GIUDIZIO --> GIURISDIZIONE E COMPETENZA --> INDENNITÀ --> CORTE D'APPELLO, COMPETENZA SPECIALE
Sintesi: In forza della speciale competenza in unico grado, la Corte d'Appello può (e deve) esclusivamente quantificare in concreto la misura dell'indennità restando alla medesima precluso l'esame di qualsiasi altra domanda - sia essa di natura reale/successoria o attinente a diritti di obbligazione; ne consegue che restano estranee all'oggetto del giudizio le domande con le quali il proprietario del fondo espropriato o la controparte invocano l'accertamento del suo diritto di proprietà sul medesimo in quanto ciò si risolverebbe nell'eliminazione del doppio grado di giurisdizione e nell'estensione di una competenza eccezionale al di fuori dello ambito di previsione.
Estratto: «Non è anzitutto esatto che la sentenza impugnata abbia attribuito ai C. l'intera somma di Euro 199.874 di cui al decreto di esproprio 1008/74 ed Euro Euro 155.647 di cui al Decreto n. 44 del 1976, essendosi invece limitata a determinare in tale misura l'indennità pacificamente corrispondente all'estensione di terreno individuata nei due provvedimenti ablatori (rispettivamente per mq.41.920 e 51.280: cfr. pag. 8 sent.: Cass. 5295/2000; 12367/1993), allora intestati al dante causa degli attuali ricorrenti, C. T.; e successivamente ad ordinarne il deposito presso la Cassa depositi e prestiti, in conformità al principio giurisprudenziale del tutto consolidato che in caso di espropriazione di bene indiviso non è richiesta l'indicazione della quota di spettanza dell'opponente o, in caso di opposizione cumulativa, delle quote di rispettiva spettanza di ciascuno degli opponenti: posto che l'opposizione del singolo comproprietario contro la stima dell'indennità è idonea a estendere il giudizio alla determinazione dell'intero diritto e quindi alla intera indennità anche a beneficio degli altri comproprietari non opponenti; e che l'obbligazione dell'espropriante e il relativo credito dell'opponente non hanno natura parziaria sicché non è configurabile la loro deduzione prò quota in giudizio ed il giudice deve determinare l'indennità in rapporto al bene considerato nel suo complesso ed unità, e non alle singole quote spettanti ai compartecipi. (Cass. sez. un. 10165/2003; 1159/2000, nonché 6873/2011). Salva rimanendo la conseguenza più volte evidenziata dalla giurisprudenza che detta comunione permane sull'indennità fino al momento in cui questa sarà divenuta definitiva e ne sarà disposto lo svincolo dall'autorità giudiziaria, sulla base dell'accordo delle parti o in ragione dei diritti degli espropriati di cui ciascuno è tenuto a fornire la rigorosa prova al momento in cui lo richiede.D'altra parte, fin dalle prime pronunce sulla speciale competenza in unico grado della Corte d'Appello, prevista dalla L. 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 19 e 20, è rimasta ferma la regola che la Corte suddetta può (e deve) esclusivamente quantificare in concreto la misura dell'indennità dovuta ai soggetti indicati dal ricordato art. 19 della legge; e che le è precluso l'esame di qualsiasi altra domanda - sia essa di natura reale/successoria o attinente a diritti di obbligazione - li che pur vi possono essere connesse, le quali vanno devolute secondo gli ordinari criteri di competenza per materia e valore. Per cui, questa Corte ha già affermato (Cass. 9172/2005; 3661/1984; 1480/1987) che restano estranee all'oggetto del giudizio le domande con le quali il proprietario del fondo espropriato o la controparte invocano l'accertamento del suo diritto di proprietà sul medesimo (o del suo diritto esclusivo, o per converso dei suoi limiti), escludendo altresì che ne sia possibile il cumulo oggettivo, nello stesso processo davanti alla Corte d'Appello, con la domanda di opposizione alla stima: in quanto ciò si risolverebbe per le prime nell'eliminazione del doppio grado di giurisdizione e nell'estensione di una competenza eccezionale al di fuori dello ambito di previsione.Pertanto neppure sotto tale profilo era consentito alla sentenza impugnata accertare e ricostruire la posizione di ciascuno dei coeredi di C.T., nonché di determinarne le quote onde adeguare ai risultati raggiunti la frazione di indennizzo ad ognuno dovuta: da quantificare invece, esclusivamente al momento del successivo svincolo.»
Sintesi: La speciale competenza in unico grado della corte di appello, prevista dalla L. n. 865 del 1971, artt. 19 e 20, ha ad oggetto l'opposizione avverso la stima dell'indennità di espropriazione o asservimento ed è limitata alle questioni relative al quantum di detta indennità e non riguarda le controversie nelle quali il privato chieda in via principale il risarcimento del danno, quando il fondo privato sia stato appreso sine titulo.
Estratto: «La speciale competenza in unico grado della corte di appello, prevista dalla L. n. 865 del 1971, artt. 19 e 20, ha ad oggetto l'opposizione avverso la stima dell'indennità di espropriazione o asservimento ed è limitata alle questioni relative al quantum di detta indennità e non riguarda le controversie nelle quali il privato chieda in via principale il risarcimento del danno, quando il fondo privato sia stato appreso sine titulo per la realizzazione di un elettrodotto (v. Cass. n. 2304/1985).»
Sintesi: In tema di servitù dì elettrodotto imposta con decreto prefettizio di asservimento, la causa di opposizione alla stima della relativa indennità rientra nella competenza della Corte d'Appello in unico grado, ancorché la procedura seguita per la misura di asservimento sia stata quella di cui alla L. n. 2359 del 1865, posto che l'art. 4 della L. n. 247 del 1974 estese la disciplina del titolo secondo della L. n. 865 del 1971 a tutte le espropriazioni preordinate alla realizzazione di opere ed interventi dello Stato e degli enti pubblici.
Estratto: «E', poi, da rilevare che, in tema di servitù di elettrodotto, la Suprema Corte ha indicato che: "In tema di servitù dì elettrodotto imposta con decreto prefettizio di asservimento, la causa di opposizione alla stima della relativa indennità rientra nella competenza della Corte d'Appello in unico grado, ancorché la procedura seguita per la misura di asservimento sia stata quella di cui alla L. n. 2359 del 1865, posto che l'art. 4 della L. n. 247 del 1974 estese la disciplina del titolo secondo della L. n. 865 del 1971 a tutte le espropriazioni preordinate alla realizzazione di opere ed interventi dello Stato e degli enti pubblici" (Cass. 8989/1989; cfr. anche 18928/2003).»
Sintesi: Sulla domanda risarcitoria non è competente la Corte d'Appello in unico grado, non estendendosi la competenza prevista dalla L. n. 865 del 1971, art. 19 a domande sia pure connesse, ma diverse per oggetto o titolo.
Estratto: «2.2 - Anche il secondo motivo del ricorso è infondato. Ed invero, non v'era necessità di pronuncia sulla domanda risarcitoria, in quanto sulla stessa la corte d'appello non era competente in unico grado, non estendendosi la competenza prevista dalla L. n. 865 del 1971, art. 19 a domande sia pure connesse, ma diverse per oggetto o titolo (vedi sul principio, Cass. 4090/2007, Cass. 13178/2006, Cass. 821/2004).»
Sintesi: La competenza in ordine alla domanda di condanna al pagamento dell'indennità di occupazione d'urgenza, devoluta alla Corte d'Appello dall'art. 19 della L. 22 ottobre 1971, configura un'ipotesi di competenza c.d. funzionale, intendendosi con tale espressione quello specifico riparto della funzione giurisdizionale previsto non già in relazione alla materia, al valore, o al territorio, bensì con riferimento al peculiare tipo di attività devoluta ad un determinato giudice, e non derogabile in forza di difforme volontà delle parti.
Estratto: «Quanto alla domanda finalizzata alla condanna delle convenute al pagamento dell'indennità di occupazione d'urgenza, occorre preliminarmente respingere l'eccezione dell'A.N.A.S. di incompetenza del Tribunale a pronunciarsi in tema di indennità di occupazione (trattandosi di materia devoluta alla competenza in unico grado della Corte d'Appello)...
[...omissis...]
Sintesi: La competenza funzionale della Corte d'appello in unico grado, prevista dall'art. 19 della legge n. 865 - 1971, deve applicarsi in tutti i casi di determinazione giudiziaria dell'indennità di esproprio nell'ambito del procedimento espropriativo promosso secondo il modello delineato dalla citata legge.
Estratto: «Il motivo attiene alla competenza ed è sostenuto in relazione ad una giurisprudenza della S.C. più recente rispetto a quella richiamata nella decisione impugnata.Leggesi in Cass. Sez. I 9 maggio 2000 n. 5848 (in motivazione): "La sent. 7191/97 delle sezioni unite di questa Corte, componendo il contrasto giurisprudenziale sorto in materia ha definitivamente chiarito come la competenza funzionale della Corte d'appello in unico grado, prevista dall'art. 19 della legge n. 865 - 1971, debba applicarsi in tutti i casi di determinazione giudiziaria dell'indennità di esproprio nell'ambito del procedimento espropriativo promosso secondo il modello delineato dalla citata legge: il superamento, infatti, dell'ottica di applicazione dell'art. 19 legge n. 865 - 1971 alle sole ipotesi di opposizione alla stima costituisce la risposta giurisprudenziale ai ripetuti interventi della Corte costituzionale che, con varie pronunce additive, ha in definitiva ampliato lo spettro normativo del vecchio art. 19, eliminandone, pertanto, l'originaria configurazione di norma eccezionale. E ciò vale - come pure espressamente chiarito nella suddetta sentenza - anche nel caso di cessione volontaria del bene, poiché la cessione costituisce pur sempre un meccanismo del procedimento espropriativo, sostitutivo del decreto di esproprio, - mentre - corrispettivo che il privato riceve per la perdita del bene rappresenta una diversa liquidazione dell'indennità" Cass. Sez. un. 05 agosto 1997 n. 7191, aveva (osservato che dopo le pronunce additive della Corte cost. 67/90, 470/90 e 486/90 il giudizio ex art. 19 L. 865/71 "non può più configurarsi come opposizione ad una stima che potrebbe non esserci, anzi non è più necessario che ci sia, ma come autonomo giudizio di cognizione per la determinazione giudiziaria dell'indennità di esproprio" e che "il corrispettivo della cessione, che è un contratto di diritto pubblico, anche se è denominato prezzo e non indennità è normativamente rapportato, nella determinazione della sua entità definitiva, all'indennità di esproprio secondo i vigenti criteri di determinazione, sicché "se l'abolizione di un grado di giurisdizione risponde ad esigenze di rapidità, lo stesso vale anche - ed anzi, a fortiori - per la determinazione definitiva di quel conguaglio più volte rinviato, per peculiari vicissitudini legislative del nostro ordinamento, in materia di indennità di esproprio, essendo la liquidazione del conguaglio strettamente connessa alla definizione normativa dei criteri concernenti l'indennità stessa".Questa Corte ritiene di aderire pienamente all'indirizzo espresso dalle Sez. Un., per cui rimane unicamente da vedere se la domanda, per come formulata, sia tale da essere attratta nella competenza della corte d'appello in grado unico. Al quesito deve darsi risposta affermativa in quanto in primo grado la parte attrice ha concluso (cfr. verbale udienza 31/05/2004) per il riconoscimento dell'importo determinato dal C.T.U. ing. (...) nella sua relazione depositata in data 13/01/2003, relazione nella quale era stata determinata la indennità di espropriazione sulla base dell'art. 5 bis della L. 359/92 non ancora dichiarato incostituzionale. Pare, quindi, evidente che la domanda debba essere intesa come diretta ad ottenere il conguaglio per la cessione volontaria rapportato alla misura della indennità di espropriazione.Conseguentemente, deve dichiararsi che la sentenza 225/94 è erronea per aver dichiarato - sussistente la - competenza dell'adito Tribunale, mentre la successiva sentenza di merito 32/05 è affetta da vizio di incompetenza, spettando questa non al Tribunale bensì alla Corte d'appello in grado unico.A questo punto devesi stabilire se questa Corte debba limitarsi ad accogliere il gravame assegnando un termine per la riassunzione dinanzi a se stessa in grado unico, oppure, definito il gravame con la rimozione delle sentenze impugnate, possa provvedere nel merito. Deve optarsi per tale seconda soluzione in tal modo accogliendo la sollecitazione della parte appellata (cfr. pag. 8 comparsa di risposta).Al riguardo occorre rilevare che in tal modo la (...) inequivocabilmente chiesto a questa Corte la determinazione del corrispettivo (prezzo) dovutole per la cessione volontaria e che secondo la S.C. (cfr. sentenze sez. 125 giugno 2007 n. 14687 e sez. 124 novembre 2006 n. 25013) ove il Tribunale abbia provveduto nel merito in ordine a domanda riservata alla competenza in grado unico della Corte d'appello, questa non può limitarsi alle statuizioni proprie del giudice di secondo grado, dovendo, ove richiestane, provvedere autonomamente alla determinazione dell'importo dovuto (le sentenze citate si riferiscono alla indennità di occupazione legittima).»
Sintesi: Quando il modello procedimentale adottato per l'espropriazione è quello di cui alla L. 865 del 1971, competente a conoscere la controversia sulla determinazione dell'indennità di occupazione e d'espropriazione è la Corte d'appello in unico grado, anche se la stima non sia stata effettuata dalla commissione istituita in ogni provincia.
Estratto: «L'eccezione di incompetenza di questo Giudice è infondata, atteso che a ai sensi degli artt. 19 e 20 legge 22 ottobre 1971, n. 865 (norme queste abrogate dall'art. 58, D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, a decorrere dal 30 giugno 2003, ai sensi dell'art. 2, d.l. 20 giugno 2002, n. 122, conv., con modificazioni, in l. 1 agosto 2002, n. 185) l'opposizione alla stima dell'indennità di espropriazione e di occupazione va proposta innanzi alla Corte d'Appello in unico grado competente per territorio. Ed invero, lo speciale rimedio previsto da tali norme è stato trasformato dalle sentenze additive della Corte Costituzionale che hanno esteso la competenza della Corte d'Appello in unico grado a tutti i casi in cui si abbia un'espropriazione secondo l'indicata legge, anche in difetto della stima amministrativa dell'indennità ed il criterio per determinare la competenza a conoscere la domanda di liquidazione di detta indennità deve essere fondato unicamente sul modello procedimentale adottato per l'espropriazione, che, quando sia quello di cui alla L. 865 del 1971, comporta che in ogni caso competente a conoscere la controversia sulla determinazione dell'indennità di occupazione e d'espropriazione è la Corte d'appello in unico grado, anche se la stima non sia stata effettuata dalla commissione istituita in ogni provincia (art. 16) e, prima del suo insediamento, dall'U.T.E. (art. 19, 2 comma 1 28 gennaio 1977 n. 10) (cfr. in tal senso Cass. 14 marzo 2000 n. 2915). La competenza in unico grado della Corte di Appello trova fondamento nelle esigenze di celerità del procedimento che la legge favorisce pure con altri strumenti, volendo facilitare accordi tra le parti e usando un rito che limita all'unico grado la cognizione di merito della causa di natura eccezionale, ma non speciale, per cui non può estendersi a domande diverse da quella di liquidazione delle indennità (cfr. Cass. 5263/2002).»
Sintesi: Sussiste la competenza in unico grado della Corte di Appello per le cause aventi ad oggetto l'opposizione alla stima in tutti i casi in cui l'espropriazione sia avvenuta secondo il modello procedimentale previsto dalla legge n. 865/71.
Estratto: «Deve premettersi che la procedura espropriativa si è svolta secondo il modello procedimentale di cui alla L. n. 765/1971 richiamata espressamente nel decreto di occupazione di urgenza. L'art. 19 L. n. 865/1971 prevede, tuttavia, la competenza in unico grado della Corte di Appello per le cause aventi ad oggetto l'opposizione alla stima in tutti i casi in cui l'espropriazione sia avvenuta secondo il modello procedimentale previsto dalla medesima legge. E' altresì noto che se nel sistema originario la competenza della Corte di appello presupponeva una determinazione amministrativa dell'indennità, la giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Cassazione ha da tempo superato l'assunto. Deve premettersi che già la Corte Costituzionale, intervenendo in materia con la sentenza n. 67/1990, aveva ampliato l'ambito di applicabilità del vecchio art. 19 - ai sensi del quale il giudizio di determinazione del quantum dell'indennità di esproprio (e anche di occupazione) presupponeva una specifica determinazione amministrativa delle stesse indennità, da parte dell'apposita Commissione presso l'Ufficio tecnico erariale, prevista dall'art. 14 L. 10/1977 che ha novellato gli artt. 15 e 16 L. 865/1971, nonché la relativa offerta all'espropriando - prevedendo che il privato potesse ugualmente rivolgersi all'autorità giudiziaria, onde chiedere il riconoscimento del suo diritto all'indennità e la determinazione giudiziale dello stesso con conseguente condanna della P.A. espropriante al pagamento di quanto giudiziariamente determinato, anche nella ipotesi in cui questa determinazione fosse mancata. La successiva giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 7472/1992), prendendo atto di detto nuovo indirizzo, ha avuto cura di rilevare che se il procedimento espropriativo è avvenuto nelle forme della legge del 1971, il fatto che sia mancata la stima da parte della Commissione provinciale presso l'UTE non può incidere sulla competenza del giudice, con la conseguenza che la competenza resta della Corte d'appello, pur se sia mancata, come nel caso di specie, una stima definitiva da parte degli organismi competenti in via amministrativa. Ne consegue che il giudizio instaurato dal privato non può più configurarsi come opposizione ad una stima - che non è più necessario che ci sia - ma come autonomo giudizio di cognizione per la determinazione giudiziaria dell'indennità.»
Sintesi: La competenza per la liquidazione del danno da occupazione illegittima appartiene al Tribunale, secondo le ordinarie regole di competenza per valore, mentre la speciale competenza della Corte d’appello in unico grado resta limitata, L. 22 ottobre 1971, n. 865, ex art. 20 alla determinazione dell’indennità per il periodo di legittima occupazione.
Estratto: «L’interpretazione dell’atto in parola operata dal giudice del merito - suscettibile di sindacato in questa sede di legittimita’, giacche’ in tema di competenza la Corte di Cassazione deve estendere la sua indagine all’esame dei fatti (anche processuali) - e’ inoppugnabile, avendo i riassumenti chiaramente insistito nella richiesta di condanna di Comune e terzo chiamato in causa al risarcimento del danno da occupazione appropriativa. Del pari ineccepibile e’ l’iter logico giuridico con cui la corte ha escluso che, a seguito della sopravvenuta emanazione del decreto di esproprio, si sia verificata nella specie la c.d. conversione della predetta domanda nell’opposizione alla stima. Invero, da un canto, il decreto di esproprio e’ stato emesso tardivamente e comunque dopo la realizzazione dell’opera pubblica, vale a dire, dopo il perfezionamento dell’acquisto a titolo originario della proprieta’ (del fondo) alla mano pubblica, risultando, in tal guisa, inutile e privo di effetti; d’altro canto, gli attori, pur avendo avuto contezza dell’emanazione del provvedimento ablatorio, hanno reindirizzato alla Corte la pretesa risarcitoria nei confronti delle parti convenute. Ora, questa Corte di cassazione, considerata la diversita’ del credito risarcitorio per l’occupazione appropriativa rispetto al credito inerente all’indennita’ per il periodo di legittima occupazione, ha sempre precisato che la competenza per la liquidazione del danno da occupazione illegittima appartiene al Tribunale, secondo le ordinarie regole di competenza per valore, mentre la speciale competenza della Corte d’appello in unico grado resta limitata, L. 22 ottobre 1971, n. 865, ex art. 20 alla determinazione dell’indennita’ per il periodo di legittima occupazione (cfr., e plurimis, Cass. nn. 350/2000, 4985/1998, 1302/1990).Le domande del privato di condanna dell’ente pubblico al risarcimento del danno per irreversibile trasformazione del suolo a seguito dell’esecuzione su di esso di un’opera pubblica e al pagamento dell’indennita’ di occupazione legittima, ancorche’ cumulativamente proposte nello stesso giudizio, spettano, dunque, rispettivamente al giudice di primo grado e alla Corte di appello, in unico grado, perche’ l’illecito aquiliano non puo’ concettualmente realizzarsi durante il periodo di occupazione legittima, neppure se nel decorso di questo e in assenza di un decreto di esproprio e’ completata l’opera, e viceversa tale illecito si realizza a decorrere dal termine dell’occupazione legittima.»
Sintesi: La speciale competenza in unico grado della Corte di appello, prevista dalla L. 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 19 e 20, è limitata alle domande inerenti alla determinazione amministrativa dell'indennità di espropriazione e di occupazione, mentre non può estendersi ad altre domande estranee a tale speciale competenza, quale la domanda di risarcimento dei danni subiti dal privato in relazione all'asserito illecito sconfinamento.
Estratto: «- la fattispecie, qualificabile come "occupazione usurpativa", ovvero come manipolazione del fondo di proprietà privata in assenza di dichiarazione di pubblica utilità, è costituita da un comportamento di fatto dell'amministrazione, in assenza di dichiarazione di pubblica utilità, che in effetti è ravvisabile anche per i terreni nei quali nel corso dell'esecuzione dell'opera pubblica, si sia verificato uno sconfinamento da aree legittimamente occupate (cfr Cass. Su 200703723).- ineccepibilmente, peraltro, la Corte di appello ha affermato che la sua speciale competenza in unico grado, prevista dalla L. 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 19 e 20, era limitata esclusivamente alle domande formulate dall' A. negli atti di citazione e di intervento, inerenti alla determinazione amministrativa dell'indennità di espropriazione di mq 649 ed all'indennità di occupazione legittima di mq 45, sulle quali poi si è pronunciata favorevolmente per il ricorrente, mentre non poteva estendersi ad altre domande estranee a tale speciale competenza, quale la domanda di risarcimento dei danni subiti da detta parte in relazione all'asserito illecito sconfinamento, essenzialmente ritenendo, sia pure per implicito, che tale sconfinamento, suscettibile di autonomo rilievo, in diversa sede giudiziaria, non interferisse con il conseguimento degli indennizzi relativi alle porzioni di terreno legittimamente occupate temporaneamente e poi definitivamente ablate, nel senso di determinare la riconduzione dell'intera vicenda nell'ambito di una occupazione temporanea e definitiva illecita;»
Sintesi: In fattispecie risarcitoria non sussiste la speciale competenza in primo grado della Corte d'Appello, che ricorre solo quando, in presenza di una efficace dichiarazione di pubblica utilità e dell'emissione, all'esito della conclusione del procedimento ablativo di un valido decreto di esproprio (o di asservimento), il proprietario contesti la misura delle indennità (di occupazione o di espropriazione o di asservimento).
Estratto: «E' fondata e va accolta l'eccezione di incompetenza funzionale di questa Corte a decidere della controversia.E' lo stesso Pi. ad affermare - sia nell'atto di citazione che nella memoria depositata l'11.12.07 - che il decreto da lui impugnato è stato emesso ai sensi dell'art. 43 comma 6 del D.P.R. n. 327/01...
[...omissis...]
Sintesi: Dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 470 del 1990, qualora il procedimento espropriativo segua il modello previsto dalla L. n. 865/1971, sia il giudizio di opposizione alla stima dell'indennità di occupazione (legittima) effettuata in sede amministrativa sia il giudizio di determinazione del giusto importo di tale indennità che non sia stato ancora determinato in sede amministrativa, rientrano nella competenza per materia della Corte d'appello quale giudice di primo ed unico grado di merito.
Estratto: «1. L'eccezione formulata dal Comune convenuto per contestare la competenza per materia di questa Corte in ordine alla domanda avanzata dal Pa. è infondata.Dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 470 del 1990, qualora, come nella specie, il procedimento espropriativo segua il modello previsto dalla legge 22 ottobre 1971, n. 865, sia il giudizio di opposizione alla stima dell'indennità di occupazione (legittima) effettuata in sede amministrativa sia il giudizio di determinazione del giusto importo di tale indennità che non sia stato ancora determinato in sede amministrativa rientrano, infatti, nella competenza per materia della corte d'appello quale giudice di primo ed unico grado di merito (v. Cass., 17 marzo 1998, n. 2868).»
Sintesi: Il giudizio instaurato innanzi alla Corte d’Appello può riguardare solo la determinazione dell’indennità a seguito di procedura espropriativa legittima e non anche il risarcimento del danno conseguente ad annullamento degli atti del procedimento, la cui domanda va proposta al giudice amministrativo.
Estratto: «Nella memoria del 27 marzo 2009 la RFI eccepisce che sarebbe venuto meno l’interesse alla decisione del ricorso dal momento che è sopraggiunta l’irreversibile trasformazione del fondo ablato e che, dunque, residuerebbe esclusivamente un profilo attinente alla mera monetizzazione dell’area per il quale sarebbe stato instaurato giudizio innanzi alla Corte d’Appello territorialmente competente. L’eccezione non può essere accolta perché, come è noto, il giudizio instaurato innanzi alla Corte d’Appello può riguardare solo la determinazione dell’indennità a seguito di procedura espropriativa legittima; qualora invece gli atti della procedura ablativa dovessero essere dichiarati illegittimi la parte avrebbe interesse ad ottenere il risarcimento del danno sotto forma di restituzione e/o risarcimento per equivalente con giudizio da instaurare innanzi al giudice amministrativo.»
Sintesi: La competenza della Corte di Appello in unico grado è prevista esclusivamente con riferimento al procedimento ablatorio, con estraneità di qualsivoglia aspetto risarcitorio.
Estratto: «A prescindere da qualsiasi considerazione in rito anche in relazione ai titoli dedotti in giudizio, non può che rilevarsi come una siffatta domanda risarcitoria non possa essere proposta in questa sede, essendo la competenza della Corte di Appello in unico grado prevista esclusivamente con riferimento al procedimento ablatorio, con estraneità di qualsivoglia aspetto risarcitorio (peraltro, privando la controparte di un grado di giurisdizione, previsto per le cause risarcitorie).»
Sintesi: La competenza sulla domanda di condanna dell'ente pubblico al pagamento dell'indennità di occupazione legittima spetta alla corte d'appello in unico grado.
Estratto: «Premesso che la competenza sulle domande di condanna dell'ente pubblico al pagamento dell'indennità di occupazione legittima ed al risarcimento del danno per irreversibile trasformazione del suolo a seguito dell'esecuzione di un'opera pubblica spetta, rispettivamente, alla corte d'appello in unico grado e al giudice di primo grado...
[...omissis...]
GIUDIZIO --> GIURISDIZIONE E COMPETENZA --> INDENNITÀ --> CORTE D'APPELLO, COMPETENZA SPECIALE --> CONDIZIONI
Sintesi: L'art. 19 della L. n. 865/71 è norma speciale che deroga al principio generale del doppio grado di giurisdizione di merito. Il testo di tale norma speciale attribuisce alla competenza in unico grado della Corte d'Appello esclusivamente le cause di opposizione alla stima; è da escludere un'interpretazione estensiva della norma che conduca ad una sua applicazione anche ai casi in cui non vi è stata alcuna stima dell'ufficio tecnico erariale e la determinazione dell'indennità da parte della P.A.
Estratto: «Con il secondo motivo il Comune di Roma si duole che il Tribunale abbia rigettato l'eccezione di incompetenza per materia sollevata in relazione alla domanda di pagamento dell'indennità per il periodo di legittima occupazione del terreno di proprietà della Cl. s.r.l..Lamenta l'appellante principale che il Tribunale ha errato nel non ritenere applicabile alla domanda di indennità per il periodo di occupazione legittima l'art. 19 della L. 22 ottobre 1971, n. 865.Ritiene la Corte che il motivo non sia fondato.Non ignora questo Collegio che l'interpretazione di gran lunga prevalente, anche in sede di legittimità, dell'art. 19, L. 865/1971 ritenga la norma applicabile anche ai casi in cui, non essendosi mai validamente concluso il procedimento di espropriazione, la P.A. non abbia mai neppure stimato il bene occupato e non abbia mai offerto al privato l'indennità per il periodo di occupazione legittima (vedi, in senso contrario, soltanto Cass. 6565/1977, che, però, prende le mosse dal presupposto che la mancata emanazione del decreto di espropriazione fa venire meno la legittimità di qualsivoglia periodo di occupazione).Ritiene però questo Collegio che la menzionata interpretazione del citato art. 19 non sia più compatibile con la Carta Costituzionale a causa delle modifiche apportate all'art. 111 Cost..Ed infatti l'art. 19, L. 865/1971 recita:"Entro trenta giorni dall'inserzione dell'avviso del deposito della relazione dell'ufficio tecnico erariale nel foglio degli annunci legali della provincia, i proprietari e gli altri interessati al pagamento dell'indennità possono proporre opposizione alla stima dell'ufficio tecnico erariale davanti alla corte d'appello competente per territorio, con atto di citazione notificato all'espropriante".Ebbene, l'art. 19 è norma speciale che deroga al principio generale del doppio grado di giurisdizione di merito. Il testo di tale norma speciale attribuisce alla competenza in unico grado della Corte d'Appello esclusivamente le cause di opposizione alla stima dell'ufficio tecnico erariale. Applicare tale norma anche ai casi in cui non vi è stata mai alcuna stima dell'ufficio tecnico erariale e mai vi è stata la determinazione dell'indennità da parte della P.A. significa, quindi, offrire una interpretazione "estensiva" della norma.Ritiene il Collegio che tale interpretazione estensiva oggi non sia più consentita a causa della intervenuta modifica dell'art. 111 Cost. che introduce il principio di ragionevole durata del processo.Come hanno recentemente osservato le Sezioni Unite della Corte di Cassazione: "...il principio di ragionevole durata del processo, per quanto rivolto al legislatore, ben può fungere da parametro di costituzionalità con riguardo a quelle norme processuali le quali - rispetto al fine primario del processo che consiste nella realizzazione del "diritto delle parti ad ottenere una risposta, affermativa o negativa, in ordine al bene della vita oggetto della loro contesa" (v. Corte Cost. n. 77 del 2007 cit.) - prevedano rallentamenti o tempi lunghi, inutili passaggi di atti da un organo all'altro, formalità superflue non giustificate da garanzie difensive né da esigenze repressive o di altro genere". (Cass. S.U. 5 ottobre 2008, n. 24883).Ebbene, in tutti i casi in cui la Pubblica Amministrazione si appropria - senza rispettare la legge e, quindi, commettendo un fatto illecito - di beni di proprietà privata, senza portare a termine il prescritto procedimento di espropriazione, la (prevalente) interpretazione estensiva (e derogatrice dei principi generali del diritto processuale) della norma in esame costringe ineluttabilmente il danneggiato che voglia ottenere il ristoro integrale dei danni sopportati a promuovere e coltivare due diversi processi. Nel corso di tali processi il danneggiato dovrà allegare e provare le medesime circostanze e l'unica distinzione riguarderà la parte di danno da liquidare. Né rileva la diversità del titolo del diritto, essendo tale diversità (ammesso che sussista) limitata alla parte in diritto della "causa petendi", restando identica la parte in fatto e, pertanto, restando assolutamente identici i fatti storici da provare.Tale inutile duplicazione dei processi (e di costi, tanto per il privato quanto per lo Stato) per la definizione delle controversie nascenti da un unico fatto storico (anche se di durata) si configura proprio come una di quelle formalità superflue non giustificate da garanzie difensive né da esigenze repressive o di altro genere, che, se inequivocabilmente contenuta in una norma, esporrebbe quest'ultima al rischio di una pronuncia di incostituzionalità.Nel caso in esame a scongiurare ogni rischio di incostituzionalità non occorre alcun particolare sforzo interpretativo, essendo sufficiente una interpretazione letterale della norma che ne rispetti il presupposto applicativo, esplicitamente dichiarato, dell'esistenza di una stima dell'ufficio tecnico erariale. Il rispetto del menzionato presupposto applicativo comporterà l'esclusione della competenza in unico grado della Corte d'appello in quasi tutti i casi di omesso completamento del procedimento espropriativo, atteso che quasi sempre quando manca un valido decreto di espropriazione manca anche la stima effettuata dall'ufficio tecnico erariale. Ciò comporterà che in quasi tutti i casi di condotta illecita della P.A. il privato potrà ottenere tutto quanto a lui dovuto incardinando un unico processo.Per i sopra esposti motivi va affermata la competenza in primo grado del Tribunale e va rigettato il motivo di impugnazione.»