Sintesi: Soltanto l'attribuzione a privati dell'utilizzazione di beni del demanio o del patrimonio indisponibile dello Stato o dei comuni, quale che sia la terminologia adottata nella convenzione ed ancorché presenti elementi privatistici, è sempre riconducibile, ove non risulti diversamente, alla figura della concessione-contratto, atteso che il godimento dei beni pubblici, stante la loro destinazione alla diretta realizzazione di interessi pubblici, può essere legittimamente attribuito ad un soggetto diverso dall'ente titolare del bene - entro certi limiti e per alcune utilità - solo mediante concessione amministrativa.
Estratto: «2. In primo luogo, occorre esaminare il motivo di appello con cui, ai sensi dell’articolo 9 Cod. proc. amm., l’IPAB appellante ha lamentato che il primo giudice abbia erroneamente omesso di declinare la propria giurisdizione in favore di quella del giudice ordinario.
[...omissis...]
Sintesi: L'attribuzione a privati di beni del demanio o del patrimonio indisponibile dello Stato o del Comune - quale che sia la terminologia adottata in sede di convenzione e ancorché presenti elementi non strettamente pubblicistici - è comunque riconducibile all'istituto concessorio, con ogni conseguenza in punto di giurisdizione.
Sintesi: Rientra nella giurisdizione esclusiva del G.A. la controversia originata dalla richiesta del concessionario di bene demaniale di risarcimento dei danni per inadempimento della P.A. di una concessione contratto - con conseguente risoluzione - se è in discussione il rapporto concessorio nel suo momento genetico o funzionale.
Sintesi: Sussiste la giurisdizione del G.A. sulla domanda di accertamento della nullità per impossibilità dell’oggetto di una convenzione stipulata nell'ambito di una concessione di bene pubblico.
Estratto: «3. . Il presente ricorso si manifesta come un giudizio di accertamento. Questo collegio ritiene che il petitum sia ammissibile trattandosi di giurisdizione esclusiva in materia di concessioni, per cui questo tribunale è investito, a norma del codice, dell'esame non solo degli interessi legittimi ma anche dei diritti soggettivi coinvolti nella questione.Va invero applicata alla fattispecie la previsione di cui all'articolo 133 del Codice, secondo cui rientrano nell'ambito della giurisdizione esclusiva le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti in tema di concessione di beni pubblici, escludendo le controversie in tema d’indennità, canoni e altri corrispettivi (la convenzione all'origine dei fatti di causa ha ad oggetto la concessione di un bene pubblico demaniale portuale).Sotto tale aspetto, giova sottolineare che, già nella vigenza dell'articolo 5 della legge 6 dicembre 1971, n.1034, la giurisprudenza aveva affermato (con statuizioni di persistente validità anche dopo l'entrata in vigore del Codice del processo amministrativo) che l'attribuzione a privati di beni del demanio o del patrimonio indisponibile dello Stato o del Comune - quale che sia la terminologia adottata in sede di convenzione e ancorché presenti elementi non strettamente pubblicistici - è comunque riconducibile all'istituto concessorio, con ogni conseguenza in punto di giurisdizione ex art. 5 l. n. 1034 cit. (Cass., SS.UU., 27 maggio 2009, 12251; 9 maggio 2002, n. 6687; 19 febbraio 1999, n. 79).3.1 Del pari, nella vigenza dell'articolo 5 della l. n. 1034 del 1971, la Corte di Cassazione aveva stabilito che rientra nella giurisdizione esclusiva amministrativa ai sensi dell'art. 5 la controversia originata dalla richiesta del concessionario di bene demaniale di risarcimento dei danni per inadempimento dell'amministrazione - con conseguente risoluzione - se è in discussione il rapporto concessorio nel suo momento genetico o funzionale (così Cass., SS.UU., 11 marzo 2002, n. 3533). Si tratta di regola che può trovare applicazione anche nell'ipotesi che qui ricorre, in cui sia il privato a domandare l’accertamento della nullità per impossibilità dell’oggetto di una convenzione stipulata nell'ambito di una concessione di bene pubblico.Questi princìpi sono stati confermati dapprima dall'articolo 44 della l. 18 giugno 2009, n. 69 (il quale, al comma 2, lett. b), sub 4) ha previsto che, in sede di stesura del Codice, la disciplina delle azioni avrebbe dovuto essere delineata in modo da contemplare tutte le pronunce dichiarative, costitutive e di condanna idonee a soddisfare la pretesa della parte vittoriosa) e poi dall'articolo 7 del Codice del processo amministrativo, il cui comma 7 ha stabilito che, nell'ambito del processo amministrativo, il principio di effettività è realizzato anche attraverso la concentrazione di ogni forma di tutela degli interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, dei diritti soggettivi.3.2 È pertanto riferibile alla giurisdizione amministrativa esclusiva e tutelabile nelle forme e secondo la tipologia delle azioni in concreto esercitabili dinanzi a questo giudice la controversia in esame, nel cui ambito si fa in primis questione dell'accertamento dei profili di nullità relativi a un atto convenzionale e delle relative conseguenze in punto di risoluzione del contratto (Consiglio di Stato, 6297 del 2012).3.3 La concessione - contratto invero si può definire agevolmente come un contratto di diritto pubblico, avendo a oggetto un bene demaniale e come soggetto concedente un ente pubblico e implicando una natura sostanzialmente negoziale anche se ineguale tra le parti. Peraltro, sulla base dell'articolo 1 della legge 241 del 1990, la pubblica amministrazione, quando non utilizza strumenti di tipo autoritativo, agisce con strumenti di diritto privato, quindi appare corretta l'impostazione di parte ricorrente che si richiama a un principio e a una norma (art. 1418 del codice civile) in materia civilistica e contrattuale, secondo cui si considera ab origine nullo un contratto avente un oggetto impossibile. 3.4 Circa gli atti negoziali posti in essere dalla pubblica amministrazione, si rileva come la concessione demaniale abbia perso la connotazione di atto unilaterale, espressione di un potere autoritativo, per assumere le connotazioni di un modulo convenzionale, assimilando in tal modo la concessione al contratto, con conseguente applicabilità dell’art 1418 cc e ripercussione immediata sulla concessione che è causa della convenzione (si veda, in fattispecie analoga, TAR Puglia, Lecce, 7 giugno 2013. n. 1347).Va peraltro osservato che, secondo la nota impostazione civilistica, l’impossibilità originaria dell’oggetto deve risultare assoluta, non potendosi limitare a una mera difficoltà, per quanto grave e gravosa.3.5 Invero, la fattispecie si inquadra nell’attuale concezione del potere amministrativo, che può esplicarsi, sempre nel pubblico interesse, sia tramite atti autoritativi sia tramite atti consensuali e paritari; ciò emerge sia dall’articolo 1 della legge 241 del 1990, che pone sullo stesso piano i provvedimenti amministrativi e il ricorso ad atti di diritto privato, sia dal correlato articolo 11 della medesima legge, relativo agli accordi stipulati dalla pubblica amministrazione, sia infine dall’articolo 7 del Codice del processo amministrativo, che collega al potere amministrativo sia gli atti amministrativi sia gli accordi. In tale contesto risulta quindi corretto che, nell’interpretare e applicare alcuni istituti, come le concessioni e le convenzioni, si ricorra a canoni e princìpi sia pubblicistici sia privatistici.»
Sintesi: Appartiene alla giurisdizione esclusiva del G.A.. la controversia avente ad oggetto la gestione degli impianti sportivi, che rientrano nel patrimonio indisponibile del Comune.
Estratto: «1. La lite deve essere decisa da questo Tribunale. Il rapporto tra l’Ente locale e le due Società sportive si configura, infatti, come concessione di un bene pubblico (lo stadio di B.), ed appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la controversia avente ad oggetto la gestione degli impianti sportivi, che rientrano nel patrimonio indisponibile del Comune: essi sono destinati ad un pubblico servizio – essendo finalizzati a soddisfare proprio l'interesse dell'intera collettività alle discipline sportive – e possono essere trasferiti nella disponibilità dei privati perché ne facciano un uso ben determinato solo mediante concessione amministrativa (cfr. Consiglio di Stato, sez. V – 6/2/2013 n. 698, che ha affrontato una causa afferente ad impianti dedicati al nuoto). 1.1 Con particolare riguardo alla concessione a terzi di uno stadio comunale, anche la Corte di Cassazione (cfr. sez. unite civili – 23/7/2001 n. 10013) ha affermato che si tratta di un impianto che appartiene al patrimonio indisponibile del Comune ai sensi dell'art. 826 ultimo comma del c.c., e di conseguenza – qualora sia messo a disposizione di privati con provvedimento autoritativo unilaterale per determinati usi – le controversie relative al rapporto concessorio restano devolute al giudice amministrativo (per un’applicazione concernente un impianto sportivo si veda anche T.A.R. Puglia Lecce Sez. III, 22-04-2010, n. 977). In verità, la Corte di Cassazione e il T.A.R. Lecce hanno fatto applicazione del previgente art. 5 comma 1 della L. 6/12/1971 n. 1034, ma oggi una disposizione sostanzialmente analoga è racchiusa nell’art. 133 comma 1 lett. b) del Codice del processo amministrativo.1.2 Nella specie affrontata, peraltro, l’atto di concessione ha pacificamente ad oggetto il bene pubblico “stadio” e non direttamente un servizio pubblico, come emerge dagli elementi essenziali della convenzione: la stessa prevede la fissazione di un canone variabile come corrispettivo per il bene dato in godimento e in gestione, impone alle concessionarie di provvedere alla custodia dell’impianto, nonché agli interventi di manutenzione ordinaria e alla cura del terreno di gioco, ed ammette infine l’autorizzazione a terzi a fini ricreativi (cfr. T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I – 29/4/2009 n. 358; a contrario T.A.R. Lombardia Brescia, sez. II – 2/5/2012 n. 732, dove si è ravvisata una concessione di pubblico servizio in quanto l’attività equestre “da promuovere in tutti i suoi aspetti anche con iniziative di carattere educativo e sociale ed azioni mirate al recupero dei disabili (art. 1 convenzione) assume una rilevanza fondamentale e preponderante, mentre la messa a disposizione di mezzi e strutture è strumentale all’erogazione del servizio”).»
Sintesi: Solo l'attribuzione a privati dell'utilizzazione di beni del demanio o del patrimonio indisponibile, quale che sia la terminologia adottata nella convenzione ed ancorché essa presenti elementi privatistici, è sempre riconducibile, ove non risulti diversamente, alla figura della concessione-contratto, atteso che il godimento dei beni pubblici, stante la loro destinazione alla diretta realizzazione di interessi pubblici, può essere legittimamente attribuito ad un soggetto diverso dall'ente titolare del bene - entro certi limiti e per alcune utilità - solo mediante concessione amministrativa.
Estratto: «Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione, tenuto conto che la delibera giuntale si presenta come atto per così dire “inutile”, poiché il contratto di locazione aveva già esaurito i suoi effetti in virtù dell’intervenuta disdetta del 30.10.2003D’altro canto come precisato dalla Corte di Cassazione...
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Sintesi: L'art. 133, lett. b) cod. proc. amm. deve essere interpretata nel senso che la giurisdizione esclusiva del tribunale amministrativo regionale sussiste anche in assenza d'impugnativa di un atto o provvedimento dell'autorità pubblica, purché la controversia, promossa per il rifiuto dell'autorità stessa di riconoscere il diritto preteso dal concessionario, coinvolga il contenuto dell'atto concessorio e cioè i diritti e gli obblighi dell'Amministrazione e del concessionario.
Estratto: «8. La controversia ha per oggetto l'accertamento, richiesto dalla SEA, della proprietà delle opere e delle infrastrutture eseguite dalla stessa società sui terreni tutti concessi in superficie dallo Stato, interessanti gli aeroporti di Linate e Malpensa e ancorché utilizzate per assicurare i servizi di assistenza al volo...
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Sintesi: Sussiste la giurisdizione del G.A. sulla controversia avente ad oggetto un’azione volta ad ottenere la cessazione degli effetti di un’autorizzazione rilasciata ai sensi dell’art. 45-bis cod. nav., a nulla rilevando che esistano delle pattuizioni tra i soggetti privati che si atteggiano quali meri antecedenti fattuali rispetto al rilascio della predetta autorizzazione.
Estratto: «3. In primo luogo il Collegio ritiene di esaminare gli argomenti con cui la società appellante ha lamentato il mancato rilievo, da parte del primo Giudice, della carenza di giurisdizione in capo all’adìto Giudice amministrativo.3.1. Sotto tale aspetto, il ricorso è infondato.Siccome la controversia ha ad oggetto un’azione volta ad ottenere la cessazione degli effetti di un’autorizzazione rilasciata ai sensi dell’art. 45-bis, cod. nav., si ritiene in primo luogo di richiamare il testo della disposizione della cui applicazione si tratta.La disposizione in parola stabilisce che “il concessionario [, in casi eccezionali e per periodi determinati,] previa autorizzazione dell'autorità competente, può affidare ad altri soggetti la gestione delle attività oggetto della concessione. Previa autorizzazione dell'autorità competente, può essere altresì affidata ad altri soggetti la gestione di attività secondarie nell'ambito della concessione”.La disposizione in questione prevede, quindi, che l’autorizzazione comunale rappresenti il presupposto necessario e indefettibile al fine del perfezionamento (e della perdurante efficacia) dell’affidamento dell’area in concessione a un soggetto diverso rispetto al concessionario.Occorre, quindi, stabilire se ai fini di giurisdizione debba riconoscersi rilievo prevalente:- al contenuto oggettivo dell’atto di autorizzazione, in quanto inscindibilmente connesso alla vicenda concessoria, in quanto tale ascritta all’esclusiva giurisdizione del G.A. (come ritenuto dal T.A.R.), ovvero- all’esistenza di pattuizioni fra soggetti privati aventi ad oggetto l’utilizzo dell’area, in relazione alle quali l’atto autorizzatorio si configurerebbe quale mera condicio iuris sospensiva, in tal modo giustificando la giurisdizione del G.O. (come ritenuto dalla società appellante).Ad avviso del Collegio, il T.A.R. ha correttamente concluso nel senso della sussistenza della giurisdizione del G.A.Si osserva al riguardo che il primo Giudice ha correttamente ritenuto che la controversia in esame sia ascrivibile alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo, venendo nel caso di specie in rilievo “atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici” (art. 113, co. 1, lett. b) del c.p.a.).Al riguardo va osservato che oggetto del giudizio instaurato in primo grado era la declaratoria della cessazione degli effetti dell’autorizzazione rilasciata dal Comune ai sensi dell’articolo 45-bis, cod. nav. per il venir meno del presupposto fattuale legittimante (espressamente richiamato nell’ambito della medesima autorizzazione) rappresentato dall’esercizio in loco dell’attività cantieristica.E infatti, la parte dispositiva dell’atto di autorizzazione del 10 giugno 2008 così disponeva: “ [il Comune] autorizza per quanto di competenza e sotto il profilo degli interessi demaniali marittimi, il legale rappresentante della M. di V. s.r.l. [ad affidare] ai C. B. s.p.a. (…) la gestione di attività cantieristica all’interno della darsena ubicata al porto turistico (…)”. Ne risulta che i presupposti e le condizioni in base ai quali rendere la pronuncia in sede giurisdizionale erano interamente rinvenibili nell’ambito dell’atto autorizzatorio il quale – a propria volta – è legato da un nesso di inscindibile presupposizione sotto il profilo giuridico con il sottostante atto concessorio.Del resto, l’atto di concessione (e il conseguente rapporto) costituiscono allo stesso tempo il sostrato dell’intera vicenda di causa e il presupposto legittimante all’adozione dell’autorizzazione all’origine dei fatti controversi.Si intende con ciò affermare che tutti gli atti e le circostanze nella specie rilevanti ai fini della definizione della questione di giurisdizione erano rinvenibili nell’ambito di atti di natura pubblicistica (la concessione demaniale del settembre 2002 e l’atto di autorizzazione ex art. 45-bis del giugno 2008).In particolare, la circostanza per cui la perdurante efficacia dell’affidamento dell’area in favore della C.B. dipendesse dal perdurante esercizio in loco dell’attività cantieristica non derivava (ovvero: non derivava solo - come ritenuto dall’appellante -) dal contenuto dell’atto suppletivo del dicembre 2003, ma era stata direttamente e immediatamente trasfusa nello stesso atto pubblicistico di autorizzazione ex art. 45-bis quale condizione per ammettere l’affidamento in sub-concessione dell’area.Inoltre, il provvedimento concessorio del 2008 aveva espressamente statuito che l’autorizzazione all’affidamento dell’area in favore dell’odierna appellante fosse rilasciata “sotto il profilo degli interessi demaniali marittimi”.Conseguentemente, l’esistenza di pattuizioni fra privati aventi ad oggetto l’utilizzo dell’area rappresentava un elemento – per così dire – ‘neutro’ ai fini di giurisdizione, atteso che tutti i presupposti e le circostanze rilevanti ai fini del giudizio (segnatamente per ciò che riguarda i profili di giurisdizione) erano rinvenibili nell’ambito di atti di natura pubblicistica, adottati da soggetti pubblici e riferibili in modo immediato o mediato all’esercizio di un potere pubblico (in tal senso: il comma 1 dell’articolo 7 del c.p.a.).Impostati in tal modo i termini concettuali della questione, ne risulta confermata la sussistenza nel caso di specie della giurisdizione amministrativa, atteso che:- non è corretta l’affermazione della ricorrente, secondo cui l’autorizzazione opererebbe solo sul piano pubblicistico (per ‘legittimare’ un certo assetto privatisticamente stabilito), mentre ciò che rileva ai fini di giurisdizione sarebbero la consistenza oggettiva, il contenuto e le finalità della pattuizione privatistica sottostante al rilascio della concessione. Al contrario, ciò che rileva ai fini di giurisdizione è l’esistenza e il contenuto dell’atto autorizzatorio incluso nell’ambito di una più ampia vicenda concessoria, mentre le sottostanti pattuizioni fra privati non rilevano ai fini di giurisdizione ma si atteggiano quali meri antecedenti fattuali rispetto al rilascio dell’autorizzazione;- non è corretto affermare che nel modello delineato dall’articolo 45-bis, cod. nav. il proprium sarebbe rappresentato dal contratto privatistico, mentre l’atto autorizzatorio sarebbe relegato al mero ruolo di condicio iuris sospensiva tale da influenzare l’acquisto di efficacia di una pattuizione sotto ogni altro aspetto idonea di per sé a governare la fattispecie (ricorso in appello, pag. 8). Una siffatta impostazione, oltre a non rinvenire un effettivo fondamento normativo nell’ambito dell’articolo 45-bis cit., non sembra tenere adeguatamente conto del fatto che la vicenda autorizzatoria di cui alla disposizione in parola non costituisce una sorta di parentesi nell’ambito di una vicenda negoziale, ma costituisce – al contrario – una variabile dipendente nel più vasto ambito di una vicenda – quella concessoria – retta da regole e condizioni proprie del diritto pubblico e non a caso ascritta all’esclusiva giurisdizione del Giudice amministrativo. Opinare nel senso indicato dalla società appellante significherebbe sostenere la sussistenza di una sorta di generalizzata disponibilità dei beni che fanno parte del demanio pubblico (in evidente contrasto con il generale principio di cui all’art. 823, I, cod. civ.), relegando l’intervento pubblico in subiecta materia a una sorta di spuria condizione integrativa dell’efficacia di un atto dispositivo sotto ogni altro aspetto valido e perfetto;- la mancata, espressa menzione nell’ambito dell’atto concessorio della possibilità di rilasciare un’autorizzazione ai sensi dell’art 45-bis cod. nav., non può certo indurre a ritenere – come fa l’appellante – che la vicenda autorizzatoria non fosse coessenziale alla più generale vicenda concessoria e che non ne seguisse le sorti anche per ciò che attiene la giurisdizione. Al contrario, tale mancata menzione non assume alcun rilievo ai fini del decidere (atteso che un espresso richiamo avrebbe comunque avuto una valenza pleonastica, essendo riferito a una norma di legge) e non modifica le conclusioni cui si è appena giunti: ai fini di giurisdizione ciò che rileva è l’indubbia riferibilità della vicenda autorizzato ria ex art. 45-bis alla più complessa vicenda concessoria, in quanto tale demandata all’esclusiva giurisdizione del G.A., irrilevanti essendo le eventuali pattuizioni private sottostanti alla vicenda pubblicistica.»
Sintesi: Le controversie attinenti al godimento di beni del demanio o del patrimonio indisponibile appartengono alla giurisdizione del G.A., poiché in questi casi il titolo concessorio si presuppone come presupposto imprescindibile per affidare un bene ad un privato.
Estratto: «Osserva il Collegio che, in effetti, considerato che l’Associazione ricorrente occupa un immobile appartenente al patrimonio disponibile del Comune di Gallipoli a titolo (sia pure precario) di locazione e che aspira ad occupare (allo stesso titolo) un altro immobile pure rientrante nel patrimonio disponibile comunale...
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Sintesi: Ai sensi del combinato disposto degli artt. 244 del d.lgs n. 163/2006 e 133 del d.lgs. n. 104/2010, deve ritenersi che le controversie relative alla fase di esecuzione del rapporto di concessione di costruzione, opere o lavori appartengano alla giurisdizione del giudice ordinario.
Estratto: «Il ricorso è inammissibile.Il collegio rileva, anzitutto, che, per effetto delle innovazioni introdotte dalla legislazione comunitaria e nazionale, deve ritenersi venuta meno la precedente distinzione tra concessione di sola costruzione (assimilata agli appalti) e concessione di costruzione e gestione dell’opera (nella quale prevaleva il profilo concessorio ed autoritativo), dovendosi ritenere sussistente nel quadro normativo derivante dal d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 l’unica categoria della “concessione di lavori pubblici”. Oltre a ciò, il collegio rileva che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 244 del d.lgs n. 163/2006 e 133 del d.lgs. n. 104/2010, deve ritenersi che le controversie relative alla fase di esecuzione del rapporto concessorio appartengano alla giurisdizione del giudice ordinario (cfr. Cassazione Civile, Sezioni Unite 27 dicembre 2011 n. 28804). Ma, in disparte ogni ulteriore considerazione sulla giurisdizione del giudice adito (riguardando la controversia de qua non la fase pubblicistica di scelta del promotore, che si conclude con l’affidamento della concessione, ma quella privatistica relativa alla esecuzione dei diritti e obblighi assunti contrattualmente dalle parti) il collegio rileva anche che l’atto impugnato risulta ictu oculi privo di valenza provvedimentale. Trattasi, infatti, di una nota, con la quale il Comune di Taranto, in fase di esecuzione del rapporto della finanza di progetto, ha chiesto alla società concessionaria, l’indicazione degli enti finanziatori per l’eventuale subentro nella posizione del concessionario, ai sensi dell’art. 37 –octies della legge n. 109/1994 (ora, peraltro, abrogato dal d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163).Occorre premettere che l’istituto del subentro nella finanza di progetto, ora disciplinato dall’art. 159 del d.lgs. n. 163/2006, ha come presupposto la sussistenza di gravi inadempienze del concessionario in ordine agli obblighi contrattualmente assunti e si concreta nella possibilità per gli enti finanziatori del progetto di evitare la risoluzione del rapporto concessorio, designando una società, avente caratteristiche tecniche e finanziarie sostanzialmente corrispondenti a quelle previste negli atti in forza dei quali la concessione era stata affidata, che, in caso di accettazione da parte del concedente, è legittimata a subentrare nella posizione del concessionario inadempiente. Premesso ciò, risulta evidente che quello impugnato è un atto di natura interlocutoria, strutturalmente inidoneo ad incidere su posizione giuridiche soggettive (di diritto soggettivo o di interesse legittimo) della società ricorrente. Detto atto si colloca, infatti, in una fase prodromica alla risoluzione del rapporto concessorio ed ha la funzione di verificare la possibilità di assicurare la continuazione del rapporto concessorio, facendo subentrare al concessionario inadempiente altro operatore economico qualificato, designato dai finanziatori del progetto.»
Sintesi: Esula dalla giurisdizione del G.A. la controversia relativa alla procedura indetta dalla società concessionaria di area del demanio marittimo per l'individuazione del conduttore di immobili demaniali da valorizzare mediante uso a destinazione commerciale.
Estratto: «Presupposto dell’impugnazione, e della giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere della vicenda dedotta in causa, è la qualificazione di organismo di diritto pubblico e/o di soggetto tenuto a seguire le procedure ad evidenza pubblica di Porto Antico.Qualificazione soggettiva che, congiuntamente alla società controinteressata conduttrice degli immobili, Porto Antico contesta, formulando la relativa eccezione di inammissibilità.La ricorrente, in risposta, ha disorganicamente richiamato ampia messe di riferimenti normativi e giurisprudenziali, assunti a tante tessere di un mosaico che paleserebbe “la missione pubblica affidata” alla stazione appaltante, da cui conseguirebbe la natura di organismo di diritto pubblico.L’eccezione d’inammissibilità è fondata.In realtà lo stesso criterio ricostruttivo impiegato, di scaturigine comunitaria, vale a dire quello che per individuare i soggetti “sostanzialmente pubblici”, o comunque tenuti ad osservare i principi dell’evidenza pubblica a tutela della concorrenza, va pragmaticamente alla ricerca delle c.d. costitutive conditions, ora codificate all’art. 3, comma 26, d.lgs. n. 163/06, porta ad opposta soluzione.Analiticamente sul punto.Quanto al profilo soggettivo, Porto Antico s.pa., concessionaria dell’area demaniale, partecipata dal comune di Genova (a sua volta autorità concedente), dall’Autorità Portuale e dalla Camera di Commercio, esercita attività imprenditoriale avente ad oggetto la valorizzazione di aree, edifici e strutture del porto antico di Genova.Non riceve provvidenze pubbliche; si autofinanzia; affronta e, conseguentemente, sopporta il rischio inerente alla gestione imprenditoriale delle aree demaniali: ossia esercita un’attività antitetica a quella demandata all’organismo pubblico tanto da tradursi in una vera e propria antonimia normativa rispetto alla formula, nelle disciplina invocata, della società pubblica che “persegue bisogni di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale”.Porto Antico non è inoltre esercente di servizio pubblico.Venendo a quello oggettivo, il contratto di locazione, oggetto della domanda di declaratoria d’inefficacia, esorbita, ai sensi dell’art. 133 lett e) n. 1 , d.lgs. n. 104/1, dalle categorie negoziali tipizzate devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Quanto all’ulteriore profilo della natura dei beni, l’art. 2, comma 1, dello statuto, disaggrega lo scopo sociale, specificandolo nella “promozione delle attività che si svolgeranno nei relativi comparti immobiliari”.Vale a dire – è importante sottolineare fin d’ora – che (almeno parte de)gli immobili che sono allogati nell’ area demaniale portuale, quelli per cui è causa, in forza dello statuto non sono stati destinati al soddisfacimento di esigenze di pubblico interesse: con la sola prescrizione della valorizzazione patrimoniale dell’asset immobiliare, anche la destinazione commerciale è senz’altro consentita. Del resto, la ricorrente – va ricordato – era la precedente conduttrice dei locali destinati a cinema multisala.È recente, ma nient’affatto innovativa, la presa di posizione della Suprema corte che, in ordine all’effettivo regime pubblicistico dei beni demaniali, opera una netta distinzione fra “una visione prettamente patrimoniale-proprietaria ed una prospettiva personale-collettivistica” (cfr., Cass. sez. un . 16 febbraio 2011 nn. 3811, 3812 e 3813; ID., sez. un, 18 febbraio 2011 nn. 3936, 3937, 3938 e 3939).Immobili, pur facenti parte del demanio marittimo, che hanno (ricevuto in forza di atti o provvedimenti) destinazione commerciale, ossia, per impiegare la categoria concettuale coniata dalla Cassazione, che sono strumentali all’esercizio d’attribuzioni dominicali dell’ente pubblico, non sono tout court assorbiti nel regime pubblicistico strettamente demaniale.Il rilievo è dirimente in ragione del fatto che per tali beni non è astrattamente predicabile il regime della sub-concessione o del sub-ingresso nella concessione che, per assicurare che non venga elusa o bypassata la regola del confronto concorrenziale per l’affidamento dei beni demaniali in concessione, questo Tribunale ha ritenuto essere assoggettati al regime dell’autorizzazione di cui all’art. 18 l. n. 84/94 (cfr., Tar Liguria sez II, 12 novembre 2010 n. 10382; CGA, 27 aprile 2009 n. 302).Sicché, anche da quest’angolo visuale inteso a valorizzare la qualità demaniale dei beni e con essa la concessione quale strumento di guadagno per soggetti operanti sul mercato (cfr,, da ultimo, su tale accezione, Cons. St., sez. VI, 30 settembre 2010 n. 7239), ed anche a voler prescindere sia dalla natura privatistico-contrattuale del modulo d’affidamento che dalla qualificazione imprenditoriale del concessionario, gli immobili in questione sono comunque sottratti alla regola dell’evidenza pubblica.Del resto significativamente sul punto, la stessa ricorrente richiama la pronuncia della Cassazione (sez. un. ord. n. 10218 del 2006) che ha escluso la qualificazione di Grandi Stazioni Ferroviarie come organismo di diritto pubblico, sul rilievo che l’attività esercitata ha avuto ad oggetto beni solo “fisicamente ed occasionalmente collegati agli immobili della stazione”: ossia beni non strumentali alla gestione di un’attività d’interesse pubblico.Al dato topografico e del (tutto sommato estrinseco) collegamento spaziale, dopo le recenti richiamate sentenze della Cassazione, va ora aggiunto quello (intrinseco) della effettiva destinazione che i beni hanno in concreto ricevuto.»
Sintesi: L'atto con il quale si istituiscono o si modificano le tariffe relative alle concessioni amministrative di beni pubblici ha natura regolamentare e rientra nella giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo.
Estratto: «La società ricorrente non contesta il calcolo del canone, ma l’atto amministrativo con cui è stato fissato il criterio impositivo.In merito il consiglio di Stato ha affermato la giurisdizione del giudice amministrativo con la sentenza 48862009 che ha riformato una sentenza del TAR Puglia che aveva dichiarato il difetto di giurisdizione in una vicenda analoga alla presente.La sentenza in questione così motiva sul punto rilevante della giurisdizione: “la controversia attiene ad un atto con il quale si stabilisce l'entità dei canoni, variabili in ragione della superficie occupata, dovuti al Comune per l'utilizzazione del suolo pubblico per la installazione (e il mantenimento) degli impianti destinati alla pubblicità.L'atto con il quale si istituiscono o si modificano le tariffe relative alle concessioni amministrative di beni pubblici ha natura regolamentare e rientra nella giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo.La stessa natura regolamentare con giurisdizione del giudice amministrativo hanno anche gli atti istitutivi o modificativi di tributi locali.In materia di concessioni amministrative solo le controversie in ordine alla spettanza e alla misura del canone rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario “.»
Sintesi: Sussiste la giurisdizione del G.A. qualora la lite ponga in discussione il rapporto concessorio nel suo aspetto genetico e funzionale, a nulla rilevando che il rapporto stesso si sia esaurito per decorrenza del termine di durata, giacché la riserva di G.A. sussiste indipendentemente dal fatto che esso sia ancora in vita o sia cessato.
Estratto: «E’stato ulteriormente eccepito il difetto di giurisdizione, sull’assunto che nel caso di specie rileverebbe una locazione per uso di locali a scopi di natura privata, e che comunque la cognizione del rapporto tra concessionario e terzo appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario.
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Sintesi: La questione della sussistenza di un rapporto concessorio è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lettera b), del codice del processo amministrativo.
Estratto: «Posto allora che l’ingiunzione ex r.d. n. 639/1910 costituisce un mero strumento di riscossione di somme dovute in dipendenza di titoli diversi, l’indagine, alla stregua di quanto dedotto dalle parti in causa (e segnatamente dalla ricorrente, che contesta l’an e il quantum della pretesa), viene appunto ad essere incentrata sulla situazione sottostante, ovvero sull’attualità della sussistenza del rapporto concessorio di cui era titolare la ricorrente fin dagli anni ’70 (derivando, poi, dalla risposta a tale quesito una serie di conseguenze ulteriori, tra cui le ragioni e il titolo di eventuali posizioni debitorie del privato interessato).La definizione di tale problematica così introdotta è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lettera b), del codice del processo amministrativo (che ha sostituito l’art. 5 della legge n. 1034/1971), e di questa, quindi, va per prima cosa affermata la sussistenza (cfr., per situazioni analoghe, Cons. di Stato sez. V, n. 279 del 28.2.1995; Cass. SS.UU. n. 1467 del 24.2.1996; T.A.R. Campania-Salerno n. 65 del 27.1.1998; T.A.R. Molise n. 145 dell’1.9.1988).»
Sintesi: Ai sensi dell'art. 133 comma 1 lett. b) c.p.a., sulle concessione di beni demaniali vi è la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ma resta ferma la giurisdizione del giudice ordinario per le controversie in tema di canoni, indennità ed altri corrispettivi.
Sintesi: Se la determinazione della misura del canone di concessione di beni pubblici non consegue all'applicazione di criteri determinati, ma presuppone la corretta qualificazione del rapporto concessorio, viene in rilievo l'esercizio di un potere discrezionale della p.a. e si verte in tema di interessi legittimi, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo.
Estratto: «1. In via pregiudiziale va affrontata l’eccezione di difetto di giurisdizione avanzata dall’Amministrazione comunale.La stessa è infondata e va pertanto disattesa.Infatti nell’ipotesi di specie deve farsi applicazione di quel costante orientamento giurisprudenziale...
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Sintesi: E' devoluta al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. b) del codice del processo amministrativo, la questione della sussistenza del rapporto concessorio relativo alla gestione del bar interno di un ospedale.
Estratto: «Questo Tribunale condivide le considerazioni svolte dal Giudice ordinario, rilevando:- che la questione principale oggetto di causa riguarda l’attuale sussistenza o meno di un rapporto concessorio intercorrente tra le parti coinvolte nel presente giudizio: ed infatti le ricorrenti chiedono, in via principale, una declaratoria negativa in tal senso, mentre solo in via successiva e conseguenziale agiscono per il rilascio dei locali che ospitano il bar aziendale;- che la giurisdizione del Giudice amministrativo si fonda sulla circostanza che il contratto stipulato il 31/3/2008 tra ESTAV Centro e la società Italia Servizi s.c.a r.l. riguardava la concessione di locali dell’A.O.U. Meyer ( di superficie di circa mq. 110, secondo quanto risulta dall’art. 1 del capitolato speciale allegato al contratto) destinati allo svolgimento del servizio di bar interno alla medesima Azienda da parte della predetta società, individuata attraverso una precedente procedura concorsuale; si tratta dunque di un rapporto attribuito alla giurisdizione esclusiva del G.A. a norma dell’art. 133 comma 1 lett. b) del codice del processo amministrativo.3) In relazione a quanto sopra è infondata l'eccezione di difetto di giurisdizione di questo TAR formulata dalla difesa della società Top Service nel presupposto che il ricorso avrebbe ad oggetto la cessione di un ramo d'azienda; tale presupposto è infatti errato, posto che nel presente giudizio non si controverte dell’esistenza e validità del contratto in questione, stipulato tra la predetta società e la società Italia Servizi, bensì unicamente della sua opponibilità alle parti ricorrenti.»
Sintesi: L'attribuzione a privati dell'uso di beni pubblici (a prescindere dalla terminologia adottata nei provvedimenti e nelle convenzioni accessive, e ancorché presenti elementi privatistici), è sempre riconducibile ad istituti autoriativi-pubblicistici, che giustificano l'applicazione dell'art. 133, lett. b) cod. proc. amm..
Estratto: «E' pur vero che, come rilevato dall'Avvocatura, l’oggetto della controversia è costituito da un atto che la stessa Amministrazione definisce di "revoca" in autotutela del "contratto" a suo tempo stipulato con la ricorrente.Invero, come già rilevato da questa Sezione con ordinanza resa nella fase cautelare, l’Amministrazione intimata ha chiaramente inteso esercitare, tramite l’atto impugnato, un potere autoritativo, come tale soggetto al sindacato del Giudice amministrativo; anche perché, se così non fosse, non si spiegherebbe il "potere" di "autotutela" che risulta essere stato espressamente esercitato. Sta di fatto che tale potere inerisce alla P.A. solo in relazione alla propria posizione di supremazia ed alla propria attività di diritto pubblico, onde è evidente che l'Ente resistente, richiamando l'istituto dell'autotutela, ha inteso colpire non tanto il contratto quale atto negoziale inter partes, quanto invece (ancorché implicitamente) la presupposta concessione del bene alla odierna ricorrente, costituente presupposto giuridico necessario del contratto medesimo.In tal senso appaiono conducenti anche i riflessi logico-giuridici desumibili dalla motivazione del provvedimento di revoca, sol che si consideri che l'Amministrazione lo ha adottato partendo dal corretto presupposto che l’assegnazione (recte:concessione) a soggetto privato dell’immobile in questione sarebbe dovuta avvenire con le procedure ad evidenza pubblica.Fatta questa premessa vale richiamare la pacifica giurisprudenza amministrativa (dalla quale il Collegio non ritiene dover dissentire) secondo cui l'attribuzione a privati dell'uso di beni pubblici (a prescindere dalla terminologia adottata nei provvedimenti e nelle convenzioni accessive, e ancorché presenti elementi privatistici), è sempre riconducibile ad istituti autoriativi-pubblicistici, che giustificano l'applicazione dell'art. 133, lett. b) del D.L.vo n. 104/2010 (giurisdizione esclusiva per le "controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di BENI PUBBLICI…"). Taanto che, in passato, il Cons. di Stato, Sez. V (cfr. sentenza 15 novembre 2010 n. 8040), in applicazione dell’art. 33 del D.L.vo n. 80 del 1998, ha ritenuto rientrasse nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la controversia relativa a delibera con la quale un'amministrazione aveva dichiarato risolto un contratto (in quel caso relativo alla gestione dell’impianto natatorio comunale da parte una società privata), disponendo lo scioglimento anticipato del rapporto, riscontrando nel caso concreto i caratteri tipici di un rapporto concessorio di un servizio e di un bene pubblici.Nel merito, va accolto l'ultimo motivo di gravame, con il quale si censura il provvedimento per carenza di motivazione in relazione alla mancata valutazione comparativa tra l’interesse pubblico, posto a base del provvedimento, e l’interesse del soggetto privato destinatario dell’ordine di rilascio.Invero, nella fattispecie, le valutazione effettuate dall’Amministrazione ricorrente afferiscono alla natura di bene pubblico dell’immobile dato in locazione e sulla conseguente necessità di ricorrere ad una gara di evidenza pubblica per l’assegnazione in locazione dell’immobile. Orbene, pur essendo ineccepibili sul piano giuridico le considerazioni afferenti la necessità per l’Amministrazione di ricorrere ad una gara ad evidenza pubblica per l’assegnazione in locazione del bene pubblico, va rilevato che il provvedimento impugnato non contiene alcuna esternazione dell'interesse pubblico concreto ed attuale, non riconducibile alla mera necessità di ricondurre a legittimità l’azione amministrativa; tenuto conto che l'autotutela veniva ad incidere pesantemente su posizioni giuridiche e legittimi affidamenti sorti a seguito della stipulazione di un regolare contratto di locazione oltre che del concreto avvio dell'attività da parte della Società ricorrente. Pertanto, il provvedimento è inficiato dal censurato vizio di violazione di legge sotto il profilo di violazione dell’art. 21 quinquies della L.n. 241/1990, con successive modificazioni ed integrazioni, che nel testo vigente a seguito della novella del 2/2/2005 consente all’Amministrazione di annullare d’ufficio un provvedimento, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, ed imponendo l’obbligo di effettuare una valutazione comparativa degli interessi dei privati e dell’Amministrazione stessa.Per le ragioni che precedono il ricorso va accolto.»
Sintesi: La controversia relativa al diniego di concessione di occupazione del demanio lacuale, motivato con esclusivo riguardo a ragioni di tutela paesaggistica ed ambientale, è devoluta al giudice amministrativo.
Estratto: «1. In via preliminare, dato che il punto è stato oggetto di specifica trattazione nella memoria della ricorrente 17 dicembre 2009, va affermata la giurisdizione di questo Giudice amministrativo a preferenza di quella del Giudice amministrativo speciale rappresentato dal Tribunale superiore delle acque. Come è noto, ai sensi dell’art. 143 del R.D. 11 dicembre 1933 n°1775, il Tribunale superiore delle acque conosce in generale dei ricorsi “per incompetenza, per eccesso di potere e per violazione di legge avverso i provvedimenti definitivi presi dall'amministrazione in materia di acque pubbliche”. La norma è interpretata dalla giurisprudenza di Cassazione nel senso che la giurisdizione del giudice speciale sussiste ove siano impugnati provvedimenti che riguardino in via “immediata e diretta”, anche se non esclusiva, il demanio idrico come bene fisico e il relativo suo regime: si vedano sul punto, fra le molte, Cass. S.U. 12 maggio 2009 n°10846, 7 novembre 1997 n°10934 e 14 luglio 2000 n°493, tutte relative ad opere.2. Nel caso di specie, il provvedimento impugnato riguarda (doc. 1 ricorrente, cit.) il diniego di concessione relativa a un bene del demanio lacuale, appunto la residua struttura del pontile, sulla quale si intendeva appoggiare la nuova costruzione; è però motivato con rinvio al parere della Soprintendenza, e quindi in via esclusiva con riguardo a ragioni di tutela paesaggistica ed ambientale. In tal senso, quindi, non riguarda affatto in via immediata e diretta il demanio idrico, essendo ispirato alla tutela di interessi del tutto diversi, che non incidono in alcun modo sul relativo regime. A riprova, è evidente anche in via di pura logica che una buona regimazione delle acque può sussistere anche in un ambiente paesaggisticamente e naturalisticamente deturpato, e all’incontro un ambiente paesaggisticamente pregevole può essere caratterizzato da un regime delle acque non ottimale sotto l’aspetto tecnico.»
Sintesi: In tema di concessione in uso esclusivo a privati di beni demaniali il giudice ordinario conosce di ogni controversia relativa agli obblighi derivanti da rapporti di natura privatistica che accedono a quello di concessione - come il rapporto di appalto o di sub-concessione fra il concessionario ed il terzo per l’utilizzazione del bene pubblico - quando l’Amministrazione concedente resti totalmente estranea a detto rapporto derivato e non possa quindi ravvisarsi alcun collegamento tra l’atto autoritativo concessorio e il rapporto medesimo. Quando, invece, l’Amministrazione è in qualche modo partecipe del rapporto di sub-concessione, per averlo espressamente previsto ed autorizzato nello schema del rapporto concessorio, opera la regola generale che prevede la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie relative a concessioni amministrative, di cui all’art. 5, co. 1, legge 1034/1971.
Estratto: «CONSIDERATO, in via preliminare, che:- secondo una consolidata giurisprudenza in tema di concessione in uso esclusivo a privati di beni demaniali (Cass. Civ., Sez. un., 2 dicembre 2008, n. 28549; T.A.R. Campania Napoli, Sez. I, 12 agosto 2010, n. 17237), il giudice ordinario conosce di ogni controversia relativa agli obblighi...
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Sintesi: Nella giurisidzione esclusiva in materia di concessione di beni pubblici sono ammissibili, oltre ad azioni volte all’annullamento di atti amministrativi, anche azioni di accertamento della natura del rapporto concessorio.
Estratto: «4.1. L’eccezione di difetto di giurisdizione non ha pregio. Occorre, infatti, rilevare che le controversie concernenti indennità, canoni o altri corrispettivi, riservate, in materia di concessioni amministrative, alla giurisdizione del giudice ordinario sono solo quelle con un contenuto meramente patrimoniale...
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Sintesi: La controversia concernente la legittimità dei poteri esercitati dall’amministrazione in ordine alla corretta qualificazione del rapporto concessorio è devoluta al giudice amministrativo, trattandosi di esercizio di poteri autoritativi sul rapporto concessorio sottostante.
Estratto: «La fattispecie in esame, con la quale si contesta il diniego dello svincolo della garanzia fidejussoria prestata dalla ricorrente in relazione al canone non versato in quanto calcolato erroneamente in rapporto alla reale estensione della superficie occupata, attiene unicamente al computo dell’ammontare del canone dovuto o meglio del corrispettivo spettante all’amministrazione per effetto dell’autorizzazione provvisoria rilasciata alla ricorrente per il periodo 1.10.2000/30.9.2001.Risulta quindi evidente che nella fattispecie non viene in discussione la legittimità dei poteri esercitati dall’amministrazione in ordine alla corretta qualificazione del rapporto concessorio, il che comporterebbe la devoluzione della controversia al giudice amministrativo, trattandosi di esercizio di poteri autoritativi sul rapporto concessorio sottostante.In realtà, valutato l’oggetto della controversia, trattasi unicamente di questione attinente alla determinazione del calcolo della somma da corrispondere da parte del concessionario in rapporto all’esatta estensione dell’area demaniale occupata, con ciò evidenziandosi una questione avente contenuto esclusivamente patrimoniale, rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario.»
Sintesi: E' devoluta al giudice amministrativo la cognizione delle controversie concernenti la concessione d’uso di aree demaniali aeroportuali con il connesso esercizio di facoltà e diritti direttamente riconducibili al rapporto pubblicistico di concessione del bene per l’erogazione del servizio di assistenza a terra.
Estratto: «4. Con l’appello n. 4736 è riproposta la seconda eccezione; con l’appello n. 4749 del 2009 sono riproposte entrambe.Le eccezioni non possono essere accolte.E’ corretta infatti la motivazione con cui è stata rigettata dal giudice di primo grado l’eccezione di difetto di giurisdizione, poiché con la sub-concessione del 31.5.1974 e con la convenzione del 26.05.2008 si è determinata (e confermata) ad ATA la concessione d’uso di aree demaniali aeroportuali con il connesso esercizio di facoltà e diritti direttamente riconducibili al rapporto pubblicistico di concessione del bene per l’erogazione del servizio di assistenza a terra (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 10.9.2009, n. 5457).»
Sintesi: In materia concessoria tutte le controversie che sono espressione di pubbliche potestà (ad esempio individuazione delle risorse, definizione dei criteri e delle modalità di gestione del bene pubblico), rientrano nella giurisdizione esclusiva del G.A.; così pure, quando la controversia coinvolga la verifica dell'azione autoritativa dell'Amministrazione sull'intera economia del rapporto sottostante, ovvero investa l'esercizio di poteri discrezionali-valutativi nella determinazione del canone e non semplicemente di accertamento tecnico dei presupposti fattuali economico-aziendali (sia sull'an che sul quantum).
Estratto: «7.1. La questione è stata prospettata, nel senso affermativo della giurisdizione amministrativa, dalla stessa società ricorrente, la quale sia nel ricorso introduttivo che nella memoria depositata in vista dell’udienza di merito, ha tenuto a precisare che la controversia in questione non rientra tra quelle devolute all’A.G.O. ex art. 5 comma 2 della legge 1034 del 1971, disposizione secondo la quale “resta salva la giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria per le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi …”.Secondo la EniMed S.p.a., infatti, “nel caso di specie non è in contestazione il quantum e l’an debeatur del canone dovuto” ma sono contestati “ i criteri attraverso i quali è stato determinato il corrispettivo in denaro delle royalties da corrispondere alla regione Siciliana”.Pertanto, attinendo la controversia all’esercizio del potere discrezionale di determinazione del canone da parte della p.a., sia pure nel rispetto dei criteri astrattamente fissati dalla legge, la giurisdizione sarebbe devoluta alla giurisdizione del g.a.7.2. La prospettazione della ricorrente non può essere condivisa, avuto riguardo al tenore del citato art. 5 comma 2 della Legge Tar, alla giurisprudenza in argomento nonché al concreto contenuto del provvedimento impugnato.La materia è quella delle concessioni di beni pubblici, disciplinate dall’art. 5 della legge Tar, che prevede la devoluzione delle relative controversie alla giurisdizione del giudice amministrativo (comma 1), fatta eccezione (comma 2) per le questioni involgenti rapporti prettamente patrimoniali (indennità, canoni e altri corrispettivi).La ragione di questa netta separazione in ordine al regime giurisdizionale cui sono assoggettate, in materia concessoria, le controversie patrimoniali rispetto a tutte le altre è frutto di una scelta del legislatore, che ha inteso escludere un gruppo di controversie dalla devoluzione della materia in questione alla giurisdizione “esclusiva” del giudice amministrativo: in base al comma 1, infatti, a quest’ultimo compete il giudizio anche sulle posizioni di diritto soggettivo scaturenti dal contratto “accessivo” alla concessione, con l’unica eccezione delle controversie di tipo “patrimoniale” (comma 2).Pertanto, secondo la giurisprudenza costante, in materia concessoria tutte le controversie che sono espressione di pubbliche potestà (ad esempio individuazione delle risorse, definizione dei criteri e delle modalità di gestione del bene pubblico), rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; così pure, quando la controversia coinvolga la verifica dell'azione autoritativa dell'Amministrazione sull'intera economia del rapporto sottostante, ovvero investa l'esercizio di poteri discrezionali-valutativi nella determinazione del canone e non semplicemente di accertamento tecnico dei presupposti fattuali economico-aziendali (sia sull'an che sul quantum) (Cons. St., sez. VI, 15 dicembre 200 , n. 7942).Allorquando invece le controversie concernano le pretese di carattere economico avanzate dalla p.a. o dai privati, esse esulano dalla giurisdizione amministrativa e devono essere dunque ricondotte all'ambito di applicazione dell'art. 5 comma 2, l. 6 dicembre 1971 n. 1034 (in questo senso, da ultimo, T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 14 ottobre 2009 , n. 9920).7.3. Nel caso oggetto del presente giudizio, la tesi prospettata dalla società ricorrente è, per l’appunto, che con il provvedimento impugnato l’Amministrazione abbia operato una scelta discrezionale in ordine ai criteri di determinazione delle royalties da corrispondere alla Regione, a partire dall’aprile 1994, ossia da quando la Staffetta Petrolifera ha comunicato che non avrebbe più pubblicato l’originario prezzo di riferimento (“SIF SIVA ex Raffineria”), sì da indurre l’Amministrazione a decidere di utilizzare, per la liquidazione dei suddetti canoni, un parametro di calcolo diverso (prezzo dell’olio combustibile “SIVA per pagamento a trenta giorni”) più elevato, in quanto comprensivo di oneri accessori e dell’imposta di fabbricazione.In ragione di ciò, la presente controversia è stata devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, non vertendo semplicemente sulla contestazione del quantum dei canoni richiesti, bensì sulla stessa determinazione – a monte – del criterio di liquidazione dei medesimi.7.4. A parere del collegio, tale prospettazione non è corretta, avuto riguardo al contenuto del provvedimento impugnato.In primo luogo, esso è espressamente denominato “ liquidazione finale del canone dovuto alla Regione Siciliana per la produzione di idrocarburi conseguita nell’anno 1995” ed è seguito da una allegata relazione di calcolo denominata “ calcolo della liquidazione definitiva del canone royalty in denaro sull’olio greggio e sul gas naturale prodotti nei campi minerari della concessione nell’anno 1995”, in via provvisoria e tenuto conto del valore del greggio della vicina concessione “Gela Agip”.Per quanto l’elemento formale del titolo non sia di per sé sufficiente al fine della qualificazione finale di un provvedimento, esso è comunque significativo del concreto contenuto del medesimo quale mera liquidazione, scevra dalla presenza di elementi discrezionali.In secondo luogo, anche nei contenuti esso corrisponde effettivamente al calcolo del canone annuo dovuto dalla società concessionaria per il greggio estratto, tenuto conto dell’atto aggiuntivo al disciplinare originario della concessione “Gela – Agip” approvato con D.A. 502/88, e quindi “sulla base dei valori massimi e minimi riportati settimanalmente sulla rivista Staffetta Quotidiana Petrolifera al netto di IVA e di imposta di fabbricazione”.Pertanto, esso non contiene alcuna valutazione discrezionale in ordine a una possibile scelta di un nuovo criterio liquidativo, bensì si limita a dare atto del criterio utilizzato e a provvedere al calcolo delle royalties, sulla base di indicazioni già esistenti e del contenuto dell’atto aggiuntivo all’originario Disciplinare di concessione. Anche ammesso che altrove detta scelta sia stata esplicitata dall’ente preposto, il provvedimento che eventualmente la contenga non è oggetto del presente ricorso, ed il suo contenuto non può riferirsi al contenuto del provvedimento impugnato, che si limita semplicemente ad una mera operazione matematica.Ne consegue che la doglianza relativa al criterio utilizzato per pervenire alla somma liquidata costituisce, in realtà, una contestazione relativa all’ammontare di detta somma, che rientra a pieno titolo tra le controversie “concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi” ed è soggetta alla giurisdizione del giudice ordinario, così come lo sarebbe qualora venisse censurato non l’errato utilizzo del criterio liquidativo ma il mero errore di calcolo.La giurisprudenza citata dalla ricorrente, in linea con quella sopra menzionata, non contraddice tale soluzione, posto che essa ribadisce la devoluzione al giudice ordinario delle controversie in materia di canoni con un contenuto “meramente patrimoniale”, senza che assuma rilievo un potere d'intervento della p.a. a tutela di interessi generali, e, per contro, la giurisdizione amministrativa quando la controversia coinvolga la verifica dell'azione autoritativa della p.a. sul rapporto concessorio sottostante, ovvero quando investa l'esercizio di poteri discrezionali-valutativi nella determinazione del canone e non semplicemente di accertamento tecnico dei presupposti fattuali economico-aziendali (sia sull'an che sul quantum) (Cass. sez un.., 4 luglio 2006, n. 15217; Cass. sez. un., 23 ottobre 2006 n. 22661).Orbene, nel presente giudizio non si sta discutendo della correttezza o meno del criterio adottato nel disciplinare di concessione, né tanto meno dell’esercizio della discrezionalità amministrativa in ordine alla rideterminazione dello stesso, bensì si sta contestando e censurando come non corretta l’applicazione di un criterio che l’Amministrazione stessa ha dato per stabilito e determinato a monte in base all’accordo delle parti.In sostanza, a parere del Collegio, la ricorrente confonde la manifestazione della volontà dell’Amministrazione di cambiare il criterio liquidativo (la cui censura sarebbe assoggettata alla giurisdizione del giudice amministrativo ex art. 5 comma 1 L. Tar) con l’errata applicazione di un criterio liquidativo sul quale l’Amministrazione si è già pronunciata e che – nel provvedimento impugnato - non ha dichiarato di voler cambiare, né esplicitamente (di ciò ne è prova il contenuto del provvedimento stesso) né tacitamente, posto che l’asserita scelta, quale base di calcolo, di un parametro di liquidazione diverso da quello concordato, lungi dal significare univocamente la volontà del soggetto pubblico di mutare autoritativamente detto parametro, ben può consistere nella applicazione materiale del medesimo, la cui eventuale erroneità deve essere oggetto di censura non davanti al giudice amministrativo ma all’unico giudice munito di giurisdizione sul punto, che è il giudice ordinario.Infatti, per concludere, oggetto del contendere non è la scelta dell’Amministrazione di mutare unilateralmente il parametro liquidativo, posto che dal contenuto concreto del provvedimento di tale scelta non vi è alcuna traccia, bensì la correttezza del concreto operato dell’Amministrazione nell’utilizzare come base di calcolo un valore del greggio ancorato a quotazioni differenti e asseritamente non corrispondenti a quelle contenute nell’atto accessivo al Disciplinare di concessione, pur se pubblicate con la medesima cadenza sulla stessa rivista di riferimento.8. Per le ragioni sopra esposte la controversia si ritiene devoluta alla giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria ex art. 5 comma 2 della legge 1034/1971.»
Sintesi: Sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo in relazione alle controversie relative a concessioni di beni pubblici, quando si contesta l’ampiezza del rapporto concessorio.
Estratto: «6.— In definitiva deve ritenersi che: a) sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo in relazione alle controversi relative a concessioni di beni pubblici, quando si contesta l’ampiezza del rapporto concessorio; b) le società che erogano il servizio pubblico di comunicazione elettronica e che utilizzano le infrastrutture di proprietà di altra società non sono tenute al pagamento del cosap.Il ricorso va, pertanto, accolto con conseguente annullamento di tutti gli atti impugnati ad eccezione del regolamento.»
Sintesi: Esclusa la sussistenza di rapporto concessorio in atto (questione su cui il giudice amministrativo ha giurisdizione), l’occupazione del demanio marittimo si qualifica come senza titolo, e ogni ulteriore questione sulle somme dovute per l’occupazione rientra nella giurisdizione del giudice ordinario.
Estratto: «f) ritenuto inesistente il rapporto concessorio, dopo la scadenza del 2001, i provvedimenti con cui l’Amministrazione, sul presupposto di occupazione abusiva di suolo demaniale, ingiunge il pagamento delle somme dovute, attengono esclusivamente a questioni di diritto soggettivo, che postulano accertamenti di fatto inerenti il rapporto tra proprietà pubblica e proprietà privata, e inerenti l’esatta applicazione dei criteri di calcolo alla situazione concreta, privi di apprezzamenti discrezionali;g) esclusa la sussistenza di rapporto concessorio in atto (questione su cui il giudice amministrativo ha giurisdizione), l’occupazione del demanio marittimo si qualifica come senza titolo, e ogni ulteriore questione sulle somme dovute per l’occupazione rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, davanti al quale i giudizi andranno riassunti ai sensi dell’art. 59, l. n. 69/2009;»
Sintesi: L'art. 5 legge 1034/1971 va interpretato nel senso di individuare tre ambiti di giurisdizione: a) la giurisdizione esclusiva del G.A. sugli atti inerenti la concessione; b) la giurisdizione del G.O. sui canoni, indennità e altri corrispettivi, che è riferita tuttavia alle ipotesi nelle quali non vengano in contestazione profili attinenti al cattivo esercizio di potere pubblicistico di determinazione dei canoni medesimi, in presenza quindi di controversie aventi un carattere esclusivamente patrimoniale; c) la giurisdizione invece del G.A., come giurisdizione di legittimità, allorquando la controversia sul canone coinvolga la verifica dell’azione autoritativa della p.a. sul rapporto concessorio sottostante ovvero l’esercizio di poteri discrezionali nella determinazione delle indennità.
Estratto: «Il Collegio ritiene di dover preliminarmente affrontare la questione circa la sussistenza, nella specie, della giurisdizione dell’adito giudice amministrativo. Nel caso in esame siamo in presenza di una concessione di bene demaniale, in relazione alla quale il riparto di giurisdizione è fissato dall’art. 5 della legge n. 1034 del 1971...
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Sintesi: Il G.O. conosce di ogni controversia relativa agli obblighi derivanti da rapporti di natura privatistica, che accedono a quello di concessione, solo quando l'Amministrazione concedente resti totalmente estranea a detto rapporto derivato e non possa, quindi, ravvisarsi alcun collegamento fra l’atto autoritativo concessorio e il rapporto medesimo.
Estratto: «2. - In via pregiudiziale deve rilevarsi che la questione proposto rientra nella giurisdizione di questo Tribunale.Ritiene, infatti, il Collegio di doversi attenere al recente arresto delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 2 dicembre 2008 n. 28549, secondo cui il giudice ordinario conosce di ogni controversia relativa agli obblighi derivanti da rapporti di natura privatistica...
[...omissis...]