Sintesi: In tema di espropriazione per pubblica utilità la conoscenza della pendenza del procedimento e la possibilità di esercitare i diritti partecipativi previsti dalla legge n. 241/1990 non determina alcuna presunzione di conoscenza dell’atto finale, né, tanto meno, determina un onere dell’interessato di attivarsi per ottenere l’effettiva conoscenza del provvedimento ritenuto lesivo; ne deriva che, in tale ambito, la decorrenza del termine per proporre ricorso avverso un provvedimento che incida, direttamente, nella sfera giuridica del ricorrente (nel caso di specie vincolo espropriativo), non può che essere fatto decorrere dal momento della comunicazione individuale o della notifica dell'atto.
Estratto: «2.Ciò premesso, vanno prioritariamente esaminate - in quanto pregiudiziali sotto il profilo logico - le riproposte eccezioni preliminari di tardività e difetto di interesse in relazione al mezzo di primo grado prospettate dall’amministrazione comunale di Penne appellante incidentale.2.1. Di esse il Collegio rileva la infondatezza. Per il vero, si potrebbe anche dubitare della ammissibilità delle medesime, essendosi il Comune limitato in linea di massima a riproporre il contenuto delle eccezioni di primo grado omettendo di prospettare una critica alle argomentazioni reiettive utilizzate dal primo giudice (oggi: Cons. Stato Sez. IV, 18-04-2013, n. 2170:“l'appello al Consiglio di Stato non può limitarsi ad una generica riproposizione dei motivi di ricorso disattesi dal giudice di primo grado, ma deve contenere una critica ai capi di sentenza appellati; la mera riproposizione dei motivi è ammessa solo se il giudice di primo grado non li abbia esaminati o li abbia disattesi con argomenti palesemente inconferenti, nel qual caso, però, il ricorrente dovrebbe comunque contestare la mancanza o la non pertinenza della motivazione”; in passato: Cons. Stato Sez. IV, 12-05-2009, n. 2929: “inammissibile, in appello, è la mera riproposizione, in base a semplice e generico rinvio alle censure e deduzioni svolte in primo grado, del motivo del ricorso avulso da qualsivoglia specifica e concreta critica della sentenza”).2.2. Ma, anche a voler prescindere da tale considerazione, tuttavia, è jus receptum quello per cui (Cons. Giust. Amm. Sic. Sent., 11-05-2009, n. 394 ) “in tema di espropriazione per pubblica utilità la conoscenza della pendenza del procedimento e la possibilità di esercitare i diritti partecipativi previsti dalla legge n. 241/1990 non determina alcuna presunzione di conoscenza dell’atto finale, né, tanto meno, determina un onere dell’interessato di attivarsi per ottenere l’effettiva conoscenza del provvedimento ritenuto lesivo; ne deriva che, in tale ambito, la decorrenza del termine per proporre ricorso avverso un provvedimento che incida, direttamente, nella sfera giuridica del ricorrente non può che essere fatto decorrere dal momento della comunicazione individuale o della notifica dell'atto.”Nel caso di specie, in carenza di alcuna notifica/comunicazione individuale, non risulta smentito che parte appellata ebbe conoscenza del vincolo espropriativo unicamente allorché venne a conoscere del decreto di occupazione di urgenza. Ne discende la infondatezza della dedotta eccezione di tardività del mezzo di primo grado.»
Sintesi: Secondo un principio costantemente ribadito dalla giurisprudenza amministrativa, l’atto impositivo del vincolo specifico ed immediatamente lesivo per l’interesse del proprietario deve essere a questo notificato individualmente e soltanto da tale momento decorre il termine per l’impugnazione, che non può viceversa essere collegato alla semplice pubblicazione della delibera che contiene la dichiarazione di pubblica utilità.
Sintesi: La mera conoscenza della pendenza del procedimento di approvazione del vincolo espropriativo non determina, in linea di principio, alcuna presunzione di conoscenza in capo al destinatario, in difetto di notifica o comunicazione individuale.
Estratto: «1. Preliminarmente, devono essere respinte le eccezioni di inammissibilità sollevate dalle parti resistenti. Ed infatti:- la ricorrente ha tempestivamente impugnato l’atto conclusivo del procedimento ablatorio, costituito dal provvedimento comunale del 17 aprile 2012 di costituzione della servitù di area sciabile;- unitamente a questo, la ricorrente ha impugnato le presupposte deliberazioni comunali e regionali di individuazione delle aree sciabili, che equivalgono a dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza, ai sensi degli artt. 14 e 49 della legge regionale n. 2 del 2009, e che non le erano state notificate o comunicate individualmente;- secondo un principio costantemente ribadito dalla giurisprudenza amministrativa, l’atto impositivo del vincolo specifico ed immediatamente lesivo per l’interesse del proprietario deve essere a questo notificato individualmente e soltanto da tale momento decorre il termine per l’impugnazione, che non può viceversa essere collegato alla semplice pubblicazione della delibera che contiene la dichiarazione di pubblica utilità (cfr., per tutte: Cons. Stato, sez. IV, 22 febbraio 2000 n. 939; Id., sez. IV, 9 novembre 2005 n. 6261);- l’estratto della documentazione contabile della Aghe s.r.l., prodotto in giudizio dalla difesa della controinteressata (doc. 7) al fine di dimostrare che le delibere del 2011 erano già note nel loro contenute essenziale, non vale a determinare la tardività del ricorso avverso gli atti comunali e regionali recanti la dichiarazione implicita di pubblica utilità, innanzitutto perché riporta un riferimento del tutto generico ad imprecisate delibere che gli enti locali avrebbero assunto in ordine alla costruzione e gestione degli impianti di risalita, ed in ogni caso perché la mera conoscenza della pendenza del procedimento di approvazione del vincolo espropriativo non determina, in linea di principio, alcuna presunzione di conoscenza in capo al destinatario, in difetto di notifica o comunicazione individuale (cfr. Cons. Giust. Amm. Sicilia, 11 maggio 2009 n. 394).»
Sintesi: La reiterazione del vincolo in una variante non comporta modifiche alla natura, alla funzione e al contenuto dello strumento urbanistico che resta un atto pianificatorio a contenuto generale (anche quando contiene una misura del tipo di quella in questione), sicché il regime di impugnazione deve intendersi il medesimo delle delibere originarie di pianificazione territoriale, con l'ulteriore corollario che il dies a quo per il ricorso decorre, per tutti gli interessati (ivi compresi i proprietari di terreni colpiti dai vincoli reiterati), dall'ultimo giorno della pubblicazione del provvedimento con il quale è intervenuta l'approvazione definitiva dello strumento urbanistico.
Estratto: «Con la delibera n. 54/2005 il Consiglio comunale ha approvato il progetto preliminare dei lavori di realizzazione di un centro assistenza anziani, del centro terziario direzionale civico, di parcheggi, verde e ciclopedonalità, con espressa adozione di variante al P.R.G. ed al Piano di Zona 167...
[...omissis...]
Sintesi: I piani regolatori generali o loro varianti (a contenuto generale o di ampie zone e comparti territoriali), debbono essere contestati in giudizio nel termine decadenziale decorrente dalla data di pubblicazione; per mitigare il rigore di questo principio la giurisprudenza ha, peraltro, introdotto una deroga, specificando che qualora lo strumento urbanistico (di solito una variante) abbia ad oggetto un bene immobile specifico sul quale viene imposto un vincolo espropriativo, è necessario che l’atto sia notificato all’interessato oppure che si dia la prova della conoscenza piena.
Estratto: «Viene allora in rilievo la questione della decorrenza iniziale del temine per impugnare.Secondo l’indirizzo del Consiglio di Stato (cfr. sez. V, 28 aprile 2011, n. 2534; sez. IV, 23 dicembre 2010, n. 9375; sez. IV, 21 maggio 2010, n. 3233; sez. V, 10 febbraio 2010, n. 663), ai sensi dell'art. 21, comma 1, legge n. 1034 del 1974 (applicabile ratione temporis alla vicenda in trattazione) ed oggi dell’art. 42, comma 2, c.p.a., in tutti i casi in cui non sia necessaria la notificazione individuale del provvedimento e sia al contempo prescritta da una norma di legge o di regolamento la pubblicazione dell'atto in un apposito albo, il termine per proporre l'impugnazione decorre dal perfezionarsi delle procedure di pubblicazione.Il normale termine di decadenza per ricorrere contro gli atti amministrativi soggetti a pubblicazione necessaria decorre, per i soggetti non espressamente nominati, dalla pubblicazione, non essendo indispensabile la notificazione individuale o la piena conoscenza.Sono atti pianificatori, soggetti a pubblicazione necessaria, quelli recanti l'approvazione di piani regolatori generali o loro varianti (a contenuto generale o di ampie zone e comparti territoriali come nel caso di specie), i quali, secondo la costante giurisprudenza, debbono essere contestati in giudizio nel termine decadenziale decorrente dalla data di pubblicazione, non essendo richiesta la notificazione agli interessati né il decorso dell'ulteriore termine di efficacia.Per mitigare il rigore di questo principio la giurisprudenza ha, peraltro, introdotto una deroga sulla decorrenza del termine per impugnare, specificando che qualora lo strumento urbanistico (di solito una variante) abbia ad oggetto un bene immobile specifico sul quale viene imposto un vincolo espropriativo, è necessario che l’atto sia notificato all’interessato oppure che si dia la prova della conoscenza piena (cfr. Cons. Stato, sez. V, 28 aprile 2011, n. 2534; Cons. Stato, sez. IV, 21 maggio 2010, n. 3233);Nel caso di specie, l’atto impugnato è il Piano Regolatore Generale che disciplina l’utilizzo dell’intero territorio e la disposizione contestata è una misura di conformazione della destinazione di un’area, per la quale non può dirsi che si sarebbe dovute procedere ad una notifica individuale.Il termine per l'impugnazione del piano regolatore generale, pertanto, doveva considerarsi decorrente per tutti gli interessati, inclusi i proprietari di immobili oggetto delle previsioni limitative del piano, dall'avvenuto espletamento delle formalità di pubblicazione (Consiglio Stato, sez. IV, 21 agosto 2006, n. 4858).A quest’ultimo riguardo la norma di riferimento è l‘art. 10, comma 6, della legge urbanistica 17.8.1942, n. 1150, ai sensi del quale “Il decreto di approvazione del piano è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del Regno. Il deposito del piano approvato, presso il Comune, a libera visione del pubblico, è fatto nei modi e termini stabiliti dal regolamento”.Vengono, altresì, in rilievo l’art. 62 del R.D. 3 marzo 1934, n. 383, ai sensi del quale “Ogni Comune deve avere un albo pretorio per la pubblicazione delle deliberazioni, delle ordinanze, dei manifesti e degli atti che devono essere portati a conoscenza del pubblico. Le deliberazioni del Consiglio comunale devono essere pubblicate almeno per estratto contenente il riassunto della parte narrativa e l'integrale parte dispositiva mediante affissione nell'albo pretorio nel primo giorno festivo o di mercato successivo alla loro data. I regolamenti comunali, dopo intervenuta la prescritta approvazione, devono essere pubblicati all'albo pretorio per quindici giorni consecutivi”, nonché la legge 8.6.1990, n. 142, sull’ordinamento delle autonomie locali, che, nell’abrogare l’art. 62 del predetto R.D. 3 marzo 1934, n. 383, aveva previsto all’art. 47 che “Tutte le deliberazioni comunali e provinciali sono pubblicate mediante affissione all'albo pretorio, nella sede dell'ente, per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni di legge”.L’art. 47 della legge 8.6.1990, n. 142, è stato poi abrogato dal D. Lgs. 18.8.2000, n. 267, entrato in vigore successivamente al perfezionamento degli atti gravati in questa sede.Il suddetto D. Lgs. 18.8.2000, n. 267 ha previsto, all’art. 124, che “1. Tutte le deliberazioni del comune e della provincia sono pubblicate mediante affissione all'albo pretorio, nella sede dell'ente, per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni di legge. 2. Tutte le deliberazioni degli altri enti locali sono pubblicate mediante affissione all'albo pretorio del comune ove ha sede l'ente, per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni”.Ora, in assenza del regolamento previsto dall’art. 10, comma 6, della legge urbanistica 17.8.1942, n. 1150, tali riscontri normativi, sono stati interpretati dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, precedente all’entrata in vigore del D. Lgs. 18.8.2000, n. 267, nel senso che la data da cui muove il termine di sessanta giorni per impugnare la previsione della strumentazione generale decorre dal momento conclusivo dell’ultima misura conoscitiva messa in atto, vale a dire dall’ultimo giorno della pubblicazione all’albo pretorio dell’avviso di deposito presso gli uffici comunali dei documenti relativi al piano approvato (Consiglio Stato, sez. IV, 18.1.1996, n.45; Consiglio Stato, sez. V, 27.10.1995, n.1489).Tale interpretazione è stata confermata anche di recente dopo l’entrata in vigore del D. Lgs. 18.8.2000, n. 267 (Consiglio Stato, sez. IV, 28 marzo 2011, n. 1868; T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 10 ottobre 2002, n. 6272).Ritiene il Collegio che il deposito degli atti presso il Comune dovesse comportare, in assenza del previsto regolamento che avrebbe dovuto specificare le forme di pubblicazione del deposito degli atti presso i Comuni, l’applicazione del regime di pubblicazione all’albo pretorio, espressamente previsto per le delibere dell’Ente, con l’effetto di far decorrere il termine iniziale per l’impugnativa dalla scadenza del periodo di pubblicazione nel medesimo albo dell’avviso di deposito.»
Sintesi: Deve ritenersi proposta tempestivamente l’impugnazione rispetto alla data di approvazione della variante allo strumento urbanistico generale, giacché con tale approvazione è divenuta efficace la variante urbanistica ed è stato apposto il vincolo preordinato all’esproprio con dichiarazione di pubblica utilità dell’opera pubblica e conseguente lesione giuridica della posizione soggettiva della ricorrente e del relativo diritto di proprietà sui suoli sottoposti a procedura espropriativa.
Estratto: «Orbene, mette conto evidenziare che, rispetto al previgente regime in cui la procedura espropriativa aveva una disciplina autonoma e priva di collegamento con la regolamentazione urbanistica del territorio, con il D.P.R. 327/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità) si è inteso creare un collegamento genetico - funzionale fra lo strumento espropriativo e l'urbanistica, intesa quale materia che disciplina l'assetto e l'utilizzazione del territorio che trova, appunto, nello strumento urbanistico generale la manifestazione più immediata ed omnicomprensiva. Il procedimento espropriativo viene così disciplinato come unitario e in esso si articolano tre fasi, costituenti altrettanti subprocedimenti, di cui il primo è proprio costituito dall'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio (mentre gli altri sono da individuarsi nella dichiarazione di pubblica utilità e nel decreto di esproprio), con il quale viene localizzata l'opera pubblica o di pubblica utilità da realizzare, con la correlata individuazione del bene da espropriare. Dovendosi assicurare la conformità della predetta opera alla normativa urbanistica di riferimento, il vincolo espropriativo si può legittimamente apporre unicamente quando diventa efficace l'atto di approvazione del piano urbanistico generale o, in mancanza, in caso di approvazione di una sua variante.Alla luce dei descritti principi generali deve quindi ritenersi che l’impugnazione sia stata tempestivamente proposta rispetto alla data di approvazione della variante allo strumento urbanistico generale disposta dal Commissario Straordinario della Provincia di Caserta con deliberazione n. 83/CS del 16 luglio 2009 e con decreto prot. n. 60 del 5 agosto 2009 (pubblicati sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania del 21 settembre 2009), giacché con tale approvazione è divenuta efficace la variante urbanistica ed è stato apposto il vincolo preordinato all’esproprio con dichiarazione di pubblica utilità dell’opera pubblica e conseguente lesione giuridica della posizione soggettiva della ricorrente e del relativo diritto di proprietà sui suoli sottoposti a procedura espropriativa.Da tali considerazioni discende l’inconsistenza della eccezione di tardività del ricorso, dal momento che alla data di presentazione delle osservazioni (2005 e 2007) non era ancora intervenuta l’approvazione del progetto definitivo e della variante allo strumento urbanistico generale nonché la conseguente dichiarazione di pubblica utilità dell’opera.»
Sintesi: Il dies a quo per l’impugnazione delle disposizioni contenute in strumenti urbanistici generali, anche qualora contengano vincoli preordinati all’esproprio, va individuato nella scadenza del termine di pubblicazione dell’avviso di deposito degli atti presso gli uffici comunali.
Estratto: «Come già osservato dalla sentenza 29 gennaio 2010 n. 211, emessa dalla Sezione terza di questo Tribunale occupandosi dei medesimi atti del Comune di Bisceglie, secondo l’orientamento dominante, il dies a quo per l’impugnazione delle disposizioni contenute in strumenti urbanistici generali, anche qualora contengano vincoli preordinati all’esproprio, va individuato nella scadenza del termine di pubblicazione dell’avviso di deposito degli atti presso gli uffici comunali e ciò già potrebbe comportare la tardività del gravame nella parte riguardante il PEEP.»
Sintesi: Secondo un costante e consolidato orientamento degli organi di giustizia amministrativa, nell’ipotesi in cui un vincolo espropriativo venga introdotto a mezzo di una variante specifica al vigente strumento urbanistico, il termine per l’impugnazione decorre non dalla pubblicazione della variante, ma dall’effettiva conoscenza del provvedimento da parte dei destinatari della previsione.
Estratto: «Quanto, poi, alla tardività dell’impugnativa, va evidenziato che secondo un costante e consolidato orientamento degli organi di giustizia amministrativa (cfr., da ultimo, T.A.R. Piemonte, sez. I, 21 maggio 2010, n. 2431) nell’ipotesi in cui un vincolo espropriativo venga introdotto - come nel caso di specie - a mezzo di una variante specifica al vigente strumento urbanistico il termine per l’impugnazione decorre non dalla pubblicazione della variante, ma dalla effettiva conoscenza del provvedimento da parte dei destinatari della previsione. Infatti, la regola della presunzione di conoscenza conseguente alla mera pubblicazione dell’atto di approvazione del piano regolatore generale non vale per il caso particolare in cui la variante non sia caratterizzata da una considerazione globale del territorio comunale, ma sia rivolta ad incidere in modo singolare su di un determinato e specifico bene imprimendogli un vincolo preordinato all’espropriazione; di talché, l’onere di impugnazione decorre, in questo caso, dalla comunicazione o dalla piena conoscenza dell’approvazione da parte del diretto interessato (così, da ultimo, T.A.R. Campania, sez. Salerno, sez. II, 26 maggio 2011, n. 1007).Per altro verso, è ugualmente pacifico in giurisprudenza (cfr. Cons. St., sez. IV, 13 gennaio 2010, n. 50, e sez. IV, 18 giugno 2009, n. 4009) che la mancata impugnazione della deliberazione di adozione di una variante non ha alcun effetto preclusivo in ordine all’impugnazione della deliberazione di approvazione del piano urbanistico, in quanto gli interessati hanno solo la facoltà e non l’onere di impugnare la deliberazione di adozione.»
Sintesi: E' il DPR 327/01 che ha imposto lo specifico obbligo di comunicazione, nel caso di adozione di varianti puntuali e non generali, ai soggetti direttamente incisi dall’imposizione del vincolo preordinato all’esproprio, in un’ottica maggiormente garantista. Prima della sua entrata in vigore anche con riferimento alle varianti urbanistiche c.d. “puntuali” non era prevista alcuna forma personalizzata di comunicazione dell’avvio del procedimento ed il dies a quo per l’impugnazione della nuova previsione urbanistica così adottata veniva fatto coincidere con l’ultimo giorno della pubblicazione all’albo dell’avviso relativo all’intervenuta approvazione dell’atto.
Estratto: «Le censure dedotte, peraltro, possono essere ricondotte a tre profili principali: quello della violazione degli obblighi connessi alla tutela della partecipazione al procedimento, della carenza di motivazione, anche in quanto le ultime scelte progettuali non risponderebbero più agli obiettivi perseguiti e della violazione della legge n. 109/94.Il Collegio ritiene di non poter ravvisare la dedotta lesione della garanzia di partecipazione al procedimento, considerato che seppur non risulti smentito che nessuna specifica comunicazione di avvio del procedimento è stata inviata con riferimento all’approvazione di quei progetti che avevano valore di variante urbanistica, tale circostanza non inficia la legittimità dei provvedimenti adottati in esito alla conclusione del procedimento stesso.All’epoca dei fatti l’allora vigente normativa non prevedeva un tale obbligo, con la conseguenza che, anche con riferimento alle varianti urbanistiche c.d. “puntuali” e cioè specificamente dirette a rendere la scelta progettuale compatibile con lo strumento urbanistico, non era prevista alcuna forma personalizzata di comunicazione dell’avvio del procedimento ed il dies a quo per l’impugnazione della nuova previsione urbanistica così adottata veniva fatto coincidere con l’ultimo giorno della pubblicazione all’albo dell’avviso relativo all’intervenuta approvazione dell’atto.Solo l’entrata in vigore del DPR 327/01 e delle sue previsioni ha imposto lo specifico obbligo di comunicazione, nel caso di adozione di varianti puntuali e non generali, ai soggetti direttamente incisi dall’imposizione del vincolo preordinato all’esproprio, in un’ottica maggiormente garantista.Correttamente, quindi, nessuna comunicazione di avvio del procedimento ha preceduto l’approvazione della deliberazione n. 14 del 2000, volta alla revoca della precedente deliberazione n. 24/99, ma non equivalente a dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, nonché della deliberazione n. 15/2000 di approvazione del progetto preliminare di variante al tracciato e conseguente variante urbanistica.Successivamente, con specifico riferimento al procedimento di approvazione del progetto definitivo (avvenuta con deliberazione n. 506 del 22 novembre 2000) la partecipazione della ricorrente è stata ampiamente garantita, ancorché la stessa non abbia presentato alcuna osservazione che, proprio in ragione di ciò, non poteva avere alcuna risposta, come invece avrebbe preteso parte ricorrente. Non poteva rilevare, infatti, nell’ambito strettamente amministrativo del procedimento, quanto già dedotto dalla Immobiltre nei ricorsi depositati. Solo la materiale produzione, nel corso del procedimento, di puntuali osservazioni avrebbe potuto ingenerare la legittima pretesa ad una puntuale risposta alle osservazioni stesse che desse conto del giudizio di bilanciamento operato.»
Sintesi: Gli eventuali vizi delle varianti preordinate al rinnovo dei vincoli scaduti, devono esser fatti valere con le consuete e tempestive modalità impugnatorie, senza poter dedurre nullità di sorta.
Estratto: «Va preliminarmente chiarito che –al contrario di quanto postulato in vari passaggi del gravame- il difetto di continuità non determina affatto una giuridica inesistenza del nuovo vincolo, postulando solo un potenziato onere di motivazione, in diretta proporzione con il numero delle precedenti reiterazioni ed il decorso temporale dall’ultima scadenza (cfr. sullo specifico punto, corte costituzionale 314/2007 e tutta la precedente giurisprudenza della Consulta, ove si prevede indistintamente non solo il potere di proroga sui vincoli in scadenza, ma anche il potere di rinnovazione dei vincoli scaduti). Anche la dedotta mancanza di un effettivo connotato di generalità da parte delle varianti sopravvenute del 1998 e del 2002 si riverbera in una questione di legittimità delle varianti stesse, nella parte in cui queste ultime risultano invece preordinate al rinnovo dei vincoli scaduti, così che gli eventuali vizi avrebbero dovuto esser fatti valere con le consuete e tempestive modalità impugnatorie, senza poter ora dedurre nullità di sorta. La mancata liquidazione degli indennizzi previsti dalle note pronunce della Corte costituzionale resta poi addirittura estranea alla legittimità del provvedimento ed alla cognizione del GA (Consiglio di Stato A.P. n. 7/07).Dall’esposto contesto emerge che l’inidoneità al rinnovo del vincolo espropriativo avrebbe dovuto essere eccepita entro i termini decadenziali nei riguardi di quelle varianti -post vincolo scaduto nel 1985- che il ricorrente contesta solo con il gravame odierno (cfr. in proposito il conforme precedente di questo tar sentenza n. 675/09).In conclusione, il ricorso va in parte dichiarato irricevibile per tardività in relazione alle varianti sopravvenute alla scadenza del vincolo ed in parte dichiarato. inammissibile in relazione alle questioni connesse alla mancata liquidazione degli indennizzi (eventualmente proponibili innanzi all’AGO, secondo le regole della translatio iudicii ora tipizzate nell’art. 11 del CPA.»
Sintesi: In caso di reiterazione di vincoli a contenuto espropriativo posta in essere attraverso una variante del piano regolatore generale, il termine per l'impugnazione decorre dalla data di pubblicazione del piano, non essendo necessaria la notifica individuale dello strumento approvato.
Estratto: «7. Ciò posto, nelle residue domande di cui consta, il ricorso 383/2006 è in parte irricevibile, in parte infondato. L’assunto fondamentale da cui i ricorrenti muovono è la presunta mancanza, a monte di tutta la procedura di realizzazione dell’opera contestata, del vincolo preordinato all’esproprio, dato che quello contenuto nella variante del 1999 sarebbe scaduto di validità e il piano dei servizi successivamente approvato sarebbe stato inidoneo a reiterarlo.8. L’assunto come tale non va condiviso. Il piano dei servizi in Lombardia è istituto all’epoca dei fatti di causa disciplinato dall’art. 22 della l.r. 15 aprile 1975 n°51, nel testo modificato dalla l.r. 15 gennaio 2001 n°1, secondo il quale “Al fine di assicurare una razionale distribuzione di attrezzature urbane nelle diverse parti del territorio comunale, il piano regolatore generale contiene…. uno specifico elaborato, denominato Piano dei servizi, che documenta lo stato dei servizi pubblici e di interesse pubblico o generale esistenti … e precisa … le scelte relative alla politica dei servizi di interesse pubblico o generale da realizzare nel periodo di operatività del piano regolatore generale”. Era (ed è tuttora) quindi possibile che il Comune, nel redigere il piano dei servizi, non si limitasse a prendere atto dell’esistente, ma operasse anche delle “scelte… da realizzare”, come è avvenuto con il parco pubblico di cui è causa.9. L’art. 9 della stessa l.r. 1/2001 n°1 al comma 2 rende poi applicabile alla approvazione del piano dei servizi stesso la procedura semplificata di cui alla l. 23/1997, e ciò in via generale, non soltanto ove il piano stesso abbia in concreto contenuti riconducibili alla l. 23/1997: in tal senso anche la deliberazione di Giunta regionale 21 dicembre 2001 n°7586 citata anche dalla difesa del Comune. Ne segue quindi che il Comune ben poteva, come ha fatto, prevedere nel proprio piano di servizi l’opera in questione e approvare il piano siffatto con la procedura semplificata.10. Da ciò, due conseguenze. In primo luogo, tale previsione di piano era del tutto idonea a reiterare il vincolo preordinato all’esproprio relativo all’area in parola, stante il chiaro disposto in tal senso dell’art. 9 comma 1 T.U. espropriazioni, per cui “Un bene è sottoposto al vincolo preordinato all'esproprio quando diventa efficace l'atto di approvazione del piano urbanistico generale, ovvero una sua variante, che prevede la realizzazione di un'opera pubblica o di pubblica utilità”.11. In secondo luogo, tale previsione di piano è ormai intangibile, dato che i ricorrenti non risultano avere impugnato nei termini la più volte ricordata delibera di sua approvazione. Secondo costante giurisprudenza, in particolare C.d.S. sez. IV 27 luglio 2007 n°4198, che si cita per tutte, infatti “in caso di reiterazione di vincoli a contenuto espropriativo posta in essere attraverso una variante del piano regolatore generale, il termine per l'impugnazione decorre dalla data di pubblicazione del piano, non essendo necessaria la notifica individuale dello strumento approvato”. Si tratta infatti di “prescrizioni che in via immediata stabiliscono le potenzialità edificatorie della porzione di territorio interessata”, che quindi sono immediatamente lesive e vanno immediatamente impugnate, come affermato da ultimo, proprio con riferimento alla localizzazione di opere pubbliche, da C.d.S. sez. VI 8 settembre 2009 n°5258.»
Sintesi: Le varianti al PRG sono impugnabili, in via generale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della loro pubblicazione, salvo che essi abbiano un contenuto specifico (costituendo vincoli espropriativi o di contenuto sostanzialmente espropriativi), nel qual caso – per i proprietari interessati – il termine decorrerà dalla notifica della disposizione ovvero dalla sua piena conoscenza.
Estratto: «In via generale, va ricordato che i piani attuativi – categoria nell’ambito della quale ricadono anche i piani di recupero - soggiacciono alla regola secondo cui il termine per l'impugnazione da parte dei soggetti non direttamente contemplati, quali i confinanti o i vicini, decorre dalla pubblicazione della delibera che li approva...
[...omissis...]
Sintesi: In caso di vincolo che incide in concreto su di un determinato immobile, imponendo su di esso un vincolo preordinato all’esproprio, l'impugnazione della variante non è preclusa pur a distanza di tempo dalla pubblicità, a meno che non sia stata effettuata la notifica o ne se ne sia avuta conoscenza.
Estratto: «In ordine al motivo con il quale si sostiene la tardività del ricorso originario, perché il termine per impugnare decorrerebbe dalla sua pubblicazione (dalla pubblicazione il termine decorre per tutti gli interessati, si veda Cons. Stato, IV, 29 ottobre 2001, n.5628), si osserva che, in caso di vincolo che incide in concreto su di un determinato immobile, imponendo su di esso un vincolo preordinato all’esproprio, la impugnazione non è preclusa della variante pur a distanza di tempo dalla pubblicità, a meno che non sia stata effettuata la notifica o ne se ne sia avuta conoscenza (così Cons. Stato, IV, 23 dicembre 1998, n.1904; 4 marzo 2003, n.1196).»
Sintesi: Nel caso in cui le previsioni urbanistiche costituiscano atti di pianificazione a contenuto singolo e i vincoli espropriativi vengano ad incidere in modo diretto e immediato sui soggetti destinatari del vincolo reiterato, il termine per l'impugnazione decorre non già dal giorno successivo all’ultimo di pubblicazione della delibera all’albo pretorio, bensì dalla sua comunicazione o notifica ai proprietari incisi.
Estratto: «Trascura, infatti il Comune di considerare che incontrastata giurisprudenza, espressa già dal Giudice d’appello nel 2001, dalla quale la Sezione non ravvisa ragioni per discostarsi, differenzia la fattispecie generica rappresentata dalla indifferenziata deliberazione dichiarativa della pubblica utilità scaturente dall’approvazione di una variante generale al piano regolatore, che interessi l’intero territorio comunale o vaste sue aree, dalla più specifica ipotesi, quale quella al vaglio della Sezione, in cui la variante e la connessa dichiarazione di pubblica utilità colpiscano singole determinate porzioni di territorio comunale, di proprietà di soggetti ben individuati. In tali evenienze la giurisprudenza è pacifica nello statuire che il termine decadenziale di sessanta giorni di cui all’art. 21 della L. T.A.R. decorre non già dal giorno successivo all’ultimo di pubblicazione della delibera all’albo pretorio, bensì dalla sua comunicazione o notifica ai proprietari incisi. Ebbe, infatti, al riguardo a precisare il Consiglio di Stato, che “nel caso in cui, invece, le previsioni urbanistiche costituiscono atti di pianificazione; a contenuto singolo e i vincoli espropriativi vengano ad incidere in modo diretto e immediato sui soggetti destinatari del vincolo reiterato, il termine per l'impugnazione può decorrere dalla data di notifica”. (Consiglio di Stato, Sez. IV, 29 ottobre 2001, n. 5628). La Decisione, che peraltro rinviene un precedente già in Consiglio di Stato, Sez. IV, 22 febbraio 2000, n. 939, è stata seguita da tutta la giurisprudenza successiva, la quale si è uniformata a siffatte coordinate esegetiche, talora valorizzando, in omaggio ai noti principi processuali amministrativi, oltre che la notifica, anche la piena conoscenza della deliberazione che impone il vincolo espropriativo sul bene privato: ex pluribus, T.A.R. Sardegna, Sez. II, 19 ottobre 2006, n. 2248; T.A.R. Sicilia - Catania, Sez. I, 17 giugno 2003, n. 979; T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 24 ottobre 2002, n. 6609.Segnala anche il Collegio che recentissimamente il Consiglio di Stato ha ribadito il rassegnato indirizzo precisando che “la variante specifica al PRG, pur costituendo un atto di pianificazione, ha un contenuto singolo e, quindi, incide in modo diretto e immediato sui soggetti destinatari della previsione; pertanto, il termine per la impugnazione decorre non dalla pubblicazione, ma dalla effettiva conoscenza del provvedimento” (Consiglio di Stato, Sez. IV , 21 aprile 2010 n. 2262).»
Sintesi: Laddove si tratti di varianti non generali, ma riguardanti singole opere pubbliche e specifici suoli ex art. 19 T.U. n. 327/2001, occorre la notifica individuale al fine della decorrenza del termine di impugnazione.
Estratto: «Va, altresì, precisato che gli atti adottati dalla Provincia di Caserta sono stati tempestivamente impugnati con i secondi motivi aggiunti, notificandoli nei termini di legge, decorrenti dalla conoscenza e/o notifica individuale degli atti provinciali di approvazione della variante urbanistica e ciò in ossequio al principio, pacifico in giurisprudenza, secondo il quale, laddove si tratti di varianti non generali, ma riguardanti singole opere pubbliche, e specifici suoli, ex art. 19 T.U. n. 327/2001, occorre la notifica individuale al fine della decorrenza del termine di impugnazione.»
Sintesi: Alla luce dell’entrata in vigore dell'innovativa disposizione di cui all’art 21-bis L. 241/1990, il termine di impugnazione di una variante comportante imposizione del vincolo espropriativo, decorre dal momento dell'effettiva informativa individuale ovvero semplificata, secondo il disposto della stessa seconda parte dell’art 21-bis.
Estratto: «E’ invece fondata, quanto alle censure proposte in via derivata, l’eccezione di inammissibilità per tardiva impugnazione del PEEP, nei termini che seguono.Secondo l’orientamento assolutamente dominante, il dies a quo per l’impugnazione delle disposizioni contenute in strumenti urbanistici generali, anche qualora contengano vincoli preordinati all’esproprio, va individuato nella scadenza del termine di pubblicazione dell’avviso di deposito degli atti presso gli uffici comunali, applicandosi cioè la disciplina urbanistica regolatrice delle fasi di adozione ed approvazione degli strumenti urbanistici (Consiglio di Stato, sez IV 15 novembre 2002 n. 6278) non occorrendo la comunicazione personale (Consiglio di Stato sez VI 5 agosto 2005, n.4159, id. sez VI 16 ottobre 2001 n.5467, id. sez VI, 14 giugno 2001, n.3149, TAR Lombardia Milano, sez II, II 27 dicembre 2006 n.3095) secondo cui detti piani sono oggetto di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (o nei rispettivi B.U.R.) e i cui atti debbano essere depositati presso il Comune "a libera visione del pubblico". Questa disciplina si collega alla natura dell'atto, alla pluralità dei suoi destinatari, all'unitarietà del disegno pianificatorio cui rispondono le sue prescrizioni sia che attengano alla zonizzazione sia che concernano la localizzazione di interventi specifici.Secondo altro orientamento, assolutamente minoritario, invece, la variante di piano regolatore generale che incide in concreto su un determinato immobile senza quella adeguata considerazione globale, sia pure riferita a una parte del territorio comunale, che è connaturale alla logica dello strumento urbanistico, ha natura di atto impositivo di vincolo specifico preordinato all'espropriazione, cioè di atto con destinatari determinati e solo occasionalmente rivolto all'intera comunità locale indistintamente considerata, con la conseguenza che “la specifica valenza dell'atto, in mancanza di notificazione od acclarata piena conoscenza del medesimo, rende ammissibile l'impugnazione dello stesso oltre il termine decorrente dalla pubblicazione” (Consiglio Stato , sez. IV, 23 dicembre 1998 , n. 1904).E’ chiaro che l’adesione alla tesi dominante, comporta l’inammissibilità dell’impugnativa inerente il PEEP, poiché i vincoli in esso contenuti, così come le contestuali dichiarazioni di pubblica utilità, debbono essere entrambi impugnati dalla scadenza del termine di pubblicazione del piano, trattandosi in entrambi i casi di disposizioni provvedimentali direttamente ed immediatamente lesive degli interessi dei proprietari interessati, per le quali non è possibile l’impugnazione in via derivata al momento della conclusione del procedimento espropriativo mediante impugnazione del decreto di esproprio (Consiglio di Stato, sez IV, 15 maggio 2008, n.2246).Ritiene il Collegio che tale tesi dominante debba essere rimeditata anche alla luce dell’entrata in vigore della innovativa disposizione di cui all’art 21-bis l.241/90 introdotta dalla novella l.15/2005, secondo cui il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia nei confronti di ciascun destinatario, con la comunicazione allo stesso effettuata anche nelle forme stabilite per la notifica agli irreperibili nei casi previsti dal c.p.c.Il carattere icto oculi limitativo degli interessi dei soggetti passivi del procedimento ablatorio rende perciò necessaria la predetta comunicazione personale, a pena di inefficacia, e con conseguente possibilità di esercizio delle azioni demolitorie inanzi al TAR dal momento della effettiva informativa individuale ovvero semplificata, secondo il disposto della stessa seconda parte dell’art 21-bis l.241/90.Né, ad avviso del Collegio, è logico giungere a diverse conclusioni sulla base della specialità della disciplina in materia di formazione degli strumenti urbanistici, dal momento che il nuovo testo dell’art 29 c. 2-bis l.241/90 a seguito dell’entrata in vigore della l.69/2009, nel collegare ai livelli essenziali delle prestazioni (l.e.d.) di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione le disposizioni della l.241 concernenti gli obblighi per la pubblica amministrazione di garantire la partecipazione dell’interessato al procedimento, eleva anche il citato art 21-bis a norma costituzionale interposta, spiegante la propria forza non solo nei confronti della legislazione regionale, ma anche nel rapporto tra legge generale sul procedimento e legislazione di settore (tra cui il d.p.r. 327/2001 e la disciplina statale e regionale in materia urbanistica) da ritenersi recessiva qualora non siano parimenti garantiti i suddetti l.e.d.Anche però muovendo da tali considerazioni, il ricorso è in parte qua ugualmente inammissibile, dal momento che, in accoglimento della difesa comunale, vi è effettivamente stata idonea comunicazione personale avente ad oggetto la definitiva approvazione del PEEP quanto ai connessi effetti ablatori.»
Sintesi: Non può ricorrere il concetto di “variante generale”, allorché le previsioni urbanistiche costituiscano atti di pianificazione a contenuto singolo, e i vincoli espropriativi vengano a incidere in modo diretto e immediato sui soggetti destinatari del vincolo reiterato; in tali ipotesi, il termine di impugnazione deve farsi decorrere dalla notifica individuale.
Sintesi: In caso di reiterazione di vincoli a contenuto espropriativo posta in essere attraverso una variante del piano regolatore generale, il termine per l'impugnazione decorre dalla data di pubblicazione del piano, non essendo necessaria la notifica individuale dello strumento approvato.
Estratto: «Nel merito, è il caso di rammentare che sia la giurisprudenza amministrativa che la dottrina si sono lungamente interrogate, in passato, in ordine alla individuazione dei criteri discretivi tra variante “generale” e “particolare” con precipuo riferimento alla individuazione del momento iniziale del termine di decorrenza...
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Sintesi: L’eventuale dichiarazione di pubblica utilità avvenuta in assenza del preesistente vincolo preordinato all’esproprio è affetta da invalidità e pertanto, qualora correttamente impugnata, può portare all’annullamento del provvedimento; l’azione non si sottrae ex se alle regole processuali generali ed in specie a quella della decadenza del termine impugnatorio.
Estratto: «L’articolazione argomentativa del T.A.R. procede in maniera lineare, ponendo due diversi snodi concettuali a sostegno della propria decisione. In un primo momento, acclarata la mancata apposizione del vincolo preordinato all’esproprio in data antecedente al momento della dichiarazione di pubblica utilità, viene dedotta l’inefficacia della stessa dichiarazione, traendo spunto implicitamente dalla disposizione normativa di cui all’art. 12, comma 3, del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità” come introdotto dall'articolo 1 del D.Lgs. del 27 dicembre 2002, n. 302, per cui “Qualora non sia stato apposto il vincolo preordinato all'esproprio la dichiarazione di pubblica utilità diventa efficace al momento di tale apposizione a norma degli articoli 9 e 10”. Dalla detta inefficacia, in un secondo momento, il T.A.R. fa discendere alcune conseguenze, tra cui è particolarmente rilevante quella che esclude l’onere delle parti di provvedere all’immediata impugnazione dell’intervenuta dichiarazione di pubblica utilità, a seguito della comunicazione ricevuta in data 22 e 23 gennaio 2004, e conseguentemente dichiara la tempestività del ricorso in questione, sebbene proposto ben oltre il termine di sessanta giorni decorrenti dalla sopra citata comunicazione.Conclusivamente, secondo la decisione del giudice di prime cure, la dichiarazione di pubblica utilità, inefficace in quanto non preceduta dall’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, è atto non autonomamente impugnabile.La detta ricostruzione viene criticata in sede di appello dall’Avvocatura dello Stato che, riproponendo l’eccezione già sviluppata in primo grado in merito all’irricevibilità del ricorso, evidenzia l’incompatibilità dell’affermazione del giudice di prime cure con il sistema di tutela amministrativa vigente nell’ordinamento.3.1. - La doglianza è fondata e va accolta.Ritiene la Sezione di dover esaminare in dettaglio la ricostruzione proposta dal T.A.R. e contrastata dall’Avvocatura, che si fonda sull’applicabilità al caso in questione della categoria dell’inefficacia che, per come rappresentata in sentenza, comporta conseguenze non solo sugli effetti derivanti dal provvedimento, ma anche in relazione al suo regime processuale. In effetti, seguendo la proposta ricostruzione, l’inefficacia comporterebbe la non necessità di immediata impugnazione del provvedimento lesivo o forse addirittura il venir meno della stessa attitudine lesiva dell’atto stesso.Tuttavia, nonostante la presenza di un esplicito riferimento normativo per l’impiego della categoria, ossia quello contenuto nel citato art. 12, comma 3, del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, pare eccessivo far discendere da tale norma, singolare in quanto riferibile ad una sola tipologia di provvedimento e ad un solo fatto viziante, le dette conseguenti dirimenti.Va subito osservato che la categoria dell’inefficacia viene utilizzata per designare unitariamente una complessa fenomenologia in cui sono riunite situazioni diverse, accomunate dal profilo funzionale di impedire ad un determinato atto giuridico di dispiegare i propri effetti in relazione ad alcuni o a tutti i soggetti coinvolti nell’operazione giuridica complessiva. Dispiegando la propria azione in contesti diversificati, l’inefficacia è concetto di specie e soprattutto idoneo a coprire vicende del tutto diverse. Ciò è visibilissimo nel campo del diritto privato, dove la categoria giuridica ha maggiore impiego, e nel quale si nota come lo stesso esito di diniego di effetti si realizzi in funzione remediale, e quindi come conseguenza dell’invalidità del negozio giuridico, come pure in funzione non remediale, intervenendo quindi anche su contratti validi. Ma ancora più significativa è la constatazione, attualissima nel diritto privato, che vede l’inefficacia assoluta, ossia quella azionabile da tutti (parti o terzi che siano) contro tutti come un fatto eccezionale dell’ordinamento, mentre invece è diffusissima la possibilità che un negozio abbia una inefficacia solo relativa, posta solo in favore di alcuni soggetti e non di altri. In altri termini, calando il detto inquadramento nel caso in specie, dalla sola circostanza che il legislatore impieghi il termine di inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità non discende l’applicazione di una disciplina cogente e predeterminata, ma al contrario sorge la necessità di raccordare al sistema la nuova regola introdotta. A questa prima osservazione va aggiunta la constatazione che il D.Lgs. del 27 dicembre 2002, n. 302, modificando l’art. 12, comma 3, del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, è intervenuto in una fattispecie, quella della dichiarazione avvenuta in violazione della scansione procedimentale prevista dal testo unico sulle espropriazioni, già invalida in sé e quindi suscettibile di annullamento (e quindi di inefficacia derivante da intervento giurisdizionale) a seguito di impugnativa. Il legislatore quindi, facendo espresso riferimento all’inefficacia, non ha aggravato il profilo del vizio della fattispecie, né tantomeno ha agito sul versante delle categorie di invalidità dell’atto amministrativo. Ha invece introdotto una specificazione che appare orientata a salvare, più che a caducare, gli effetti della dichiarazione di pubblica utilità invalida, utilizzando un meccanismo di tipo condizionale in cui la sopraggiunta apposizione del vincolo preordinato all’esproprio ha una funzione sanante dell’invalidità pregressa. Pertanto, una lettura della norma, calata nella dinamica del procedimento, tende ad escludere che la stessa abbia una funzione di aggravamento del regime di invalidità ordinario del provvedimento.Va inoltre aggiunto che l’eventuale introduzione di una disciplina processuale differenziata e speciale per una sola tipologia di atto amministrativo viziato, ossia per la dichiarazione di pubblica utilità non preceduta da vincolo preordinato all’esproprio, non potrebbe essere aversi in modo indiretto, come nel caso in specie, ma andrebbe posta avendo riguardo ai principi consolidati sulla tutela del privato di fronte alla pubblica amministrazione, in gran parte direttamente derivanti dalla Carta fondamentale e quindi considerando anche le conseguenze ordinamentali date dall’adozione di regime differenziato per solo alcuni atti amministrativi.La disamina di questi elementi e la loro reciproca confluenza esclude quindi che la norma di cui all’art. 12, comma 3, del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, non sia norma che fondi una disciplina di eccezione dell’atto amministrativo, ma deve essere invece letta nella normale dinamica dello sviluppo del rapporto tra il privato e la pubblica amministrazione, applicando quindi i consueti canoni di scrutinio della legittimità dell’azione della pubblica amministrazione.Venendo quindi alla questione in concreto, deve così riaffermarsi, in linea con la giurisprudenza in materia, che la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, intervenuta a seguito di provvedimento del presidente dell’ANAS n. 27631 del 23 dicembre 2003, sia atto in sé impugnabile in quanto direttamente lesivo, stante la sua natura non meramente preparatoria ma di determinazione incidente nella sfera giuridica dei destinatari. Essa va quindi impugnata immediatamente e autonomamente nel termine decadenziale decorrente dalla notificazione o, comunque, dalla piena conoscenza (da ultimo ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 26 gennaio 2009, n. 443). L’eventuale dichiarazione avvenuta in assenza del preesistente vincolo preordinato all’esproprio è quindi affetta da invalidità e pertanto, qualora correttamente impugnata, può portare all’annullamento del provvedimento, ma l’azione non si sottrae ex se alle regole processuali generali ed in specie a quella della decadenza del termine impugnatorio.Nel caso in specie, il ricorso è stato proposto ben oltre il termine di sessanta giorni decorrenti dalla notifica, avutasi tra il 22 ed il 23 gennaio 2004, dell’intervenuta approvazione del progetto definitivo, con valore di dichiarazione di pubblica utilità. Pertanto, contrariamente a quanto dichiarato dal giudice di prime cure, il ricorso introduttivo deve considerarsi irricevibile.»
Sintesi: La notificazione è pacificamente esclusa in presenza di vincoli preordinati all’esproprio contenuti in atti generali, come del resto conferma oggi lo stesso art 11 comma quinto DPR 8 giugno 2001 n. 327; essa pertanto non assume rilevanza ai fini della decorrenza del termine decadenziale d'impugnazione.
Estratto: «E’ principio consolidato che in tema di disposizioni dirette a regolamentare l'uso del territorio negli aspetti urbanistici ed edilizi, contenute nel piano regolatore, nei piani attuativi o in altro strumento generale individuato dalla normativa statale e regionale, “deve distinguersi fra le prescrizioni che in via immediata stabiliscono le potenzialità edificatorie...
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Sintesi: Il “dies a quo" per l' impugnativa del piano regolatore generale o delle sue varianti generali decorre dalla data di pubblicazione dello stesso, anche quando contenga delle determinazioni impositive di vincoli espropriativi; ciò in quanto la pubblicazione, determinando una presunzione legale di conoscenza che crea un onere di diligenza nei confronti degli interessati, costituisce invero lo strumento per conciliare il principio costituzionale dell'efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa (art. 97 della Costituzione) con il diritto di difesa.
Sintesi: Ai fini della decorrenza del termine d'impugnazione del provvedimento di adozione di variante agli strumenti urbanistici impositiva di vincolo espropriativo, assume rilevanza la comunicazione di avvio del procedimento effettuata ai sensi dell’art. 16 del D.P.R. n. 327 /2001 e degli artt. 7 e 8 della legge n. 241/90 ai fini “dell’approvazione del progetto” e “della dichiarazione di pubblica utilità” comportante il deposito di tutti gli atti inerenti il procedimento e la possibilità del soggetto interessato di prenderne visione.
Estratto: «Fra gli atti prodotti in giudizio dallo stesso ricorrente, rileva la nota prot. n. 631 del 18 gennaio 2005 dell’ANAS sp.a. – Compartimento della viabilità per la Calabria, avente ad oggetto “ S.S. Lavori occorrenti per la costruzione della corsia di accelerazione dello svincolo Martelletto-Sarrottino carreggiata DX e della strada di Servizio tra il KM. 26+400 e 27+800”, inerente la comunicazione, ai sensi dell’art. 16 del D.P.R. n. 327 /2001 e degli artt. 7 e 8 della legge n. 241/90 dell’avvio del procedimento ai fini “dell’approvazione del progetto” e “della dichiarazione di pubblica utilità” relativamente alle aree interessate ai lavori di cui all’oggetto, con la quale, nel contempo, si precisa che tutti gli atti relativi al progetto sono depositati presso il Comune di Settingiano e si invita altresì a far pervenire le osservazioni relative alle suddette opere, entro il termine di giorni trenta, allegando in copia lo stralcio del piano particellare grafico con l’individuazione degli immobili interessati. Pertanto, è a decorrere da tale data che il ricorrente avrebbe potuto attivarsi per conoscere gli atti espropriativi, già immediatamente lesivi dei propri interessi, che poi sarebbero stati richiamati a sostegno del diniego in ordine alla propria susseguente istanza del 28 luglio 2006.Fra gli atti che il ricorrente avrebbe potuto conoscere, certamente rientra la delibera del Consiglio Comunale di Settingiano n. 32/2003, che prevede l’adozione della variante al Piano Regolatore per la costruzione della strada di servizio dalla SS 280 e della corsia di accelerazione dello svincolo Marteletto-Sarrottino.Va in proposito richiamato il principio secondo cui il “dies a quo" per l' impugnativa del piano regolatore generale o delle sue varianti generali decorre dalla data di pubblicazione dello stesso, anche quando contenga delle determinazioni impositive di vincoli espropriativi (ex plurimis: Cons. Stato, Sez. IV: 27 luglio 2007 , n. 4198; 8 luglio 2003 n. 4040; 29 ottobre 2001 n. 5628; 6 ottobre 1999, n. 1328 ), poiché la pubblicazione, determinando una presunzione legale di conoscenza che crea un onere di diligenza nei confronti degli interessati, costituisce invero lo strumento per conciliare il principio costituzionale dell'efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa (art. 97 della Costituzione) con il diritto di difesa (Cons. Stato, Sez. IV, 9/8/2005, n. 4228).Ma, anche a voler prescindere dal pur insuperabile precitato principio, rimane incontrovertibile che il ricorrente avrebbe potuto avere piena contezza di detta delibera n. 32 del 2003, ove si fosse attivato presso gli organi comunali, già nel termine di trenta giorni, assegnati, per proporre osservazioni, dalla precitata nota prot. 631 del 18.1.2005. Ne consegue che la presente l'impugnazione della delibera C.C. n. 32 del 30.12.2003 di adozione della variante urbanistica, proposta con ricorso notificato in data 13.2.2007, va considerata irricevibile.»
Sintesi: La delibera di adozione e approvazione di variante che, incidendo in concreto su un determinato immobile, ha natura di atto impositivo di vincolo specifico preordinato all’espropriazione, deve essere notificata o comunicata in via individuale alle parti la cui proprietà sia materialmente incisa dal vincolo medesimo; ciò al fine della decorrenza del termine decadenziale di impugnazione che non può farsi decorrere dalla pubblicazione all’albo comunale del provvedimento medesimo e tantomeno dalla comunicazione di determinazione di fatto ricognitoria degli atti pregressi del procedimento ablatorio.
Estratto: «E’ altrettanto noto che nell’ipotesi di impugnazione di delibera di adozione e approvazione di variante che, incidendo in concreto su un determinato immobile, abbia natura di atto impositivo di vincolo specifico preordinato all’espropriazione – ossia di atto con destinatari determinati - necessita notificare o comunicare la stessa in via individuale alle parti la cui proprietà sia materialmente incisa dal vincolo medesimo (cfr., ex multis, la sentenza n. 1100 dd. 16 marzo 2002 da questa stessa Sezione e la giurisprudenza ivi a sua volta richiamata).Risulta ben evidente, quindi, che tali atti – contrariamente a quanto qui sostenuto dalla difesa del Comune – non sono divenuti inoppugnabili nei confronti della Signora Lisa Angela Garbarini per effetto dello spirare del termine decadenziale decorrente dall’ultimo giorno di pubblicazione degli atti stessi all’albo comunale, e che la loro mera elencazione nella determinazione correttiva, ma anche di fatto ricognitoria degli atti pregressi del procedimento ablatorio, non esonera l’Amministrazione Comunale dal riavvio del procedimento medesimo nei riguardi di tale ricorrente, mediante la notificazione di copia degli stessi.Tali considerazioni di fondo vanno, peraltro, unite anche alla valutazione di taluni elementi di fatto ricavabili nei tre fascicoli processuali e che tutte le parti hanno significativamente omesso di evidenziareIl Collegio rimarca innanzitutto che a’ sensi dell’art. 3, commi 2 e 3 del T.U. approvato con D.P.R. 6 giugno 2001 n. 327 come sostituiti per effetto dell’art. 1 del D.L.vo 27 dicembre 2002 n. 302, e come puntualmente rilevato anche da Cons. Stato, Sez. IV, 26 febbraio 2008 n. 677, “tutti gli atti della procedura espropriativa, ivi incluse le comunicazioni ed il decreto di esproprio, sono disposti nei confronti del soggetto che risulti proprietario secondo i registri catastali , salvo che l'autorità espropriante non abbia tempestiva notizia dell’eventuale diverso proprietario effettivo”, fermo – altresì – restando che “colui che risulta proprietario secondo i registri catastali e riceva la notificazione o comunicazione di atti del procedimento espropriativo, ove non sia più proprietario è tenuto di comunicarlo all'amministrazione procedente entro trenta giorni dalla prima notificazione, indicando altresì, ove ne sia a conoscenza, il nuovo proprietario, o comunque fornendo copia degli atti in suo possesso utili a ricostruire le vicende dell'immobile”.Esiste tuttavia agli atti di causa un’eloquente prova documentale in forza della quale consta che il nominativo di Lisa Angela Garbarini, pur omesso al momento della redazione del decreto di esproprio dalla menzione quale comproprietaria degli immobili da apprendere, non era comunque sconosciuto all’Amministrazione Comunale sin dal momento dell’avvio del procedimento ablatorio: gli stessi ricorrenti sub R.G. 2121/2005, ossia i predetti Signori Teodolinda Garbarini, Roberto Garbarini, Elda Michelon e Franca Garbarini, hanno infatti allegato quale proprio doc. 1 di tale fascicolo processuale la copia della predetta nota del Responsabile del procedimento Prot. n. 6541 dd. 17 novembre 2004 comunicante l’avvio del procedimento ablatorio e spedita non già a loro nome, ma a quello dell’ “(...)”.»
Sintesi: Qualora la variante allo strumento urbanistico abbia inciso su beni determinati, il termine per la proposizione del ricorso decorre non dalla pubblicazione dell’atto, ma dalla conoscenza del destinatario.
Estratto: «Va osservato, peraltro, che l’eccezione è destituita di fondamento, perché la disposta variante dello strumento urbanistico ha inciso su beni determinati. Pertanto, il termine per la proposizione del ricorso decorre non dalla pubblicazione dell’atto, ma dalla conoscenza del destinatario. Il ricorso di primo grado, quindi, risulta tempestivo.»
Sintesi: Il rinnovo del vincolo espropriativo deve essere eccepito entro i termini decadenziali con riguardo alle varianti preordinate a suddetto rinnovo.
Estratto: «Va preliminarmente chiarito che –al contrario di quanto postulato in vari passaggi del gravame- il difetto di continuità non determina affatto una giuridica inesistenza del nuovo vincolo, postulando solo un potenziato onere di motivazione, in diretta proporzione con il numero delle precedenti reiterazioni ed il decorso temporale dall’ultima scadenza (cfr. sullo specifico punto, corte costituzionale 314/2007 e tutta la precedente giurisprudenza della Consulta, ove si prevede indistintamente non solo il potere di proroga sui vincoli in scadenza, ma anche il potere di rinnovazione dei vincoli scaduti). Anche la dedotta mancanza di un effettivo connotato di generalità da parte delle varianti sopravvenute del 1998 e del 2002 si riverbera in una questione di legittimità delle varianti stesse, nella parte in cui queste ultime risultano invece preordinate al rinnovo dei vincoli scaduti, così che gli eventuali vizi avrebbero dovuto esser fatti valere con le consuete e tempestive modalità impugnatorie, senza poter ora dedurre nullità di sorta. La mancata liquidazione degli indennizzi previsti dalle note pronunce della Corte costituzionale resta poi addirittura estranea alla legittimità del provvedimento ed alla cognizione del GA (Consiglio di Stato A.P. n. 7/07).Dall’esposto contesto emerge che l’inidoneità al rinnovo del vincolo espropriativo avrebbe dovuto essere eccepita entro i termini decadenziali nei riguardi di quelle varianti -post vincolo scaduto del 1972- che il ricorrente contesta solo con il gravame odierno.»
Sintesi: Il termine per l’impugnazione del PRG o di una sua variante (ovvero di atti ad essi equivalenti), decorre dal momento della pubblicazione del relativo atto di approvazione, anche nell’ipotesi in cui tali strumenti comportino previsioni reiterative di vincoli espropriativi, anch’esse soggette all’ordinario regime partecipativo e pubblicitario dello strumento urbanistico.
Estratto: «Né risultano convincenti le affermazioni del ricorrente medesimo secondo cui –in relazione alla portata direttamente lesiva delle previsioni del P.R.T. ai sensi dell’art. 51 del DPR 218/78- sarebbe rimasta necessaria una notifica individuale della variante del 2002 e dei successivi atti approvativi, per cui le attuali censure resterebbero a suo dire tempestive.In contrario ritiene il collegio che il termine per l’impugnazione del PRG o di una sua variante (ovvero di atti ad essi equivalenti) decorre dal momento della pubblicazione del relativo atto di approvazione, anche nell’ipotesi in cui tali strumenti comportino previsioni reiterative di vincoli espropriativi, anch’esse soggette all’ordinario regime partecipativo e pubblicitario dello strumento urbanistico; peraltro, diversamente opinando, ove tali vincoli insistano su di un medesimo ambito territoriale caratterizzato da proprietà frazionate, potrebbero alternarsi consolidamenti decadenziali piuttosto rapidi, ovvero azioni giurisdizionali di annullamento a distanza di molti anni, in relazione alle modalità notificatorie o meramente pubblicitarie volta per volta adottate dall’amministrazione nei confronti dei vari proprietari, e ciò con pesanti disguidi attuativi dell’intero programma ablatorio, complessivamente inteso; in ogni caso–anche a voler accedere ad alcuni diversi orientamenti della giurisprudenza adesivi alla tesi sostenuta dal ricorrente - la conoscenza aliunde del vincolo risulta comunque sufficiente per la decorrenza dei termini decadenziali, ed in questo senso resta decisivo il fatto che gli atti ablatori in questione sono stati regolarmente preceduti da una risalente comunicazione di avviso di avvio del procedimento (di cui dà atto nelle sue premesse –senza alcuna contestazione di sorta- il provvedimento occupativo regionale, che cita in proposito una nota del consorzio risalente al 19.3.2003, allegata in giudizio e sulla quale nulla deduce in contrario il ricorrente medesimo); mediante tale comunicazione il proprietario è risultato per ciò solo avvisato della vigenza di un vincolo espropriativo presupposto al procedimento in itinere (anche a prescindere da formali richiami inseriti nella comunicazione di avvio); pertanto, sulla base di considerazioni improntate all’effettività, al buon andamento ed alla necessaria buona fede del soggetto alla cui tutela è preposta la regola della notifica individuale, deve presumersi la conoscenza di varianti reiterative del vincolo allorquando il proprietario sia stato previamente avvertito ex art. 7 della legge 241/90 di un procedimento ablatorio a suo carico, basato proprio su quelle varianti già oggetto di rituale di pubblicazione, e comunque di assoluta agevole reperibilità per il soggetto (realmente) interessato conoscerle (cfr. Tar Abruzzo –Aq- n. 920/08).»
Sintesi: La conoscenza acquisita aliunde, quali la comunicazione di avvio del procedimento, mediante la quale il proprietario è risultato per ciò solo avvisato della vigenza di un vincolo espropriativo presupposto al procedimento in itinere, risulta sufficiente per la decorrenza dei termini decadenziali di impugnazione della variante appositiva.
Estratto: «Né risultano convincenti le affermazioni del ricorrente medesimo secondo cui –in relazione alla portata direttamente lesiva delle previsioni del P.R.T. ai sensi dell’art. 51 del DPR 218/78- sarebbe rimasta necessaria una notifica individuale della variante del 2002 e dei successivi atti approvativi...
[...
omissis: vedi sopra...]
Sintesi: La giurisprudenza del G.A. è consolidata nel ritenere che le previsioni di uno strumento urbanistico generale, se contenenti vincoli di natura ablatoria o comunque con immediato effetto conformativo dello ius aedificandi, debbano essere impugnate nel termine decadenziale di sessanta giorni, decorrenti dalla pubblicazione dello strumento pianificatorio e, precisamente, dalla scadenza del termine di pubblicazione dell’avviso di deposito presso gli uffici comunali.
Estratto: «Osserva il Collegio come con le censure sollevate l’odierno ricorrente intenda lamentarsi non già di scelte effettuate in sede di presentazione e approvazione del Piano di lottizzazione, strumento urbanistico pacificamente di natura attuativa (ex multis Consiglio di Stato sez. IV 2 marzo 2004 sent. n.957, Consiglio di Stato sez. IV 2 dicembre 1999 sent n.1769) bensì in sede di vigente PRG, laddove il Comune di Mola di Bari ha previsto la realizzazione della strada sulla particella 97 di proprietà del Sig Ranieri.La giurisprudenza del G.A. è consolidata nel ritenere che le previsioni di uno strumento urbanistico generale, allorquando contenenti vincoli di natura ablatoria o comunque con immediato effetto conformativo dello ius aedificandi, debbano essere impugnate nel termine decadenziale di sessanta giorni, decorrenti dalla pubblicazione dello strumento pianificatorio (Consiglio di Stato sez. VI 5 agosto 2005 sent. n.4159) e precisamente, dalla scadenza del termine di pubblicazione dell’avviso di deposito presso gli uffici comunali (Consiglio di Stato sez. IV 15 novembre 2002 sent. n.6278, sez IV 16 ottobre 2001 sent. 5467, TAR Emilia-Romagna I 3 dicembre 1999 n.613)Ne consegue che il ricorrente avrebbe dovuto dolersi di tale scelta, impregiudicata la relativa fondatezza, impugnando tempestivamente e ritualmente in parte qua il PRG, fermo naturalmente restando la facoltà di contestare presso l’A.G.O. il quantum dell’indennizzo determinato dall’autorità espropriante.»