GIUDIZIO --> GIURISDIZIONE E COMPETENZA --> ART. 53 DPR 327/2001
Sintesi: L’art.53 del DPR n.327/2001, per come ispirato al principio di concentrazione dei giudizi, ha attribuito rilevanza decisiva ai provvedimenti che impongono il vincolo preordinato all’esproprio e a quelli che dispongono la dichiarazione di pubblica utilità: una volta attivato il procedimento caratterizzato dall’esercizio del pubblico potere, sussiste la giurisdizione amministrativa esclusiva in relazione a tutti i conseguenti atti e comportamenti e ad ogni controversia che sorga su di essi.
Estratto: «3. In punto di giurisdizione la Sezione ritiene di non aver motivo per discostarsi nella circostanza dall’ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo il quale, nella materia dei procedimenti di espropriazione per pubblica utilità, sono devolute alla giurisdizione amministrativa esclusiva le controversie nelle quali si faccia questione - anche ai fini complementari della tutela risarcitoria - di attività di occupazione e trasformazione di un bene conseguenti ad una dichiarazione di pubblica utilità e con essa congruenti, anche se il procedimento all'interno del quale sono state espletate non sia sfociato in un tempestivo e formale atto traslativo della proprietà ovvero sia caratterizzato dalla presenza di atti poi dichiarati illegittimi, purché vi sia un collegamento all’esercizio della pubblica funzione (T.A.R. Lombardia, Brescia, I, 18.12.2008, n.1796; 1.6.2007, n.466; Cons. Stato, A.P. 30.7.2007, n.9 e 22.10.2007, n. 12; T.A.R. Basilicata, 22.2.2007, n.75; T.A.R. Puglia, Bari, III, 9.2.2007, n.404; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 18.12.2007, n.6676; T.A.R. Lazio, Roma, II, 3.7.2007, n.5985; T.A.R. Toscana, I, 14.9.2006, n.3976; Cass. Civ., SS.UU., 20.12.2006, nn. 27190, 27191 e 27193).3.1 Da canto suo la giurisprudenza della Cassazione (es. SS.UU., 6.5.2003, n. 6853) ha individuato i caratteri nella cosiddetta occupazione appropriativa : a) nella trasformazione irreversibile del fondo, con destinazione ad opera pubblica o ad uso pubblico, che determina l'acquisizione della proprietà alla mano pubblica; b) nel fenomeno, in assenza di formale decreto di esproprio, che ha il carattere dell'illiceità, che si consuma alla scadenza del periodo di occupazione autorizzata (e quindi legittima) se nel frattempo l'opera pubblica è stata realizzata, oppure al momento della trasformazione qualora l'ingerenza nella proprietà privata abbia già carattere abusivo o se essa acquisti tale carattere perché la trasformazione medesima avviene dopo la scadenza del periodo di occupazione legittima; c) nell'acquisto a favore della P.A.. che si determina soltanto qualora l'opera sia funzionale ad una destinazione pubblicistica, e ciò avviene solo per effetto di una dichiarazione di pubblica utilità formale o connessa ad un atto amministrativo che, per legge, produca tale effetto, con conseguente esclusione dall'ambito applicativo dell'istituto di comportamenti della P.A. non collegati ad alcuna utilità pubblica formalmente dichiarata (cosiddetta occupazione usurpativa), o per mancanza “ab inizio” della dichiarazione di pubblica utilità o perché questa è venuta meno in seguito ad annullamento dell'atto in cui essa era contenuta o per scadenza dei relativi termini (in tal caso non si produce l'effetto acquisitivo a favore della P.A. ed il proprietario può chiedere la restituzione del fondo occupato e, se a tanto non ha interesse e quindi vi rinunzi, può avanzare domanda di risarcimento del danno, che deve essere liquidato in misura integrale); d) nella circostanza che il soggetto che ha subito l'ablazione di fatto, per ottenere il risarcimento del danno, ha l'onere di proporre domanda in sede giudiziale entro il termine di prescrizione quinquennale (art. 2947 c.c.), la cui decorrenza è ancorata alla data di scadenza dell'occupazione legittima se l'opera pubblica è realizzata nel corso di tale occupazione, oppure al momento dell'irreversibile trasformazione del fondo se essa è avvenuta dopo quella scadenza (o in assenza di decreto di occupazione d'urgenza, ma sempre nell'ambito di valida dichiarazione di pubblica utilità). 3.2 Tuttavia tale ricostruzione giurisprudenziale dell’occupazione appropriativa (e usurpativa) è del tutto incompatibile con la disciplina normativa introdotta dal D.Lg.vo n. 327/2001 ed entrata in vigore il 30 giugno 2003. Quest’ultimo contiene, infatti, un capo VII, intitolato alle “Conseguenze della utilizzazione di un bene per scopi di interesse pubblico, in assenza del valido provvedimento ablatorio”, nel quale rientra soltanto l’art. 43, la cui rubrica è “Utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico”.L’incompatibilità tra le attuali previsioni di legge e la ricostruzione “pretoria” del fenomeno occupazione appropriativa e usurpativa è evidente, se solo si considera che la disposizione sopra riportata subordina all’adozione di apposito provvedimento discrezionale il trasferimento di proprietà dei beni immobili utilizzati per scopi di interesse pubblico, a seguito di modificazione avvenuta in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità.Peraltro di recente si è affermato (Cons. Stato, IV, 2.3.2010, n.1222) che l’art.53 del DPR n.327/2001, per come ispirato al principio di concentrazione dei giudizi, ha attribuito rilevanza decisiva ai provvedimenti che impongono il vincolo preordinato all’esproprio e a quelli che dispongono la dichiarazione di pubblica utilità: una volta attivato il procedimento caratterizzato dall’esercizio del pubblico potere, sussiste la giurisdizione amministrativa esclusiva in relazione a tutti i conseguenti atti e comportamenti e ad ogni controversia che sorga su di essi. Si è dunque in presenza di una fattispecie riconducibile alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, per come derivante da esercizio di un pubblico potere, anche nel caso in cui si lamenti formalmente l’occupazione di aree non comprese nell’ambito della procedura espropriativa, ma in realtà si abbia riguardo al decreto di esproprio, cioè alla determinazione del suo effettivo contenuto, per la dedotta occupazione di una superficie superiore a quella presa in considerazione da una precedente ordinanza di occupazione d’urgenza, poiché ai fini della liceità o meno va verificato lo specifico contenuto degli atti e degli accordi posti in essere nel corso del procedimento ablatorio e – in caso positivo – sarebbe pur sempre applicabile l’art. 43 del DPR n.327/2001 che consente di adeguare lo stato di fatto a quello di diritto.»
Sintesi: Alla luce del disposto di cui all'art. 53 DPR 327/2001, anche in presenza di comportamenti della pubblica amministrazione, essi, in quanto direttamente collegati all’esercizio del potere pubblico di espropriazione, appartengono alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Estratto: «4.1 In primo luogo, occorre premettere che l’art. 53 d.P.R. 327/2001 devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti ad esse equiparati e conseguenti all’applicazione delle disposizioni del testo unico...
[...omissis...]
GIUDIZIO --> GIURISDIZIONE E COMPETENZA --> ART. 53 DPR 327/2001 --> APPLICABILE AI GIUDIZI PROMOSSI DOPO IL 30 GIUGNO 2003
Sintesi: L'art. 53 del D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 è applicabile, ratione temporis, al giudizio introdotto in data successiva all’entrata in vigore della norma.
Estratto: «Con il ricorso viene richiesta, altresì, la reintegrazione nel possesso di una porzione di terreno che si assume occupata ai fini della realizzazione delle opere, non contemplata nel decreto di esproprio.Ritiene il Collegio che debba affrontarsi, innanzi tutto, il problema relativo alla giurisdizione dell’adito giudice amministrativo in ordine a tale domanda.Va richiamato, in via preliminare, il disposto dell’art. 53 del D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità) che prevede che: “Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti ad esse equiparati, conseguenti alla applicazione delle disposizioni del testo unico”.La norma è applicabile ratione temporis al presente giudizio, in quanto introdotto in data successiva all’entrata in vigore della norma, che ha avuto luogo il 30 giugno 2003. Ai sensi dell’art. 5 c.p.c., infatti, “La giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, e non hanno rilevanza rispetto ad esse i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo”.In proposito occorre, peraltro, tenere presente che, con sentenza 3 - 11 maggio 2006 n. 191, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 53, comma 1, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 325, trasfuso nell’art. 53, comma 1, del menzionato D.P.R. n. 327/2001, nella parte in cui, devolvendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative ai comportamenti delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti ad esse equiparati, non esclude i comportamenti non riconducibili, nemmeno mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere.A seguito dell’intervento della Corte costituzionale, la giurisprudenza si è orientata nel senso che, nella materia dei procedimenti di esproprio, sono devolute alla giurisdizione amministrativa esclusiva le controversie nelle quali si faccia questione di attività di occupazione e trasformazione di un bene conseguenti ad una dichiarazione di pubblica utilità e con essa congruenti, anche se il procedimento all’interno del quale sono state espletate non sia sfociato in un tempestivo atto traslativo ovvero sia caratterizzato dalla presenza di atti poi dichiarati illegittimi (per tutte, Cons. St., Ad. Plen., 30 luglio 2007 n. 9).La linea di demarcazione tra la giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa è segnata dalla presenza e dalla mediazione, nella singola vicenda, di un atto amministrativo. La giurisdizione amministrativa, quindi, è esclusa nei soli casi di occupazione usurpativa, cioè quando l’attività di immissione in possesso di un’area e le eventuali trasformazioni della stessa siano riconducibili alla mera via di fatto (TAR Lazio, sez. II, 9 febbraio 2009 n. 12 94; Cons. St., sez. V, 12 giugno 2009 n. 3677).Restano devolute alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie concernenti fattispecie di occupazioni intervenute in via di mero fatto ovvero in situazioni di carenza di potere, non sussistendo un’efficace dichiarazione di pubblica utilità.La giurisprudenza della Cassazione si è attestata su posizioni sostanzialmente analoghe (Cass., S.U. Civ., 23 dicembre 2008 n. 30254).Alla luce dei principi richiamati, va, senz’altro, esclusa la giurisdizione del giudice amministrativo in relazione alla domanda relativa alla reintegrazione nel possesso, giacché si assume che, in relazione alla porzione di terreno di cui si tratta, non è mai intervenuta dichiarazione di pubblica utilità, né sono intervenuti altri successivi provvedimenti di altro genere.L’intervento di cui si lamentano i ricorrenti si assume effettuato mediante meri comportamenti non riconducibili, nemmeno mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere.La cognizione della controversia correlata a tale domanda, nonché a quella di risarcimento dei danni, spetta, quindi, al giudice ordinario, davanti a cui la controversia potrà essere riassunta con le modalità e nei termini di cui all’art. 11 cod. proc. amm.»
Sintesi: L’art. 53 del D.P.R. 327/01 è riferito ai casi in cui la dichiarazione di pubblica utilità sia intervenuta successivamente al 1 luglio 2003, data di entrata in vigore del t.u. espropriazioni.
Estratto: «In primo luogo occorre affrontare l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla difesa comunale.Essa non merita accoglimento.Dalla relazione allegata alla deliberazione impugnata ed accettata, nell’elencazione dei fatti, anche dalla ricorrente, risulta infatti che l’irreversibile trasformazione dei mappali di proprietà della ricorrente è avvenuta a seguito di specifici atti ablativi. In particolare risulta che l’occupazione d’urgenza dei mappali 724, 3055, 3056, 3057, avvenuta nel 1973, fu autorizzata dalla deliberazione del consiglio comunale 30.01.1973 n. 12 ai sensi e per gli effetti della legge 22/10/1971 n. 865. L’occupazione dei mappali 724, 3057, verificatasi nel 1988 fu autorizzata dalla deliberazione della giunta comunale 05/10/1988 n. 225 a seguito della deliberazione del consiglio comunale n. 77 del 08.06.1988 che aveva dichiarato la pubblica utilità delle opere riguardanti i mappali di proprietà della ricorrente.L’asservimento a fini volumetrici dei mappali n. 724 e 3057 avvenuta nel 1988 trova fondamento nel piano delle zone da destinare all’edilizia economica e popolare approvato dalla Regione Lombardia con la deliberazione di giunta regionale 24/04/1979 n. 23198.Risulta quindi in primo luogo che tutte le procedure ablatorie sono riconducibili all’esercizio di pubblici poteri e risulta non contestato dalle parti- e quindi provato ai sensi dell’art. 115 c.p.c. - l’esistenza della dichiarazione di pubblica utilità in tutte le fattispecie in questione. In particolare la difesa comunale, affermando la sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, ne ammette l’esistenza in tutte le fattispecie considerate. In secondo luogo risulta che la controversia è stata instaurata nel 2004 con riferimento ad atti espropriativi anteriori all’entrata in vigore del D.P.R. 327/2001. Da ciò consegue che alla suddetta controversia non è applicabile l’art. 53 del D.P.R. 327/01, che è riferito ai casi in cui la dichiarazione di pubblica utilità sia intervenuta successivamente al 1 luglio 2003, data di entrata in vigore del t.u. espropriazioni (sul punto, Cassazione Sez. Un., ordinanza n. 7256 del 26/03/2007), bensì l’art. 7 della legge 205/2000 che ha riformulato l'art. 34 d.lgs. n. 80 del 1998. Tale norma, così come interpretata dalla Corte costituzionale nella sentenza 6 luglio 2004 n. 204, infatti, ha attribuito alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti alle stesse equiparati in materia urbanistica ed edilizia ed ha esteso la giurisdizione amministrativa anche a tutte le questioni relative all'eventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, e agli altri diritti patrimoniali consequenziali. La successiva giurisprudenza ha chiarito sia che l’espropriazione rientra nell’urbanistica in quanto, secondo l’art. 7 L. 205/2000, tale materia concerne tutti gli aspetti dell'uso del territorio (Consiglio Stato, sez.IV, 9 luglio 2002 n. 3819), sia che le controversie in materia di occupazione di terreni irreversibilmente ed illegittimamente trasformati dalla p.a. in assenza del decreto di espropriazione ed in presenza della dichiarazione di pubblica utilità rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo (ex plurimis per la giurisprudenza civile: Cassazione Sez. Un. Ordinanza 27 giugno 2007 n. 14794 e per quella amministrativa: Consiglio Stato , sez. V, 12 giugno 2009 , n. 3677) in quanto si tratta di comportamenti (c.d. comportamenti amministrativi) posti in essere nell’esercizio di pubblici poteri (v. Corte costituzionale, 11 maggio 2006 , n. 191; Corte di Cassazione SS.UU., 16 giugno 2006 n. 13911).Da ultimo la giurisdizione sussiste anche nel caso di domanda risarcitoria pura. Infatti la giurisprudenza (Cons. Stato, sez. IV, 21 maggio 2007 n. 2582) ha chiarito che “nel quadro normativo venutosi a formare con l’art. 34 del decreto legislativo n. 80 del 1998 (come novellato dalla legge n. 205 del 2000) e con l’art. 53 del testo unico sull’esproprio n. 327 del 2001 (come incisi dalle sentenze della Corte Costituzionale n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006), la giurisdizione amministrativa esclusiva vi è non solo quando si impugni un atto del procedimento espropriativo (per qualsiasi suo vizio), ma anche quando il ricorso miri a ottenere la tutela del diritto di proprietà, in presenza di un comportamento dell’Amministrazione connesso all’esercizio della funzione pubblica. Tale connessione sussiste quando l’Amministrazione abbia un comportamento omissivo contra ius e non restituisca il fondo che continui a possedere sine titulo, anche se il possesso a suo tempo sia stato acquistato secondum ius, nel corso di una delle fasi di attuazione del vincolo preordinato all’esproprio”.Né è possibile accedere alla tesi della difesa comunale secondo la quale difetterebbe la giurisdizione del giudice amministrativo in caso di sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità per inutile decorso dei termini finali per il compimento delle espropriazioni e dei lavori senza che sia intervenuto il decreto ablativo.L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha da tempo ricondotto alla giurisdizione del Giudice amministrativo il caso del decreto di esproprio mancante o tardivo, cioè emesso dopo la scadenza della dichiarazione di pubblica utilità.Infatti la giurisprudenza amministrativa, giudicando di una controversia in cui appunto la domanda risarcitoria fondava sulla sopravvenuta perdita di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità e sulla mancata emanazione del decreto di esproprio, ha affermato la sussistenza della giurisdizione amministrativa esclusiva in relazione a liti che abbiano ad oggetto diritti soggettivi quando la lesione di questi ultimi tragga origine, sul piano eziologico, da fattori causali riconducibili all’esplicazione del pubblico potere, pur se in un momento nel quale quest’ultimo risulta ormai mutilato della sua forza autoritativa per la sopraggiunta inefficacia disposta dalla legge per la mancata conclusione del procedimento (Cons. Stato, Ad. Plen. n. 4 del 2005; cfr. anche nn. 9 del 2005 e 2 del 2006).Nell’individuare la fonte del comportamento ablatorio, l’Adunanza Plenaria (Cons. Stato Ad. Plen. n. 9/07) ha rilevato che, “alla stregua del procedimento bifasico disegnato dalla legge fondamentale n. 2359 del 1865 e ancor più dopo le innovazioni in tema di dichiarazione implicita introdotte dalla legge n. 1 del 1978, cardine dell’attività ablatoria è la dichiarazione di pubblica utilità, avendo questa l’effetto di sottoporre il bene al regime di espropriabilità così determinando, appunto in vista dell’espropriazione, l'affievolimento del diritto di proprietà. In questo ambito, il decisivo rilievo provvedimentale della dichiarazione e la conseguente sua capacità di incidere costitutivamente nella sfera giuridica del proprietario si ricava del resto dal fatto che la stessa è stata sempre ritenuta come immediatamente impugnabile, a differenza degli atti meramente infraprocedimentali. In sostanza, nei procedimenti come quello in esame non governati ratione temporis dalle norme sostanziali del T.U. sugli espropri, la dichiarazione di pubblica utilità è l’atto autoritativo che fa emergere il potere pubblicistico in rapporto al bene privato e costituisce al tempo stesso origine funzionale della successiva attività, giuridica e materiale, di utilizzazione dello stesso per scopi pubblici previamente individuati. In questo quadro, la mancata adozione del provvedimento traslativo entro il prescritto termine non sembra poter sminuire la valenza giuridica di un’attività appunto espletata nel corso e in virtù di un procedimento che la dichiarazione ha ab origine indirizzato verso scopi specifici e concreti di pubblica natura od utilità. L‘omessa conclusione del procedimento mediante tempestiva pronuncia del decreto di esproprio, impedendo la formalizzazione dell’acquisizione al patrimonio pubblico del bene realizzato, connota la precedente attività dispiegata dall’Amministrazione in termini materiali o comportamentali. Tuttavia, pur privato del suo naturale sbocco costitutivo e quindi illegittimo, questo comportamento di impossessamento ed irreversibile modifica del bene altrui resta pur sempre, nel senso ora detto, riconducibile all’esercizio del “pubblico potere”, con la conseguenza che di esso deve conoscere il giudice amministrativo.Né in contrario può citarsi la giurisprudenza indicata dalla difesa comunale (Cass. Sez. Un., Ordinanza n. 2688 del 07/02/2007), peraltro non pacifica (vedi in contrario Cass. Sez. Un., ordinanza n. 27190 del 20/12/2006), che ritiene comportamento non amministrativo (e quindi riservato alla cognizione del giudice ordinario) l’occupazione tardiva rispetto ai termini stabiliti nella dichiarazione di pubblica utilità. D’altro canto, nel caso di specie, non è stata data alcuna prova che l’attribuzione del potere ablativo, operata con la dichiarazione di pubblica utilità e circoscritta nel tempo direttamente dal legislatore, fosse già venuta meno all'epoca dell'utilizzazione della proprietà privata con l’irreversibile trasformazione (Cassazione SS.UU. ordinanza 7 febbraio 2007, n. 2688 Cass.sez.un. l5615/2006;13659 e 13660/2006;600/2005).»