GIUDIZIO --> IMPUGNAZIONE --> TERMINE DECADENZIALE --> ATTO NULLO
Sintesi: E' illegittima la decisione sul ricorso amministrativo che lo dichiara inammissibile per omessa impugnazione di un atto nullo nel termine decadenziale prescritto per l'annullamento.
Estratto: «Tutti i profili vanno respinti.Deve infatti pienamente concordarsi con il Primo Giudice: il procedimento di decadenza conseguente al compimento di speculazione sull’alloggio sociale certamente radica la competenza dell’ex Ministero dei LL.PP, specificamente competente, ai sensi dell’art. 105 del T.U. n.1165 sull’edilizia popolare ed economica, a decretare la decadenza dall’assegnazione previa contestazione dell’addebito.Tale circostanza assorbe la fattispecie della mancata occupazione, per cui il provvedimento adottato dal C.d’a. è senz’altro viziato da incompetenza assoluta (o difetto assoluto di attribuzione); e risulta dunque nullo ai sensi dell’art. 21 septies della legge 7/8/1990, n. 241 e smi.L'art. 21 septies l. n. 241 del 1990, nell'individuare come causa di nullità il "difetto assoluto di attribuzione", evoca, come fattispecie paradigmatica, proprio il caso della carenza di potere in astratto, vale a dire l'ipotesi in cui una P.A. assume di esercitare un potere che in realtà nessuna norma attribuisce (cfr. Consiglio di Stato sez. VI 27 gennaio 2012 n. 372). Nel caso in esame il provvedimento è annullabile quando si è in presenza di un esercizio viziato di un potere, che cioè è esercitato in assenza dei presupposti previsti alla legge (ma per cui non si pone in questione l’esistenza stessa del potere), mentre è nullo se si è in presenza di un difetto assoluto di attribuzione. Ciò posto, l’art. 21-septies cit., che ha codificato come forma più grave di invalidità il provvedimento amministrativo nullo, non ha tuttavia disciplinato l'azione di nullità, con particolare riguardo ai termini di decadenza o di prescrizione, per cui non può che farsi riferimento ai principi generali in materia di nullità del contratto: essendo, di regola, l'azione di nullità imprescrittibile, l'interessato può fare accertarne la nullità, senza particolari limitazioni temporali, fatta salva l'eventuale prescrizione delle connesse azioni di condanna (cfr. Consiglio Stato sez. V 9 giugno 2008 n. 2872). A fronte di ciò, del tutto inconferente appare il tentativo dell’appellante di frazionare una fattispecie sostanzialmente unitaria. In definitiva esattamente il TAR, relativamente al provvedimento del Consiglio di amministrazione, ha osservato che non sussisteva in capo al ricorrente alcun onere di impugnativa di un atto nullo nel termine decadenziale prescritto dall’art. 21 del d.P.R. n. 655 ed ha coerentemente concluso per l’illegittimità della decisione della Commissione di vigilanza che ha dichiarato inammissibile il ricorso amministrativo.»
Sintesi: Il termine di 180 giorni previsto dall'art. 31, co. 4, c.p.a. vale soltanto per l'azione di nullità dei provvedimenti amministrativi e non anche per quella degli accordi sostitutivi o integrativi ex art. 1418 c.c..
Estratto: «La prima eccezione indicata dalla parte resistente è d’irricevibilità del ricorso per tardività, in quanto l'accertamento delle nullità va proposto entro 180 giorni dalla conoscenza della nullità medesima, ai sensi dell'articolo 31, comma quattro del codice del processo amministrativo.Ad avviso di questo collegio, l'eccezione va disattesa, in quanto l'accertamento delle nullità previste dalla speciale procedura di cui all'articolo 31, comma quattro, va riferito dal punto di vista logico e sistematico solo alle nullità dei provvedimenti amministrativi, come definite sulla base dell’articolo 21 septies della legge 241 del 1990. La nullità di cui si controverte è invece di natura negoziale e non provvedimentale, tant’è che nella prospettazione del ricorso si chiede l’applicazione dell’articolo 1418 del codice civile in tema contrattuale.4.1 L'eccezione di tardività del ricorso va altresì rigettata nella considerazione che la parte ricorrente è stata resa edotta dell'incompatibilità fra il regime di punto franco e la concessione stessa non al momento della stipula della concessione, ma nel corso della sua esecuzione, quando in concreto, nell’iniziare l'edificazione degli edifici e delle opere assentiti, si è accorta dei controlli agli accessi al Porto franco vecchio, in grado di inibire l’utilizzo delle opere costruende, e quindi solo in quel momento è sorto l'interesse all'azione di accertamento della nullità. Né l’Autorità portuale, che ha sollevato l’eccezione e a cui spetta l’onere della dimostrazione della data di piena conoscenza, ha dato prova della fondatezza del’eccezione.4.2 A conferma va citato il Decreto del Commissario di Governo 21 dicembre 2011, n. 19/8-173/2011, rivolto anche alla ricorrente Portocittà srl, che, nel sospendere fino al 31 dicembre 2012 il regime di porto franco in una delimitata zona del Porto vecchio da adibire a temporanee attività culturali, obbligava la ditta medesima a realizzare una recinzione ai fini della sicurezza e imponeva altre prescrizioni, in tal modo evidenziando almeno indirettamente la permanenza nella zona di sostanziali vincoli alla movimentazione di merci e soprattutto delle persone derivanti dal regime di porto franco. In altri termini, solo di recente la ditta istante ha potuto valutare nella loro piena portata i limiti alla propria futura attività economica derivanti dal regime giuridico del porto franco.4.3 La seconda eccezione, d’inammissibilità del ricorso per la sua presunta indeterminatezza, non risulta fondata, da un lato stante la puntuale ricostruzione del regime di porto franco effettuata dalla parte ricorrente, e d'altro lato in quanto viene spiegata con dovizia di particolari l'incompatibilità tra tale regime e la realizzazione concreta del contenuto della concessione. In sostanza, l'eccezione così come formulata trasborda in una confutazione del merito del ricorso, che va pertanto esaminato in dettaglio.»
Sintesi: Alla luce del disposto dell’art. 31, comma 4, c.p.a., la domanda volta all’accertamento delle nullità previste dalla legge deve essere proposta nel termine decadenziale di 180 giorni. Viceversa nel sistema previgente, da applicarsi nel caso in cui il provvedimento impugnato sia stato emesso in data anteriore alla entrata in vigore del c.p.a., il rilievo della nullità di un provvedimento violativo del giudicato non era sottoposto a termini decadenziali.
Estratto: «Indipendentemente dai motivi dedotti, l’intervenuta pronuncia della Corte costituzionale 293/2010 ha determinato il venir meno, ab origine, dell’art 43 TU espropriazioni, norma attributiva del potere dell’Amministrazione di disporre l’acquisizione coattiva al proprio patrimonio dei fondi illegittimamente trasformati in maniera irreversibile (sul punto, Cons. Stato, Sez. IV, 30 novembre 2010, n. 8363).La mancanza di una norma attributiva del potere determina quindi, in relazione ad un provvedimento non ancora consolidato, una situazione di illegittimità che, anteriormente alle modifiche operate sulla legge 241/1990 ad opera della legge 15/2005, veniva ricondotta ad un vizio talmente radicale da comportare l’inesistenza o la nullità dell’atto (Cons. Stato, Sez. V, 10 gennaio 2003, n. 35; Cons. Stato, Sez. V, 8 giugno 1979, n. 296), e che la citata legge 15/2005, mediante l’introduzione dell’art. 21-septies della legge 241/1990, ha fatto rientrare nell’alveo concettuale della nullità (e non già della inesistenza).Nel caso di specie, la carenza della norma attributiva del potere dell’Amministrazione deve essere valutata alla luce del disposto dell’art. 31, comma 4, cpa, in base al quale la domanda volta all’accertamento delle nullità previste dalla legge deve essere proposta nel termine decadenziale di 180 giorni (ciò che nel caso di specie non è accaduto, essendo stata la nullità dedotta con semplici memorie, non notificate al Comune resistente).Il Collegio ritiene che tale norma non possa operare nel caso di specie; ciò perché il provvedimento impugnato è stato emesso in data anteriore alla entrata in vigore del codice del processo amministrativo, così risultando l’art. 31, comma 4, cpa, inapplicabile ratione temporis, alla luce della circostanza che nel previgente sistema processuale, il rilievo della nullità di un provvedimento violativo del giudicato non era sottoposto a termini decadenziali (sul punto, Cons. Stato, Sez. IV, 30 novembre 2010, n. 8363).La proposta impugnazione del provvedimento negli ordinari termini decadenziali, ancorché sotto profili diversi, ne ha peraltro impedito il consolidamento, così consentendo al Giudice, anche in assenza di rituale impugnazione sul punto, di «…procedere all’annullamento officioso del provvedimento sottoposto ritualmente al suo sindacato…» (Cons. Stato, Sez. IV, 30 novembre 2010, n. 8363).Tanto deve quindi condurre ad una pronuncia di accoglimento del presente ricorso, nella parte relativa alla impugnazione dei provvedimenti.»
Sintesi: La differenza tra nullità ed annullabilità, dal punto di vista processuale, si concreta soprattutto nel fatto che l'azione di accertamento della nullità può essere esperita sine die, salvo per quanto riguarda la domanda volta all’accertamento delle nullità previste dalla legge che, ai sensi dell’art. 31, co. 4, cod. proc. amm., deve essere proposta entro il termine di decadenza di centottanta giorni, mentre il provvedimento amministrativo annullabile di cui si contesta la legittimità deve essere impugnato entro i termini decadenziali applicabili alla fattispecie.
Estratto: «L’impugnativa relativa alla deliberazione della Giunta Municipale del Comune di Paternò n. 468 del 30 ottobre 2009, avente ad oggetto “Piano Generale degli Impianti – Approvazione variante in ampliamento”, che, secondo quanto dedotto con il primo motivo, sarebbe nulla perché adottata in totale difetto di attribuzione...
[...omissis...]
Sintesi: L’applicabilità della disciplina civilistica alla categoria del “provvedimento amministrativo nullo”, potrebbe condurre al pieno dispiegarsi del principio di cui all’art. 1422 del codice civile, con chiari riflessi in tema di termine dell’impugnativa degli atti. In ogni caso unicamente laddove vengono denunciati vizi trasmodanti la categoria dell'illegittimità, potrebbe discorrersi di rilevabilità sine die dei medesimi.
Estratto: «In ultimo, coerentemente con quanto si è finora esposto, si deve dare conto della ulteriore prospettazione contenuta nel ricorso in appello, secondo cui il procedimento di approvazione della variante era affetto da vizi procedurali (il ricorso alla c.d. “procedura semplificata”) che, a loro volto, dovevano riverberarsi sulla decorrenza del termine impugnatorio.Anche sotto tale angolo prospettico la censura – peraltro formulata in termini perplessi, sotto il profilo della incidenza finalistica di tale lamentato vizio- non appare persuasiva.In disparte la circostanza che tale evenienza è sotto il profilo fattuale decisamente contestata dalle appellate amministrazioni, la tesi in oggetto non appare convincente sotto alcun profilo.E’ vero semmai il contrario.Anche a dare per provato, (il che non è) che uno strumento urbanistico “generale” sia stato approvato a seguito di un procedimento viziato, non si vede perché il termine per insorgere giudizialmente denunciando tali vizi debba essere dilatato nel tempo e non debba decorrere dalla pubblicazione.Invero delle due l’una: se la parte invoca un “fuorviamento”, una propria “distrazione” dovuta alla intestazione del provvedimento o del procedimento per l’adozione, di guisa che essa non si sarebbe peritata di controllarne l’oggetto, facendo inutilmente decorrere il termine di impugnazione, tale carenza di diligenza può unicamente ricadere nella propria responsabilità per la già riferita inconfigurabilità, in subiecta materia, dell’errore scusabile.Se, viceversa, si ipotizza che i vizi procedurali attingenti la fase approvazione del provvedimento possano essere invocati sine die, la tesi è priva di consistenza, concretando questi ultimi -ove provati- unicamente vizi di legittimità che si riverberano sul provvedimento finale e che devono essere censurati nei termini decadenziali decorrenti dalla pubblicazione.E’ noto che la recente novella n. 15/2005 ha espressamente codificato – sopendo un risalente dibattito dottrinario - la categoria generale del provvedimento amministrativo affetto da vizi di nullità, devolvendo alla cognizione del plesso giurisdizionale amministrativo la cognizione di tali radicali difetti dell’atto (anche sotto tal ultimo profilo prendendo radicale e decisa posizione su una questione che ha costituito oggetto di affascinanti ed accanite dispute tra le generazioni di giuristi successive alla emanazione degli artt. 4 e 5 della LAC del 1865). Unicamente laddove venissero denunciati vizi trasmodanti la categoria della illegittimità (ovvero, secondo taluno, addirittura esuberanti rispetto allo stesso paradigma della nullità, e tali da fare ricadere l’atto nella discussa categoria della “inesistenza”) potrebbe discorrersi di rilevabilità sine die dei medesimi.Di recente, la Sezione ha avuto modo di affermare che “La nullità dei provvedimenti dinanzi al giudice amministrativo è rilevabile d'ufficio, alla stregua dei principi generali in tema di nullità e dell'art. 1421 c.c., evidentemente applicabili anche nel processo amministrativo in specie nelle ipotesi in cui, come nella fattispecie in esame, la validità ed esecutività del provvedimento costituisca oggetto della controversia.”(Consiglio Stato , sez. VI, 20 gennaio 2009, n. 265).La applicabilità alla categoria del “provvedimento amministrativo nullo” della disciplina civilistica potrebbe (ma la questione è discussa, dovendo secondo altra tesi dottrinaria la disciplina applicabile a detta categoria omogeneizzarsi ai principi del processo amministrativo, tra i quali rientra quello della necessari età del rispetto del termine decadenziale di impugnativa) condurre al pieno dispiegarsi del principio di cui all’art. 1422 del codice civile, con chiari riflessi in tema di termine dell’impugnativa degli atti. Tale ultima tesi è stata di recente sostenuta dal Consiglio di Stato, che ha precisato che “il nuovo articolo 21-septies della legge n. 241/1990; recependo i risultati di una ricca elaborazione interpretativa, ha codificato la categoria concettuale del provvedimento amministrativo nullo, definendone i caratteri sostanziali. La disposizione, tuttavia, non ha espressamente indicato la disciplina dell'azione di nullità, con particolare riguardo ai termini di decadenza o di prescrizione. La carenza di disciplina espressa, variamente criticata dalla dottrina, non impedisce di applicare, analogicamente, il nucleo essenziale delle norme contenute nel codice civile, riguardanti la nullità del contratto, nella parte in cui esse riflettono principi sistematici di portata più generale. In particolare, trova applicazione la regola della imprescrittibilità dell'azione di nullità. La gravità delle patologie elencate dall'articolo 21-septies comporta che l'atto sia, in radice, inidoneo a produrre effetti giuridici. Questa assoluta inidoneità strutturale dell'atto comporta che l'interessato possa fare accertarne la nullità, senza limitazioni temporali, ferma restando l'eventuale prescrizione delle connesse azioni di condanna.”(Consiglio Stato , sez. V, 09 giugno 2008, n. 2872)Quale che sia l’opzione ermeneutica praticabile sul punto, ciò che giova precisare, però, è che, nel caso di specie, si è ben lungi dalla -anche teorica- ipotizzabilità di vizi di nullità attingenti la variante impugnata, ovvero addirittura di “inesistenza dell’atto”, e pertanto anche l’ asserito deficit di legittimità attingente la procedura di approvazione della variante doveva essere censurato nei termini decadenziali di legge e parimenti, la decorrenza di tali termini doveva ancorarsi alla pubblicazione dell’atto medesimo (ad abundantiam, sul punto, si tenga presente la decisione che di seguito si riporta, secondo cui “i vizi procedimentali intervenuti nel corso del procedimento di approvazione del piano regolatore generale - nella specie, omessa formazione del silenzio assenso regionale necessario per la assunzione della delibera comunale di approvazione - rende lo strumento meramente annullabile, e non nullo ai sensi dell'art. 27 septies l. n. 241 del 1990.”(Consiglio Stato , sez. IV, 21 agosto 2006, n. 4858).»
GIUDIZIO --> IMPUGNAZIONE --> TERMINE DECADENZIALE --> COMPROPRIETARI
Sintesi: La notificazione degli atti relativi ad un procedimento espropriativo solo ad alcuni comproprietari non costituisce elemento idoneo di per sé a provare la piena conoscenza degli atti da parte degli altri comproprietari, salvo che non sia provata la loro coabitazione ovvero l’avvenuta comunicazione da parte del ricevente all’altro comproprietario della notizia relativa alla notifica dell’atto, circostanze queste che devono essere provate da chi eccepisce la tardività dell’impugnazione.
Estratto: «Ciò detto, va ricordato che - come è noto - chi eccepisce la tardività del ricorso deve dare rigorosa dimostrazione del fatto che il ricorrente aveva conosciuto l’atto impugnato in un momento anteriore di almeno sessanta giorni rispetto alla data di notificazione del ricorso stesso, fornendo una prova certa ed inequivocabile e non attraverso la prospettazione di mere presunzioni. Ed in merito la giurisprudenza amministrativo ha già chiarito che la notificazione degli atti relativi ad un procedimento espropriativo solo ad alcuni comproprietari dei suoli interessati dai lavori non costituisce elemento idoneo di per sé a provare la piena conoscenza degli atti da parte degli altri comproprietari, salvo che non sia provata la loro coabitazione ovvero l’avvenuta comunicazione da parte del ricevente all’altro comproprietario della notizia relativa alla notifica dell’atto, circostanze queste che devono essere provate da chi eccepisce la tardività dell’impugnazione (Cons. St., sez. IV, 21 dicembre 2006, n. 7762, e 22 ottobre 2004, n. 6959). Inoltre, va ulteriormente precisato, che non è neanche idonea a integrare la presunzione di piena consapevolezza della lesività dell’atto impugnato la semplice comunicazione dell’esistenza di una delibera di approvazione di un progetto di un’opera pubblica, comportante la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, occorrendo invece che gli atti del procedimento espropriativo per cui è fatta la comunicazione siano allegati a quest’ultima, a fini di notifica, ovvero la stessa comunicazione ne riporti, quanto meno in sintesi, il contenuto più rilevante, così che possa ritenersi verificata la condizione della piena conoscenza degli atti del procedimento (Cons. St., sez. IV, 22 settembre 2010, n. 7035, e 13 gennaio 2010, n. 39).Ora dall’esame degli atti di causa non sembra che tale prova rigorosa sia stata fornita; inoltre, non risulta neanche provata in quale data la deliberazione in parola sia stata pubblicata e sia stata notificata, con tutti gli allegati, agli altri comproprietari.Ciò stante, l’eccezione di tardività, così come formulata, non sembra idonea a far dichiarare l’irricevibilità del gravame.»