Estratto: «Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione.Con nota datata 14 febbraio 2011, avente ad oggetto «Aggiornamento corrispettivo art. 7 Convenzione trentennale», la società ricorrente, premesso che «… sono recentemente terminati i lavori del Comitato Tecnico Paritetico di Gestione dell'Aeroporto, per quanto concerne - tra l'altro – l’aggiornamento della misura del Corrispettivo previsto dalla convenzione trentennale stipulata in data 29/12/2004. Durante detti lavori, protrattesi per nove sedute, sono emersi i risultati che si trovano evidenziati nella tabella che alleghiamo alla presente e che conducono ad un aumento del corrispettivo di € 1.678.900,00= all'anno, rispetto alla precedente misura di detto corrispettivo…», invitava la Regione resistente «… a voler fissare un incontro con la scrivente società entro e non oltre il 28/02/2011 onde addivenire alla pronta e sollecita definizione dell'iter di adeguamento del corrispettivo di cui all'art. 7 della Convenzione nei termini di cui sopra ed all'immediata adozione delle Deliberazioni di Giunta Regionale all’uopo occorrenti…».Secondo l'articolo 133, comma 1, lettera b), del codice del processo amministrativo esulano dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi afferenti a rapporti di concessione di beni pubblici.Tali controversie, secondo condivisibile giurisprudenza, possono rientrare nell'ambito della generale giurisdizione di legittimità di questo Giudice Amministrativo solo nel caso in cui coinvolgano l'esercizio di poteri autoritativi, restando attribuite alla giurisdizione del Giudice Ordinario quelle che abbiano contenuto meramente patrimoniale (ex plurimis, recentemente, Cass. civ., SU, 12 ottobre 2011, n. 20939).Nel caso di specie, la controversia ha ad oggetto l’istanza di adeguamento del corrispettivo a carico della Regione a fronte del servizio di gestione aeroportuale, vicenda nell'ambito della quale non emerge l'esercizio di un potere autoritativo da parte dell'amministrazione resistente.La società ricorrente chiede infatti l'adeguamento del corrispettivo quantificato nell'ambito dell'articolo 7 della convenzione datata 29 dicembre 2004, e che, secondo lo stesso articolo 7, «… è determinato sulla base dell'offerta economica presentata dalla Concessionaria per l'esercizio dei servizi oggetto della Concessione…».Nella presente vicenda, la valutazione dell’istanza di adeguamento del corrispettivo richiede, da parte dell’Amministrazione, una attività di accertamento tecnico dei presupposti fattuali economico-aziendali sia sull'an che sul quantum (sul punto, Cons. Stato, Sez. VI, 18 aprile 2011, n. 2375), tesa a decidere se le singole voci di spesa addotte possano trovare soddisfazione; si tratta di una attività della stessa natura di quella che deve essere condotta da qualunque soggetto privato nella gestione di rapporti convenzionalmente regolati, non emergendo quindi alcun esercizio di potere amministrativo.»
Sintesi: Le controversie concernenti indennità, canoni o altri corrispettivi, riservate, in materia di concessioni amministrative, alla giurisdizione del giudice ordinario sono solo quelle con un contenuto meramente patrimoniale, senza che assuma rilievo un potere d'intervento della p.a. a tutela di interessi generali; quando, invece, la controversia coinvolge la verifica dell'azione autoritativa della p.a. sul rapporto concessorio sottostante, ovvero quando investa l'esercizio di poteri discrezionali - valutativi nella determinazione del canone e non semplicemente di accertamento tecnico dei presupposti fattuali economico-aziendali (sia sull'an che sul quantum), la medesima è attratta nella sfera di competenza giurisdizionale del giudice amministrativo.
Sintesi: La controversia con cui l'operatore portuale contesta lo stesso potere dell'Autorità portuale di imporre una determinata prestazione patrimoniale è devoluta al giudice amministrativo.
Estratto: «RICHIAMATO:il "principio" (da ribadire in carenza di argomentazioni contrarie) secondo cui (Cass., un.: 24 giugno 2011 n. 13903; 2010 n. 15644; 12 gennaio 2007 n. 441; 23 ottobre 2006 nn. 22661-22662, che richiamano "Cass. S.U, 4. 7.2006, n. 15217") le controversie concernenti indennità, canoni o altri corrispettivi, riservate, in materia di concessioni amministrative, alla giurisdizione del giudice ordinario sono solo quelle con un contenuto meramente patrimoniale, senza che assuma rilievo un potere d'intervento della p.a. a tutela di interessi generali; quando, invece, la controversia coinvolge la verifica dell'azione autoritativa della p.a. sul rapporto concessorio sottostante, ovvero quando investa l'esercizio di poteri discrezionali - valutativi nella determinazione del canone e non semplicemente di accertamento tecnico dei presupposti fattuali economico-aziendali (sia sull'an che sul quantum), la medesima è attratta nella sfera di competenza giurisdizionale del giudice amministrativo";RIBADITO:che (Cass., un., 8 aprile 2011 n. 8035) "a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004" che la ha "dichiarata parzialmente illegittima", "la norma di cui all'art. 33, nel testo sostituito dalla L. n. 205 del 2005, art. 7" deve essere "interpretata nel senso che la materia dei pubblici servizi può essere oggetto di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nel solo caso in cui la P.A. agisca esercitando il proprio potere autoritativo ovvero, stante la facoltà riconosciutale dalla legge di adottare strumenti negoziali in sostituzione di tale potere, nel caso in cu essa si avvalga in concreto di tale facoltà, il cui esercizio, peraltro, presupponga pur sempre l'esistenza di quel potere";RILEVATO CHE:- nel caso, la ricorrente contesta la sussistenza (prima dell'entrata in vigore della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 984, secondo cui "leautorità portuali sono autorizzate all'applicazione di una addizionale su tasse, canoni e diritti per l'espletamento dei compiti di vigilanza e per la fornitura di servizi di sicurezza previsti nei piani di sicurezza portuali") , in capo all'Autorità Portuale, del potere (esercitato dalla medesima con la "Delib. 12 marzo 2004, n. 13" e la derivata "nota prot. 3388 in data 12 maggio 2004") di imporre ad essa concessionaria, una prestazione patrimoniale ulteriore assumendo la mancanza di idonea disposizione normativa (non rinvenibile, si assume, neppure nel "regolamento della Comunità Europea n. 725/04 approvato il 31 marzo 2004 dal Parlamento europeo, entrato in vigore il 1 luglio 2004" perché questo "postulava un intervento legislativo del parlamento italiano"), quindi in vera e propria carenza di potere autoritativo;- l'imposizione della prestazione patrimoniale impugnata trova la sua causa giuridica unicamente nel rapporto (pubblico) di concessione in essere tra la ricorrente e l'Autorità portuale e la sua fonte soltanto nel potere di supremazia dell'Autorità detta, potere esercitato per interesse generale, quale, intuitivamente, la sicurezza (incolumità delle persone e dei beni, pubblici e privati) dell'area demaniale in concessione;- la contestazione (con conseguente richiesta giudiziaria di disconoscimento dello stesso), quindi, investe direttamente il potere innanzi individuato perché solo l'accertamento della sua inesistenza rende illegittima la prestazione patrimoniale imposta;- considerata la sua natura, quale emerge dalla prospettazione della domanda della TDT, la cognizione della controversia, giusta il principio di diritto innanzi "richiamato", appartiene in via esclusiva al giudice amministrativo, del quale, pertanto, deve essere affermata la giurisdizione;- la conclusione (fondata, peraltro, su di uno sviluppo argomentativo del tutto analogo a quello della TDT) raggiunta dal procuratore generale in ordine alla suggerita giurisdizione del giudice ordinario (perché, in sintesi, "soltanto un espresso potere autoritativo poteva consentire di aggravare in danno della Terminal l'equilibrio economico contrattuale") non è condivisibile in quanto (a prescindere dalla possibilità di ravvisare nel rapporto, esistente tra le parti, di concessione dell'uso di un'area demaniale un "equilibrio economico" propriamente "contrattuale") non considera che l'accertamento della effettiva sussistenza del "potere autoritativo" detto attiene al merito della controversia e non già al riparto della giurisdizione, per la cui determinazione costituisce, invece, sufficiente, univoco indice scriminante la contestazione (indipendentemente, quindi, dall'accertamento del fondamento) di quel potere;- vanamente, pertanto ed infine, la TDT indica (pag. 13 del ricorso) una "sequenza di atti e provvedimenti" che assume "dettati dalla . .. consapevolezza dell'ente di non avere il potere di imporre ... addizionali ai canoni demaniali";»
Sintesi: In materia di concessione d’uso di aree demaniali, la cognizione del giudice ordinario è riferibile alle controversie di contenuto meramente patrimoniale, ovvero inerenti quantificazione e pagamento dei corrispettivi in questione, quando non entri, però, in discussione la qualificazione del rapporto concessorio, con esercizio di poteri discrezionali da parte dell’Amministrazione, dovendosi riconoscere in tal caso la cognizione del giudice amministrativo, in presenza sia di interessi legittimi che di diritti soggettivi.
Sintesi: L'indennizzo maggiorato previsto dall'art. 8 D.l. 400/1993 per l'utilizzo senza titolo, o difforme dal titolo, dei beni del demanio marittimo, corrisponde un diritto soggettivo di natura meramente patrimoniale, per il riconoscimento e la quantificazione del quale non è richiesto l’esercizio di poteri autoritativi, con conseguente cognizione del giudice ordinario per le eventuali controversie.
Estratto: «La questione sottoposta all’esame del Collegio concerne infatti, in primo luogo, la definizione dell’ambito entro cui sussiste la giurisdizione del Giudice Amministrativo, in materia di concessione d’uso di aree demaniali; tale ambito risulta disciplinato dal combinato disposto degli articoli 5 e 7 della legge 6.12.1971, n. 1034, come modificati ed integrati dall’art. 33 del D.Lgs. 31.3.1998, n. 80, nel testo sostituito dall’art. 7 della legge 21.7.2000, n. 205: norme, quelle appena indicate, che assegnano al predetto Giudice la giurisdizione esclusiva in materia di concessione di beni pubblici, facendo però salva – per quanto qui interessa – la “giurisdizione dell’autorità giudiziaria per le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi….”. Su tale base, un’ampia e consolidata giurisprudenza ha chiarito che la cognizione del giudice ordinario è riferibile alle controversie di contenuto meramente patrimoniale, ovvero inerenti quantificazione e pagamento dei corrispettivi in questione, quando non entri, però, in discussione la qualificazione del rapporto concessorio, con esercizio di poteri discrezionali da parte dell’Amministrazione, dovendosi riconoscere in tal caso la cognizione del giudice amministrativo, in presenza sia di interessi legittimi che di diritti soggettivi (cfr. in tal senso, fra le tante, Cass. Civ. SS.UU. 11.3.1992, n. 2958, 20.11.2007, n. 24012, 31.7.2008, n. 20749 e 16.7.2009, n. 16568; Cons. St., sez. IV, 15.5.2000, n. 2708; sez. VI, 17.2.2004, n. 657, 27.6.2006, n. 4090, 24.10.2008, n. 5294 e 21.5.2009, n. 3122; TAR Lazio, Roma, sez. II, 4.3.2009, n. 2233). A principi non dissimili non possono non soggiacere gli indennizzi, di cui all’art. 8 del D.L. 5.10.1993, n. 400 (convertito con modificazioni dall’art. 1, comma 1, della legge 4.12.1993, n. 494), riferito ad utilizzazioni senza titolo di beni demaniali marittimi, ovvero ad utilizzazioni difformi dal titolo concessorio. Detta situazione – assimilabile alla persistente utilizzazione di un bene demaniale dopo la scadenza della concessione – legittima in astratto l’Amministrazione ad avvalersi dei mezzi ordinari a difesa della proprietà, sia con gli ordinari strumenti civilistici, sia con rimedi speciali approntati dal legislatore – come appunto quello di cui al citato art. 8 D.L. n. 400/1993 – fermo restando che al previsto indennizzo corrisponde un diritto soggettivo di natura meramente patrimoniale, per il riconoscimento e la quantificazione del quale non è richiesto l’esercizio di poteri autoritativi, con conseguente cognizione del giudice ordinario per le eventuali controversie: controversie che nel caso di specie, peraltro, risultavano già oggetto di contenzioso davanti al Tribunale di Cagliari, mentre i criteri di determinazione del canone e le relative disposizioni attuative erano stati, a loro volta, oggetto di ricorsi al Giudice Amministrativo, le cui pronunce potevano incidere sui criteri stessi, con effetti da valutare però in sede civile o, come sembra avvenuto, di concordato preventivo (cfr., per il principio, Cons. St., sez. VI, 14.10.2010, n. 7505; Cass. civ. SS.UU. 14.10.2010, n. 12313; 30.3.2009, n. 7573 e 29.4.2009, n. 9950).»
Sintesi: Rientra nella giurisdizione del G.O. la controversia relativa all'esatta determinazione del corrispettivo in relazione allo specifico atto di concessione in relazione alla quale il giudice sia chiamato a compiere un'attività meramente accertativa dell’importo del canone.
Estratto: «Atteso che la controversia in esame ha ad oggetto la legittimità del canone determinato dall’amministrazione per la concessione di un’area demaniale;Considerato che, pertanto, si controverte solo in ordine alla esatta determinazione del corrispettivo in relazione allo specifico atto di concessione, sicché il giudice è chiamato ad un'attività meramente accertativa dell’importo del canone, rientrante, come tale, nella giurisdizione civile (v. C.S., VI, 12 gennaio 2011, n. 99; T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, II, 21 aprile 2010, n. 3739; T.A.R. Veneto, I, 28 gennaio 2009, n. 201; C.S., VI, 24 ottobre 2008, n. 5294);»
Sintesi: Le controversie concernenti indennità, canoni od altri corrispettivi, non sono attratte nella giurisdizione esclusiva del G.A. e restano riservate alla giurisdizione del G.O. se hanno contenuto meramente patrimoniale e non venga in rilievo il potere della P.A. a tutela di interessi generali, ovvero la verifica dell'esercizio di poteri discrezionali della P.A., come nel caso dei canoni demaniali marittimi calcolati ai sensi del D.M. 18 ottobre 1990.
Estratto: «L’esame del collegio deve arrestarsi alla soglia della giurisdizione.Le controversie concernenti indennità, canoni od altri corrispettivi, non sono attratte nella giurisdizione esclusiva del G.A. e restano riservate alla giurisdizione del G.O. - secondo un criterio di riparto già presente nell'art. 5 comma 2, l. n. 6 dicembre 1971 n. 1034 prima delle modifiche apportate dall'art. 33, d. lg. 31 marzo 1998 n. 80 – se hanno contenuto meramente patrimoniale e non venga in rilievo il potere della P.A. a tutela di interessi generali, ovvero la verifica dell'esercizio di poteri discrezionali della P.A. (Cfr. ex multis. Cassazione civile, sez. un., 18/11/2008, n. 27333).Nel caso di specie la discrezionalità è stata in toto spesa dall’amministrazione centrale a mezzo del DM 18 ottobre 1990, poi annullato, residuando alle amministrazioni periferiche un’attività di mero calcolo, come del resto si evince dall’art. 1 comma 2 del Decreto ministeriale 18/10/1990 (poi annullato dal TAR Lazio, sez. III, 12 giugno 1992, n. 1456) secondo il quale “per l'anno 1990 i canoni per le concessioni di aree demaniali marittime e specchi acquei sono determinati dalle Intendenze di Finanza, d'intesa con le Capitanerie di Porto e sentite le amministrazioni comunali territorialmente competenti, moltiplicando per i coefficienti indicati nei successivi articoli 2, 3 e 5 i canoni dovuti nell'anno 1988 ivi compresi quelli definitivi ai sensi del comma 1”.Non rinvendendosi l’esercizio di poteri autoritativi ma, al più, accertamenti in fatto, posti dalle norme richiamate a base del procedimento di individuazione dei coefficienti, vengono dunque in rilievo posizioni di diritto soggettivo relative a questioni di carattere patrimoniale riservate al GO.Ne consegue l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo.»
Sintesi: Il giudizio in merito alla debenza di canoni demaniali, il cui diritto trova la sua fonte in rapporti giuridici riguardanti un bene immobile, rientra nella competenza per materia del Tribunale, a prescindere dal valore della causa.
Estratto: «Preliminarmente occorre osservare che le concordi deduzioni delle parti relativamente alla sussistenza della competenza di questa Tribunale, seppur le somme portate dai provvedimenti opposti siano contenute nei limiti di valore di cui art. 7 cpc, non possano che essere condivise in linea con la consolidata giurisprudenza di legittimità (Cass. sez. I civ. n. 2945/08; Cass. sez. III civ. n. 27142/06; Cass. sez. I civ. n. 4304/04) che attribuisce alla competenza per valore del Giudice di Pace una valenza solo residuale "con la conseguenza che ove si tratti di controversie immobiliari (come nella specie, tali essendo tutte le controversie in cui vengono dedotte in giudizio pretese afferenti tanto ai diritti reali quanta a diritti di credito che abbiano la loro tomo in un rapporto giuridico riguardante un bene immobile) il valore della causa non assume rilevanza, trattandosi di controversia demandata alla competenza del Tribunale ratione materia".Nella fattispecie per cui e causa, la controversia in ragione delle prospettazioni difensive delle parti ha ad oggetto la debenza di canoni, il cui diritto trova la sua fonte in rapporti giuridici riguardanti un bene immobile e, per tanto, deve ritenersi pacifica la competenza per materia di questa Tribunale.»
Sintesi: Sussiste la giurisdizione del G.A. sulla controversia relativa alla rideterminazione unilaterale del canone da parte della P.A. che altera incisivamente l’equilibrio sinallagmatico e il significato complessivo dell’assetto di interessi tra le parti , il che permette di configurare addirittura una nuova concessione.
Estratto: «Il Collegio deve preliminarmente dare conto delle ragioni che inducono a superare l’eccezione di difetto di giurisdizione del G.A., per come sollevata dalla difesa erariale, che fa leva sulla previsione normativa di cui all’art 5 della legge 6 dicembre 1971 n.1034.Detta norma stabilisce che “ sono devoluti alla competenza dei tribunali amministrativi regionali i ricorsi contro atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici. Si applicano , ai fini dell’individuazione del tribunale competente, il secondo e il terzo comma dell’art 3.Resta salva la giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria per le controversie concernenti indennità, canoni e altri corrispettivi”.La disposizione in argomento va decifrata, ad avviso del Collegio, nel senso che essa radica la giurisdizione del Giudice Amministrativo anche quando la controversia concerne canoni la cui entità viene rideterminata unilateralmente dall’amministrazione in modo tale da alterare incisivamente l’equilibrio sinallagmatico e il significato complessivo dell’assetto di interessi tra le parti , il che permette di configurare addirittura una nuova concessione.»
Sintesi: Rientra nella giurisdizione del G.O. la domanda dell'amministrazione di pagamento di canoni scaduti.
Estratto: «A) Quanto alla domanda di pagamento dei canoni scaduti, essa introduce una controversia di tipo meramente patrimoniale che l’art. 5 della legge n. 1034/1971 rimetteva in modo espresso alla giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria (Cons. Stato, sez. VI, 14 ottobre 2010, n. 7505).Tale disposizione è stata sostituita dall’art. 133, comma 1, lett. b), cod. proc. amm., ove è stabilito che l’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di concessione di beni pubblici non comprende le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi.Né può ritenersi che la domanda rientri nell’ambito della generale giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo, trattandosi dell’accertamento di un mero obbligo di pagamento che non deriva dall’esercizio di un’attività autoritativa della pubblica amministrazione.»
Sintesi: La controversia avente ad oggetto la decadenza dalla concessione di box del mercato comunale per morosità del agamento dei canoni mensili appartiene alla giurisdizione del G.O., poiché si tratta di una questione inerente l’adempimento di un’obbligazione contrattuale; ciò tanto più ove le assegnazioni dei posteggi/box in oggetto siano state effettuate al di fuori del rispetto di ogni procedura di evidenza pubblica.
Estratto: «Ciò posto, il Tribunale è dell’avviso che il thema decidendum del presente giudizio sia incentrato sulla determinazione dell’an e quantum debeatur a titolo di canoni dovuti dagli assegnatari dei box del mercato rionale in superficie di Piazza Matteotti ovverosia che si tratti, in definitiva, di una questione inerente l’adempimento di un’obbligazione contrattuale, pertinente perciò alla cognizione del giudice ordinario (cfr. T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 14 febbraio 2008 , n. 245; T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 23 novembre 2006 , n. 1576; T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. II, 11 giugno 2010 , n. 5580; T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 19 luglio 2010 , n. 16845).Mette conto di evidenziare, in particolare, che le assegnazioni dei posteggi/box in oggetto sono state effettuate al di fuori del rispetto di ogni procedura di evidenza pubblica e pertanto, anche sotto tale profilo, deve ritenersi sussistere la giurisdizione del Giudice Ordinario (cfr. Cass. Civ, ordinanza dell’8.04.2011 n.8035). A ciò si aggiunga che la risoluzione ipso iure del rapporto e la conseguente decadenza degli atti di concessione e autorizzazione presupposti non è dipesa dall’esercizio di poteri autoritativi dell’amministrazione bensì dall’applicazione di clausole negoziali intervenute tra le parti..Ed invero, l'ambito dei pubblici servizi può essere oggetto di giurisdizione del giudice amministrativo solo ove in esso la p.a. agisca esercitando il suo potere di supremazia, in connessione funzionale con la tutela dell'interesse pubblico affidato alle sue cure, ma non quando la lite, vertendo sulla mera inadempienza di singole prestazioni negoziali, riguardi unicamente il rapporto convenzionale tra le parti e le reciproche posizioni di diritto e di obbligo, con la conseguenza che restano assoggettate alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie, relative a situazioni di diritto soggettivo, in cui la p.a. non sia coinvolta come autorità, ancorché le stesse scaturiscano da rapporti di tipo concessorio: pertanto, le domande giudiziali delle parti, fondate sul mancato assolvimento di precise obbligazioni negoziali si rivelano inammissibili per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto relative a posizioni di diritto soggettivo devolute alla cognizione del giudice ordinario, dinanzi al quale potrà riassumersi il giudizio, con tutti gli effetti della c.d. translatio judicii (T.A.R. Emilia Romagna Parma, sez. I, 31 gennaio 2011 , n. 30).»
Sintesi: Spetta al G.A. la controversia che non attenga esclusivamente alla determinazione del canone, ma anche alla qualificazione del rapporto concessorio e quindi alla corretta applicazione di una norma che definisce i canoni con riferimento a una tipologia di concessione demaniale marittima di cui chi agisce nega la titolarità.
Estratto: «Il ricorso va respinto il Collegio non potendo che condividere la posizione espressa dal giudice di primo grado sul profilo del riparto di giurisdizione.La questione controversa attiene all’applicabilità, in sede di determinazione del canone dovuto dall’appellato, della previsione di cui all’art. 3, comma 1, punto b) 2.1, d.-l.. 5 ottobre 1993, n. 400, convertito dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, come modificato dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), ovvero di quella cui al successivo punto b 2.2 del medesimo articolo, in combinazione con il disposto del punto b 1, che fa riferimento agli indici ISTAT determinati secondo differenti ipotesi.Opzione, quest’ultima condivisa dal giudice di primo grado che ha ritenuto applicabili i criteri di computo previsti dal citato art. 3, comma 1, ai punti b 1.2 o 1.3, con riguardo alle aree occupate da impianti di facile o difficile rimozione.Nel caso di specie, l’Amministrazione, ritenendo che i manufatti realizzati sull'area oggetto della concessione demaniale rilasciata ad uso residenza estiva costituiscano "pertinenze destinate ad attività commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi", ha ritenuto applicabile, in sede di determinazione del canone, il citato art. 3, comma 1, punto b) 2.1, d.-l. 5 ottobre 1993, n. 400, convertito in legge 4 dicembre 1993, n. 494, come modificato dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), a tenore del quale “per le pertinenze destinate ad attività commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi, il canone è determinato moltiplicando la superficie complessiva del manufatto per la media dei valori mensili unitari minimi e massimi indicati dall’Osservatorio del mercato immobiliare per la zona di riferimento. L’importo ottenuto è moltiplicato per un coefficiente pari a 6,5”.Ebbene, come sostenuto dal primo giudice, rientrano nella giurisdizione amministrativa le controversie relative a rapporti di concessione di beni pubblici, tra cui quelle nelle quali si controverte in merito alla qualificazione del rapporto concessorio.Nel caso di specie, la controversia all'esame attiene alla qualificazione del rapporto concessorio e non unicamente alla determinazione del canone; il canone essendo stato determinato sulla scorta di un'interpretazione che ne qualifica lo specifico oggetto come "pertinenze destinate ad attività commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi", secondo la definizione del comma 1 punto b 2.1 dell'art. 3 d.-l. 5 ottobre 1993, n. 400, convertito dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, come modificato dalla legge finanziaria per il 2007 (l. 27 dicembre 2006, n. 296).Viceversa, il ricorrente in primo grado ha sostenuto che i manufatti realizzati nell'area di una concessione Con maggiore impegno esplicativo, la controversia attiene alla qualificazione del rapporto concessorio (a fini imprenditoriali o ad uso residenziale) l'Amministrazione comunale avendo fatto applicazione di una norma (l'art.1, comma 1, punto b 2.1 cit.) che definisce i canoni con riferimento a una tipologia di concessione demaniale marittima di cui parte ricorrente nega la titolarità.»
Sintesi: La controversia relativa alla determinazione del quantum dei canoni dovuti dagli assegnatari dei box del mercato rionale appartiene alla giurisdizione del G.O..
Estratto: «Ritenuto pertanto: che la questione sostanziale oggetto del presente giudizio attiene alla determinazione del quantum dei canoni dovuti dagli assegnatari dei box del mercato rionale in superficie di Piazza Matteotti e che, conseguentemente, la controversia appartenga alla giurisdizione del Giudice Ordinario (T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 14 febbraio 2008 , n. 245; T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 23 novembre 2006 , n. 1576; T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. II, 11 giugno 2010 , n. 5580; T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 19 luglio 2010 , n. 16845);»
Sintesi: Le controversie concernenti indennità, canoni o altri corrispettivi, riservate, in materia di concessioni amministrative, alla giurisdizione del G.O. sono solo quelle con un contenuto meramente patrimoniale; quando, invece, la controversia coinvolge la verifica dell'azione autoritativa della P.A. sull'intera economia del rapporto concessorio, la medesima è attratta nella sfera di competenza del G.A..
Sintesi: Ricorre la giurisdizione del G.A. a conoscere della legittimità del provvedimento di determinazione del canone di concessione di beni del demanio marittimo, in relazione al quale è ravvisabile un potere discrezionale della P.A. concedente, come risulta dalla previsione di un canone minimo e di aumenti calcolati in rapporto alle caratteristiche oggettive ed alle capacità reddituali dei beni, nonché alle effettive utilizzazioni consentite.
Estratto: «1. L’eccezione di giurisdizione è infondata perché è giurisprudenza costante che “Le controversie concernenti indennità, canoni o altri corrispettivi, riservate, in materia di concessioni amministrative, alla giurisdizione del giudice ordinario sono solo quelle con un contenuto meramente patrimoniale; quando, invece, la controversia coinvolge la verifica dell'azione autoritativa della P.A. sull'intera economia del rapporto concessorio, la medesima è attratta nella sfera di competenza del giudice amministrativo. In quest'ultima ipotesi, infatti, la controversia ha ad oggetto non soltanto la misura del canone di concessione di un bene demaniale, bensì la qualificazione giuridica o la natura intrinseca dell'atto concessorio, sicché le conseguenze patrimoniali (cioè la misura del canone) sono meramente accessorie rispetto alla questione principale” (Cons. St., sez. VI, 12 gennaio 2011, n.99).Anche la Cassazione a Sezioni Unite, in sede di regolamento di giurisdizione, ha precisato che “Le controversie concernenti indennità, canoni o altri corrispettivi, riservate, in materia di concessioni amministrative, alla giurisdizione del giudice ordinario sono solo quelle con un contenuto meramente patrimoniale, senza che assuma rilievo un potere di intervento della p.a. a tutela di interessi generali; quando invece, la controversia coinvolge la verifica dell'azione autoritativa della p.a. sull'intera economia del rapporto concessorio, la medesima è attratta nella sfera di competenza giurisdizionale del giudice amministrativo. Ricorre pertanto la giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere della legittimità del provvedimento di determinazione del canone di concessione di beni del demanio marittimo (ai sensi degli art. 2 l. n. 1501/1961; 16, comma 3, d.P.R. 328/1952; 5, comma 1, d.lg. 546/ 1981), in relazione al quale è ravvisabile un potere discrezionale della p.a. concedente, come risulta dalla previsione di un canone minimo e di aumenti calcolati in rapporto alle caratteristiche oggettive ed alle capacità reddituali dei beni, nonché alle effettive utilizzazioni consentite” (Sez. Un., 12 gennaio 2007, n. 411).Nel caso di specie la questione principale non è la quantificazione del canone, ma la qualificazione del rapporto di concessione, e quindi sussiste la giurisdizione di questo giudice.»
Sintesi: In materia di canoni concessori, la cognizione del giudice ordinario è circoscritta alle controversie di contenuto meramente patrimoniale, ovvero inerenti alla quantificazione ed al pagamento dei corrispettivi, purché non entri in discussione la qualificazione del rapporto concessorio ovvero l’esercizio di poteri discrezionali da parte dell’Amministrazione, come nella presente fattispecie, dovendosi riconoscere in tal caso la cognizione del giudice amministrativo, in presenza sia di interessi legittimi che di diritti soggettivi.
Estratto: «2. Ciò premesso, deve innanzitutto essere disattesa l’eccezione di difetto di giurisdizione avanzata dalla difesa dell’ente.2.1. La controversia rientra, in primo luogo, nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 21-septies, secondo comma, della legge n. 241 del 1990 (oggi: art. 133, primo comma – lett. a, cod. proc. amm.), poiché la ricorrente prospetta la violazione del giudicato formatosi sulla decisione del Consiglio di Stato n. 4812 del 2009 e, d’altra parte, gli stessi provvedimenti impugnati, per esplicita affermazione contenuta nella parte motiva, asseriscono di dare concreta attuazione ai principi ed agli obblighi scaturiti (per la fase transitoria, fino alla celebrazione delle gare pubbliche) dalla sentenza d’appello, sicché vengono in esame in via diretta ed immediata le conseguenze del giudicato amministrativo sul rapporto in essere. 2.2. Sotto ulteriore e concorrente profilo, si versa nell’ipotesi di giurisdizione esclusiva prevista in materia di concessioni di beni pubblici dall’art. 5 della legge n. 1034 del 1971 (oggi: art. 133, primo comma – lett. b, cod. proc. amm.).Un’ampia e consolidata giurisprudenza ha infatti chiarito che la cognizione del giudice ordinario è circoscritta alle controversie di contenuto meramente patrimoniale, ovvero inerenti alla quantificazione ed al pagamento dei corrispettivi, purché non entri in discussione la qualificazione del rapporto concessorio ovvero l’esercizio di poteri discrezionali da parte dell’Amministrazione, come nella presente fattispecie, dovendosi riconoscere in tal caso la cognizione del giudice amministrativo, in presenza sia di interessi legittimi che di diritti soggettivi (cfr. in tal senso, fra molte, Cass. Civ., sez. un., 31 luglio 2008 n. 20749; Id., 16 luglio 2009 n. 16568; Cons. Stato, sez. IV, 15 maggio 2000 n. 2708; Id., sez. VI, 26 maggio 2010 n. 3348).Gli atti impugnati non possono neppure configurarsi come un’automatica applicazione delle tariffe fissate dalle delibere n. 80 del 30 settembre 2004 e n. 64 del 24 luglio 2007, visto che i criteri di calcolo del canone originariamente pattuito nella parte fissa non sono mai stati precisati, né tantomeno è stato chiarito nell’atto convenzionale o negli atti preparatori come dovessero interagire la parte fissa e la parte variabile, nella misura all’epoca stabilita.2.3. Da ultimo, secondo il criterio generale di riparto fondato sulle situazioni soggettive fatte valere, va osservato che l’Autorità Portuale ha rideterminato in modo unilaterale, imperativo e discrezionale l’assetto economico dell’intero rapporto per la fase transitoria, a seguito dell’intervenuto annullamento in autotutela e della pronuncia conformativa del giudice. Perciò, secondo la regola del petitum sostanziale, al cospetto del riconosciuto esercizio di un potere provvedimentale autoritativo e discrezionale dell’Amministrazione e della prospettazione da parte della ricorrente dei vizi di sviamento ed eccesso di potere, si verte comunque in materia di tutela di interessi legittimi, azionabili nel termine decadenziale (che risulta rispettato).E che alla posizione della società ricorrente debba preferibilmente attribuirsi, in tale fase, natura di interesse legittimo è confermato, ad avviso del Collegio, dalla definitiva caducazione del contratto del 2004, accessivo alla concessione di beni e servizi.Anticipando (ai fini della verifica della giurisdizione) quanto si dirà di qui a poco sulle censure dedotte con il ricorso ed i motivi aggiunti, deve infatti escludersi che la convenzione del 21 dicembre 2004 e la regolamentazione del canone ivi contenuta siano sopravvissute all’esercizio dell’autotutela amministrativa, così come deve negarsi che gli atti del 2004 serbino in qualche modo provvisoria efficacia. La deliberazione n. 1 del 19 febbraio 2009, che anche per tale parte è uscita indenne dalle impugnative proposte dinanzi a questo Tribunale ed al Consiglio di Stato, disponeva con estrema chiarezza, tra l’altro, proprio la caducazione dell’atto formale di concessione demaniale n. 3/2004 (cfr. le ultime righe del punto 1 del dispositivo, pag. 23).E’ così venuta meno anche l’efficacia del richiamato art. 4 della convenzione, che regolamentava il pagamento del canone annuale da parte della società. Ed è venuto meno, con riflesso sulla giurisdizione, il diritto soggettivo della ricorrente al mantenimento della misura economica pattuita.»
Sintesi: In tema di concessione di beni pubblici, la cognizione del giudice ordinario è circoscritta alle controversie di contenuto meramente patrimoniale, ovvero inerenti alla quantificazione ed al pagamento dei corrispettivi, purché non entri in discussione la qualificazione del rapporto concessorio ovvero l’esercizio di poteri discrezionali da parte dell’Amministrazione, dovendosi riconoscere in tal caso la cognizione del giudice amministrativo, in presenza sia di interessi legittimi che di diritti soggettivi.
Estratto: «2.2. Sotto ulteriore e concorrente profilo, si versa nell’ipotesi di giurisdizione esclusiva prevista in materia di concessioni di beni pubblici dall’art. 5 della legge n. 1034 del 1971 (oggi: art. 133, primo comma – lett. b, cod. proc. amm.).Un’ampia e consolidata giurisprudenza ha infatti chiarito che la cognizione del giudice ordinario è circoscritta alle controversie di contenuto meramente patrimoniale, ovvero inerenti alla quantificazione ed al pagamento dei corrispettivi, purché non entri in discussione la qualificazione del rapporto concessorio ovvero l’esercizio di poteri discrezionali da parte dell’Amministrazione, come nella presente fattispecie, dovendosi riconoscere in tal caso la cognizione del giudice amministrativo, in presenza sia di interessi legittimi che di diritti soggettivi (cfr. in tal senso, fra molte, Cass. Civ., sez. un., 31 luglio 2008 n. 20749; Id., 16 luglio 2009 n. 16568; Cons. Stato, sez. IV, 15 maggio 2000 n. 2708; Id., sez. VI, 26 maggio 2010 n. 3348).Gli atti impugnati non possono neppure configurarsi come un’automatica applicazione delle tariffe fissate dalle delibere n. 80 del 30 settembre 2004 e n. 64 del 24 luglio 2007, visto che i criteri di calcolo del canone originariamente pattuito nella parte fissa non sono mai stati precisati, né tantomeno è stato chiarito nell’atto convenzionale o negli atti preparatori come dovessero interagire la parte fissa e la parte variabile, nella misura all’epoca stabilita.»
Sintesi: In materia di concessioni demaniali, è devoluta al giudice amministrativo la controversia concerne canoni la cui entità viene rideterminata unilateralmente dall’amministrazione in modo tale da alterare incisivamente l’equilibrio sinallagmatico e il significato complessivo dell’assetto di interessi tra le parti, il che permette di configurare addirittura una nuova concessione.
Estratto: «Il Collegio deve preliminarmente dare conto delle ragioni che inducono a superare l’eccezione di difetto di giurisdizione del G.A., per come sollevata dalla difesa erariale, che fa leva sulla previsione normativa di cui all’art 5 della legge 6 dicembre 1971 n.1034.
[...
omissis: vedi sopra...]
Sintesi: In materia di concessioni amministrative solo le controversie in ordine alla spettanza e alla misura del canone rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario.
Estratto: «La società ricorrente non contesta il calcolo del canone, ma l’atto amministrativo con cui è stato fissato il criterio impositivo.In merito il consiglio di Stato ha affermato la giurisdizione del giudice amministrativo con la sentenza 48862009 che ha riformato una sentenza del TAR Puglia...
[...omissis...]
Sintesi: Qualora sia contestata la debenza del canone alla P.A. sulla base della natura privata dell'area, la giurisdizione è del G.O..
Estratto: «Con il ricorso in esame parte ricorrente contesta in via principale che gli spazi acquei dalla medesima da tempo immemorabile occupati nell’ambito della laguna di Venezia siano demaniali (con conseguente asserita mancanza dell’obbligo di corrispondere corrispettivo alcuno all’Amministrazione finanziaria), e in via subordinata, l’importo della somma richiesta, sostenendo che in base alla normativa di cui al DM 15 novembre 1995 n. 595 l’importo da pagare dovrebbe essere di lire 5 (cinque) per metro quadro, e non già 400 (quattrocento), come vorrebbe P.A..Ritiene il Collegio conformemente a quanto eccepisce la P.A. nelle proprie difese, che su entrambe le domande azionate (giova ripetere, non spettanza alla P.A. di alcun corrispettivo per essere l’area di proprietà privata della ricorrente, e non già pubblica, per un verso, e quantificazione del dovuto, per un altro verso) debba riconoscersi la giurisdizione del giudice ordinario (cfr., in termini, di questa Sezione, tra le tante, n. 874/10; 2735/09; cfr. altresì SS.UU. 3811/11; 20749/08), in considerazione del fatto che la demanialità o meno di un’area si assume esclusivamente in relazione alla presenza o meno di determinate caratteristiche fisiche e geografiche o meno, la quale prescinde da disposizioni e da provvedimenti di ordine amministrativo, come anche da atti privatistici di trasferimento, così da configurarsi la relativa azione, in mancanza di atti autoritativi, come tale vertente su diritti soggettivi e non già interessi legittimi.»
Sintesi: Se i canoni devono essere determinati sulla base di criteri puramente aritmetici (nella fattispecie del D.M. 595/1995) la giurisdizione è del G.O..
Estratto: «E ciò è tanto vero e riconosciuto dalla stessa ricorrente che nella specie analogo giudizio inter partes (sia pur non innanzi alle SS.UU. a seguito di istanza di regolamento di giurisdizione) pende ora innanzi alla Cassazione civile, dopo una pronuncia della Corte d’appello di Venezia (1490/08) con la quale si è affermata la demanialità dell’area.Con la conseguenza che soltanto all’esito di tale giudizio si potrà sapere se il presupposto sul quale si basano le pretese della P.A –la demanialità dell’area- sia legittimo, mentre occorre qui precisare che anche la subordinata doglianza nei confronti dell’asserito errato importo a metro quadro delle somme da corrispondere rimane comunque nell’ambito di conoscibilità del giudice ordinario, trattandosi di somme che devono essere determinate in base a criteri puramente aritmetici (il ricordato DM 595/95).»
Sintesi: Le controversie concernenti indennità, canoni od altri corrispettivi riservate, in materia di concessioni amministrative riservate dall'art. art. 133, lett. b), cod. proc. amm. alla giurisdizione del G.O. sono quelle aventi un contenuto meramente patrimoniale, senza che assuma rilievo un potere di intervento della Pubblica amministrazione a tutela di interessi generali; quando, invece, la controversia coinvolga la verifica dell'azione autoritativa della P.A. sul rapporto concessorio sottostante, ovvero quando investa l'esercizio di poteri discrezionali-valutativi che hanno effetti sulla determinazione del canone e non semplicemente di accertamento tecnico dei presupposti fattuali (sia sull'an che sul quantum), la medesima è attratta nella sfera di competenza giurisdizionale del G.A..
Sintesi: L'art. 133, lett. b), cod. proc. amm. ha inteso far salva la giurisdizione del G.O. soltanto nell’ipotesi in cui la controversia non abbia ad oggetto la determinazione di canoni che implicano l’esercizio di una discrezionalità da parte della P.A., ossia non coinvolga la verifica dell’azione autoritativa di quest’ultima.
Sintesi: Le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi riservate, in materia di concessioni amministrative, alla giurisdizione del G.O. sono quelle contrassegnate da un contenuto meramente patrimoniale, attinente al rapporto interno tra P.A. concedente e concessionario del bene, contenuto in ordine al quale la contrapposizione tra le parti si presta ad essere schematizzata secondo il binomio “obbligo-pretesa”, senza che assuma rilievo un potere di intervento riservato alla P.A. per la tutela di interessi generali. Qualora, invece, la controversia esuli da tali limiti, coinvolgendo la verifica di come l’amministrazione ha esercitato i suoi poteri autoritativi incidendo sul rapporto concessorio, il conflitto tra P.A. e concessionario si configura secondo il binomio “potere-interesse” e viene attratto nella sfera di competenza giurisdizionale del G.A..
Estratto: «2.1. Va preliminarmente affermato che sulla questione sussiste la giurisdizione del Giudice Amministrativo.La giurisprudenza amministrativa ha affermato:- che “come rilevato dalla Corte regolatrice della giurisdizione … (…) …, le controversie concernenti indennità, canoni od altri corrispettivi riservate, in materia di concessioni amministrative, dall'art. 5, comma 2, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 [ora art. 133, lett. b), D. Lgs. 104/2010] alla giurisdizione del giudice ordinario sono quelle aventi un contenuto meramente patrimoniale, senza che assuma rilievo un potere di intervento della Pubblica amministrazione a tutela di interessi generali; quando, invece, la controversia coinvolga la verifica dell'azione autoritativa della Pubblica amministrazione sul rapporto concessorio sottostante, ovvero quando investa l'esercizio di poteri discrezionali-valutativi che hanno effetti sulla determinazione del canone e non semplicemente di accertamento tecnico dei presupposti fattuali (sia sull'an che sul quantum), la medesima è attratta nella sfera di competenza giurisdizionale del giudice amministrativo (in tal senso, Cass. Civ., SS.UU., 23 ottobre 2006 n. 22661)” (TAR, Lazio, Sez. II^ Ter, 4.11.2008, n. 956);- che “ai sensi dell’art. 5, l. n. 1034/1971 [ora art. 133, lett. b), D. Lgs. 104/2010], sulle concessioni di beni demaniali vi è la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ma resta ferma la giurisdizione del giudice ordinario per le controversie in tema di canoni, indennità e altri corrispettivi. Nell’esegesi di quest’ultima previsione, la più recente giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione è orientata nel senso che l’art. 5 in commento ha inteso far salva la giurisdizione del giudice ordinario soltanto nell’ipotesi in cui la controversia non abbia ad oggetto la determinazione di canoni che implicano l’esercizio di una discrezionalità da parte della p.a., ossia non coinvolga la verifica dell’azione autoritativa di quest’ultima” (Cass. civ., sez. un., 31 marzo 2005, n. 6744)” (C.S., Sez. VI^, 27.6.2006, n. 4090);- che “secondo giurisprudenza consolidata (cfr. Cass. Sez. Un. n. 411/2007), le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi riservate, in materia di concessioni amministrative, alla giurisdizione del giudice ordinario sono quelle contrassegnate da un contenuto meramente patrimoniale, attinente al rapporto interno tra p.a. concedente e concessionario del bene, contenuto in ordine al quale la contrapposizione tra le parti si presta ad essere schematizzata secondo il binomio “obbligo-pretesa”, senza che assuma rilievo un potere di intervento riservato alla p.a. per la tutela di interessi generali”. Qualora, invece, la controversia esuli da tali limiti, coinvolgendo la verifica di come l’amministrazione ha esercitato i suoi poteri autoritativi incidendo sul rapporto concessorio, il conflitto tra p.a. e concessionario si configura secondo il binomio “potere-interesse” e viene attratto nella sfera di competenza giurisdizionale del giudice amministrativo” (C.S., Sez. VI^, 3.2.2009, n. 586).Nella fattispecie dedotta in giudizio l’Associazione ricorrente ha impugnato provvedimenti relativi alla determinazione dell’ammontare degli indennizzi e alla richiesta di conguaglio quale corrispettivo per la concessione di beni demaniali, provvedimenti che sono stati adottati dall’Amministrazione nell’esercizio di un potere discrezionale-valutativo.E’ pertanto evidente che secondo i principi enucleati dalla giurisprudenza (sopra riportati) la giurisdizione appartiene, ai sensi della previsione di cui all’art. 133, lett. b), D. Lgs. 104/2010 (già art. 5 della L. 6.12.1971 n. 1034), al Giudice Amministrativo.»
Sintesi: La materia regolata dall'art. 1, co. 251, legge 296/2006 non ricade nella sfera di attribuzione del G.A..
Estratto: «I provvedimenti sono derivati dall’entrata in vigore dell’art. 1 comma 251 della legge 27.12.2006, n. 296, che ha modificato la modalità del computo delle somme dovute dai concessionari demaniali. Si è trattato di una delle consuete disposizioni volte ad incrementare le entrate del settore pubblico, ma in questa occasione il legislatore ha dettato direttamente le modalità del calcolo degli importi dovuti dai titolari, in relazione alla superficie occupata e alla natura dei beni utilizzati. In tal senso i provvedimenti gravati ripercorrono la modalità di determinazione adottata dal legislatore, e giungono alla quantificazione del dovuto effettuando una moltiplicazione, preceduta soltanto dalla premessa definitoria sulla natura del bene considerato.A tale stregua appare corretta la tesi sostenuta dalla difesa dell’amministrazione, che ha eccepito il difetto di giurisdizione del tribunale adito. Si tratta infatti di provvedimenti che non evidenziano alcun profilo discrezionale nell’attività impositiva, che si è limitata alla moltiplicazione della superficie per il parametro indicato dalla legge, previa la qualificazione della natura del suolo occupato. Si tratta pertanto di un’operazione che va al più contestata avanti al giudice ordinario, sede nella quale sarà possibile denunciare l’erroneità della qualificazione del parametro di commisurazione adottato così della somma complessivamente dovuta. In tal senso il tribunale ritiene di aderire alla recente giurisprudenza (ad esempio tar Campania, Napoli, 18.1.2010, n. 177, tar Sardegna 9.10.1009, n. 1513, tar Veneto 26.8.2009, n. 2344) che ha ritenuto che la materia regolata dall’art. 1 comma 251 della legge 27.12.2006, n. 296 non ricade nella sfera di attribuzione della giurisdizione amministrativa.»
Sintesi: Sussiste il difetto di giurisdizione del G.A., in favore del G.O., sulla controversia relativa alla rideterminazione del canone annuo relativo ad una concessione demaniale, qualora la P.A. si sia limitata ad applicare canoni normativi senza intervenire in alcun modo sul rapporto concessorio e senza fare uso di poteri discrezionali.
Estratto: «Ritenuto che sussiste il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in favore di quello ordinario, sulla controversia relativa alla rideterminazione del canone annuo relativo ad una concessione demaniale, essendosi nella specie l'Amministrazione limitata ad applicare canoni normativi senza intervenire in alcun modo sul rapporto concessorio...
[...omissis...]
Sintesi: In tema di concessione di beni pubblici, la giurisdizione del giudice ordinario non riguarda tutte le controversie in materia di indennità, canoni ed altri corrispettivi ma solo quelle relative ai diritti soggettivi, restando riservate al giudice amministrativo quelle che, implicando l'esercizio di poteri discrezionali della p.a., attengono ad interessi legittimi.
Estratto: «1. In via pregiudiziale va affrontata l’eccezione di difetto di giurisdizione avanzata dall’Amministrazione comunale.La stessa è infondata e va pertanto disattesa.Infatti nell’ipotesi di specie deve farsi applicazione di quel costante orientamento giurisprudenziale secondo il quale “ai sensi dell'art. 5 l. Tar” – ora art. 133 comma 1 lett. b) c.p.a.- “sulle concessione di beni demaniali vi è la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ma resta ferma la giurisdizione del giudice ordinario per le controversie in tema di canoni, indennità ed altri corrispettivi. Nell'esegesi di quest'ultima previsione, la più recente giurisprudenza delle sezioni unite della Cassazione è orientata nel senso che l'art. 5 ha inteso far salva la giurisdizione del giudice ordinario soltanto nell'ipotesi in cui la controversia non abbia ad oggetto la determinazione di canoni che implicano l'esercizio di una discrezionalità da parte della p.a., ossia non coinvolga la verifica dell'azione autoritativa di quest'ultima. Pertanto, la giurisdizione del giudice ordinario non riguarda tutte le controversie in materia di indennità, canoni ed altri corrispettivi ma solo quelle relative ai diritti soggettivi, restando riservate al giudice amministrativo quelle che, implicando l'esercizio di poteri discrezionali della p.a., attengono ad interessi legittimi. Se, dunque, la determinazione della misura del canone non consegue all'applicazione di criteri determinati, ma presuppone la corretta qualificazione del rapporto concessorio, viene in rilievo l'esercizio di un potere discrezionale della p.a. e si verte in tema di interessi legittimi, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo” (ex mulitiis Consiglio Stato , sez. VI, 27 giugno 2006 , n. 4090).E’ infatti indubbio che nell’ipotesi di specie si verta sulla determinazione del canone di concessione in via assolutamente discrezionale e non sulla base di criteri predeterminati a monte.»
Sintesi: La previsione normativa secondo cui la giurisdizione esclusiva del G.A. in materia di concessione di beni pubblici, non si estende alle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi (art. 133, co. 1, lett. b), cod. proc. amm.) va interpretata nel senso che la giurisdizione del G.O. ha per oggetto le controversie di contenuto meramente patrimoniale, ovvero inerenti quantificazione e pagamento dei corrispettivi in questione, e purché non entri in discussione la qualificazione del rapporto concessorio, con esercizio di poteri discrezionali da parte della P.A., dovendosi riconoscere in tal caso la cognizione del G.A., in presenza sia di interessi legittimi che di diritti soggettivi.
Sintesi: La rideterminazione del canone di occupazione di beni del demanio marittimo da parte dell'Autorità portuale, a seguito di una differente interpretazione e di una mutata classificazione della tipologia di occupazione, spetta alla giurisdizione amministrativa, presupponendo un provvedimento amministrativo con cui l'Autorità incide sull'economia dell'intero rapporto concessorio, attraverso l'esercizio di poteri autoritativi.
Sintesi: Sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo per il contenzioso relativo ai provvedimenti di rideterminazione del canone demaniale per le concessioni marittime, in applicazione dell’art. 1, co. 251, legge 296/2006, trattandosi non di mera quantificazione del canone, ma di integrale revisione previa ricognizione tecnico-discrezionale del carattere di pertinenze demaniali marittime delle opere, in precedenza realizzate dal concessionario, nonché in considerazione dell’inamovibilità, o meno, delle stesse.
Sintesi: Nel caso in cui il concessionario contesti in radice l'applicabilità dell’art. 1, co. 251, legge 296/2006 al rapporto concessorio in corso, e la qualificazione, data a determinate aree, e rilevante per la quantificazione del canone, la giurisdizione è del G.A..
Estratto: «3. Sulla questione della spettanza della giurisdizione in caso di rideterminazione dei canoni demaniali marittimi in applicazione della l. n. 296/2006 è sufficiente richiamare: a) l’ordinanza delle Sezioni unite della Corte di cassazione 17 giugno 2010, n. 14614, da cui si desume che la previsione normativa secondo cui la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di concessione di beni pubblici, non si estende alle controversie “concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi….” (art. 133, co. 1, lett. b), c.p.a., già art. 5, l. Ta.r.) va interpretata nel senso che la giurisdizione del giudice ordinario ha per oggetto le controversie di contenuto meramente patrimoniale, ovvero inerenti quantificazione e pagamento dei corrispettivi in questione, e purché non entri in discussione la qualificazione del rapporto concessorio, con esercizio di poteri discrezionali da parte dell’Amministrazione, dovendosi riconoscere in tal caso la cognizione del giudice amministrativo, in presenza sia di interessi legittimi che di diritti soggettivi;b) l’ordinanza delle Sezioni unite della Cassazione 1° luglio 2010, n. 15644 secondo cui la rideterminazione del canone di occupazione di beni del demanio marittimo da parte dell'Autorità portuale, a seguito di una differente interpretazione e di una mutata classificazione della tipologia di occupazione, spetta alla giurisdizione amministrativa, presupponendo un provvedimento amministrativo con cui l'Autorità incide sull'economia dell'intero rapporto concessorio, attraverso l'esercizio di poteri autoritativi.4. Anche la giurisprudenza della Sezione ha affermato che sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo per il contenzioso relativo ai provvedimenti di rideterminazione del canone demaniale per le concessioni marittime, in applicazione dell’art. 1, co. 251, l. n. 27 dicembre 2006, n. 296, trattandosi non di mera quantificazione del canone, ma di integrale revisione previa ricognizione tecnico-discrezionale del carattere di pertinenze demaniali marittime delle opere, in precedenza realizzate dal concessionario, nonché in considerazione dell’inamovibilità, o meno, delle stesse; la rideterminazione degli equilibri dell’intero rapporto concessorio, a seguito dell’applicazione della nuova normativa, non può dunque che configurare una fattispecie rientrante nella giurisdizione del giudice amministrativo, in conformità ai principi in precedenza richiamati (Cons. St, sez. VI, 26 maggio 2010, n. 3348).5. Nel caso di specie, con le censure articolate in ricorso, si fa questione non solo di misure del canone, ma in radice di applicabilità dell’art. 1, co. 251, l. n. 296/2006 al rapporto concessorio in corso, e si contesta altresì la qualificazione, data a determinate aree, e rilevante per la quantificazione del canone.6. Ne consegue che la controversia non è meramente patrimoniale, e, per l’effetto, l’appello va accolto, con conseguente annullamento con rinvio della sentenza gravata (art. 105, co. 1, c.p.a.).»
Sintesi: Sono devolute al giudice ordinario le questioni concernenti il mancato pagamento del canone di concessione e il risarcimento del danno conseguente all’inadempienza dell’obbligo di cura del bene pubblico.
Estratto: «Rileva innanzi tutto il Collegio che, per costante giurisprudenza, gli impianti sportivi comunali per il nuoto rientrano tra i beni del patrimonio indisponibile degli enti locali e, in particolare, giacché finalizzati a soddisfare l’interesse della collettività alle discipline sportive, sono ascrivibili ai beni destinati ad un pubblico servizio, onde gli stessi possono essere trasferiti nella disponibilità dei privati solo mediante concessione amministrativa, quale è quella in cui – come accade nella fattispecie – il privato gestisce l’impianto natatorio percependo il corrispettivo direttamente dagli utenti e corrispondendo un canone di concessione all’Amministrazione comunale, secondo lo schema tipico della concessione di servizio pubblico (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 15 novembre 2010 n. 8040).Da ciò potrebbe scaturire la riconducibilità della controversia alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 33 del d.lgs. n. 80 del 1998 (e, ora, dell’art. 133, lett.c), cod.proc.amm). Sennonché, a seguito del noto intervento in materia della Corte costituzionale (sent. n. 204/2004), l’ambito dei pubblici servizi può essere oramai oggetto di giurisdizione del giudice amministrativo solo se in esso l’Amministrazione agisce esercitando il suo potere di supremazia in connessione funzionale con la tutela dell’interesse pubblico affidato alle sue cure, non quando la lite, vertendo sulla mera inadempienza di singole prestazioni negoziali, riguarda unicamente il rapporto convenzionale delle parti e le reciproche posizioni di diritto e di obbligo – anche in vista dell’accertamento della responsabilità per danni del debitore inadempiente (sia questo il soggetto pubblico o il soggetto privato) –, con la conseguenza che restano assoggettate alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie, relative a situazioni di diritto soggettivo, in cui l’Amministrazione non sia coinvolta come autorità, ancorché le stesse scaturiscano da rapporti di tipo concessorio (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 4 maggio 2005 n. 2153; TAR Lombardia, Brescia, 27 giugno 2005 n. 673). E allora, poiché le domande giudiziali delle parti sono nella circostanza fondate sul mancato assolvimento di precise obbligazioni negoziali – l’una adducendo il mancato pagamento del canone di concessione e delle spese relative a varie utenze da parte della ditta che aveva assunto le gestione del bene e relative strutture (artt. 7 e 22 della convenzione) e l’altra pretendendo dall’ente concedente il risarcimento del danno conseguente all’inadempienza dell’obbligo di cura della manutenzione straordinaria dell’impianto natatorio –, e poiché le pronunce di incostituzionalità producono i loro effetti anche sui giudizi pendenti – onde non rileva che al momento dell’instaurazione della presente lite non fosse ancora intervenuta la richiamata decisione della Corte costituzionale e fosse ancora in vigore l’art. 33 del d.lgs. n. 80 del 1998 nel testo che faceva rientrare nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “…tutte le controversie in materia di pubblici servizi …” –, entrambe le domande giudiziali si rivelano inammissibili per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto relative a posizioni di diritto soggettivo devolute alla cognizione del giudice ordinario.Ne deriva la declaratoria di nullità del decreto ingiuntivo n. 1/2004 dell’8 gennaio 2004 (v. Cons. Stato, Sez. V, 9 aprile 2010 n. 2002).»
Sintesi: Va dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione il ricorso contro la determinazione del canone concessorio qualora dopo l'instaurazione del giudizio di fronte al G.A., a seguito della prospettazione dei dubbi da parte della P.A. convenuta, il ricorrente abbia instaurato analogo giudizio di fronte al G.O. e questo, con statuizione divenuta definitiva, abbia ritenuto la giurisdizione.
Estratto: «L’evoluzione del giudizio esime il Collegio dal fornire una ricostruzione dei fatti e delle censure mosse. La ricorrente, infatti, posta dinanzi ai dubbi sulla giurisdizione, sollevati già nella memoria di costituzione dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, ha incardinato giudizio avente identico oggetto e petitum dinanzi al giudice ordinario. Quest’ultimo ha ritenuto la giurisdizione, ravvisando, nel merito, la fondatezza della domanda attorea (sentenza del Tribunale civile di Palmi n. 13/09 del 9 gennaio 2009). La pronuncia è stata gravata dall’Avvocatura ma non in relazione alla giurisdizione, sulla quale pertanto è ormai calato il giudicato.L’avvocatura ora insiste per la condanna alle spese della ricorrente.Il collegio non ne ravvisa i presupposti. Trattasi di una questione - quella della giurisdizione in materia di canoni concessori - che ancora presenta coni d’ombra, segnatamente in relazione all’esatta individuazione della linea di riparto nelle ipotesi cui, pur trattandosi di controversie a carattere patrimoniale legate alla corretta determinazione del canone, l’amministrazione interviene autoritativamente sul rapporto concessorio a mezzo di un provvedimento la cui natura implica valutazioni caratterizzate da un certo margine di discrezionalità.Nel caso di specie esisteva una indubbia commistione di elementi, non potendo revocarsi in dubbio che la diversa quantificazione del canone da parte dell’Autorità portuale era basata sulla pregressa (presunta) illegittima applicazione di norme agevolatrici da parte dell’amministrazione, nonché sull’erroneo esercizio del potere, all’uopo concesso dalla legge congiuntamente al Ministero dei Trasporti ed a quello dell’Economia e Finanze, di ridurre il canone in ipotesi di rilevanti investimenti in aree economicamente depresse. E’ pur vero che l’eccezione dell’Avvocatura è stata tempestivamente sollevata e che la ricorrente ha impegnato contemporaneamente due giurisdizioni, ma è parimenti vero che dinanzi ad un non chiara e sicura indicazione dell’ordinamento, la ricorrente non poteva che optare, avuto evidentemente riguardo alla necessità di evitare decadenze - in epoca in cui la translatio iudicii non era ancora ammessa - per la giurisdizione amministrativa. Ciò è sufficiente a giustificare una decisione che lasci a carico di ciascuna delle parti le spese sostenute per il giudizio.In conclusione, il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, essendosi - sulla domanda - già pronunciato il giudice ordinario con sentenza, sul punto, passata in giudicato. Le spese del giudizio possono essere compensate sussistendone, giusto quanto sopra osservato, giusti motivi.»