a comportamenti insopportabili per le caratteristiche etologiche di ciascuno di essi, omettendo di provvedere alle necessarie cure mediche degli stessi, costringendoli in ambienti angusti privi di illuminazione naturale, e comunque promiscui si da costringere gli asini, i cavalli e i maiali a competere fra loro per assicurarsi il cibo, imprigionando con catene lunghe 30 cm i bovini, si da impedire agli stessi di muoversi se non per coricarsi, non fornendo comunque a nessuno degli animali, sopraindicati acqua da bere e cibo adeguato, si da costringerli a cibarsi della carcassa di ovino e di ossa varie bruciate[33]».[34]
Per quanto riguarda il co...
_OMISSIS_ ...sità, va richiamato l’art. 54 c.p.[35]: l’incrudelimento non deve essere altrimenti evitabile perché dettato dall’esigenza di evitare un pericolo imminente alla persona, sempre che la sofferenza inflitta sia in ogni caso contenuta entro i limiti imposti dalla concreta situazione giustificatrice[36].
Secondo i giudici di legittimità, il concetto di necessità è da intendersi in senso più ampio rispetto a quello appena accennato; va anche tenuta in considerazione «ogni altra situazione nella quale l’incrudelimento non sia altrimenti evitabile perché dettato dall’esigenza di evitare un pericolo imminente o di impedire l’aggravamento di un danno giuridicamente apprezzabile alla persona od ai beni propri o altrui, sempre che la sofferenza inflitta sia comunque strettamente contenuta entro i limiti imposti dalla concreta situazione giustificatrice»[37].
È necessario perciò verificare di volta in volta...
_OMISSIS_ ...rabile o meno un’effettiva e insuperabile situazione di necessità della condotta vessatoria che ha portato alla morte dell’animale[38].
Recentemente (marzo 2007) il Tribunale di L’Aquila ha condannato due veterinari dell’Asl per avere, senza necessità, cagionato la morte di nove cuccioli di cane[39] che godevano di ottimo stato di salute[40]. La soppressione di animali da parte di veterinari o di personale che presta servizio in strutture che accolgono animali, quali canili o gattili, è da considerarsi punibile ai sensi dell’art. 544-bis, qualora avvenuta senza necessità. Nella motivazione della sentenza si può leggere «con la nuova legge si prende atto della natura di essere vivente dell’animale in grado di percepire sofferenze anche non solo di carattere fisico in senso stretto e per cui il proprietario non ha più la totale disponibilità dell’animale, né può infliggergli gratuite sofferenze né togliergli la...
_OMISSIS_ ...ide giustificazioni».
Gli imputati si sono giustificati asserendo che la mancanza di posti al canile e la necessità di strutture adeguate per i cuccioli per “la tutela del loro benessere” porta all’esigenza della loro immediata soppressione, cosa che il giudice nella sentenza ha definito «linea c...